L’erba della Rai – Italia-Israele e quegli inconcepibili rigori a porta vuota
Alla fine ci sono i calci di rigore. Solo che alla squadra di Israele non è consentito di schierare il portiere, e la squadra avversaria segna liberamente a porta vuota. Questo è il succo di quanto è successo giovedì scorso nello studio di Rai 3 al programma L’Erba dei Vicini condotto da Beppe Severgnini. EdV è un gioco-con-approfondimento. Per fare uscire gli italiani da un certo loro provincialismo, Severgnini presenta ogni settimana un confronto fra il Bel Paese e un’altra realtà internazionale. Lo fa con ricchezza di indagini filmate, interviste sul terreno, e anche un po’ di umorismo, su un certo numero di temi di interesse, con poi un confronto in studio fra due buoni conoscitori, uno della realtà italiana, l’altro di quella dell’altro paese prescelto. Poi il pubblico in studio e il popolo del Twitter votano a favore dell’uno o dell’altro paese e la serata finisce con un punteggio e con vincitori e vinti (o pareggio), come in un buon match di calcio. Giovedì sera era il turno di Italia-Israele. Tre i temi prescelti: dove è più facile aprire una start-up, dove vive meglio un ventunenne, e dov’è più facile essere laico. In apertura, un abbastanza stringente e franco confronto sul tema controverso del conflitto fra Palestina e Israele, fra una persona che costruisce la sua vita in Israele da quasi mezzo secolo (il sottoscritto) e una giornalista, Paola Caridi, molto critica di Israele ma che ha vissuto a Gerusalemme per 10 anni e ha una certa cognizione di causa (nella trasmissione sull’Olanda il tema controverso concerneva la legalizzazione dell’uso di marijuana.) Alla fine, l’Italia si aggiudica la partita (4 a 2), e fin qui tutto bene: il caso di Israele è stato esposto in maniera competente e simpatica, altrettanto vale per il caso dell’Italia, sul conflitto si possono avere idee diverse ma se ne è discusso con decenza, il conduttore è molto equilibrato, semmai con qualche velata simpatia per Israele, e il pubblico ha il pieno diritto di esprimere le sue preferenze. Ma poi si arriva alla scena delirante dei rigori a porta vuota. Sale in cattedra Moni Ovadia e presenta a lungo le sue opinioni anti-israeliane. Senza contraddittorio. Cosa c’entra Moni Ovadia? Vive in Israele? No, e nemmeno visita il paese perché, dice, pensa che sarebbe considerato persona sgradita (non si preoccupi Moni: in Israele nessuno sa chi sia, e lui passerebbe del tutto inosservato). È un esperto orientalista? Semmai è uomo di teatro e sarebbe stato interessante un suo giudizio sul teatro in Israele, accanto a quello di un altro attore-regista, che però non c’era. Invece ha espresso giudizi unilaterali sulla politica israeliana e sul conflitto privi di ogni approfondimento e contesto storico. Dunque un siparietto fine a se stesso, contrario oltre a tutto alla logica empatica e al formato simmetrico della trasmissione. Non penso che l’iniziativa dell’infelice coda sia stata di Beppe Severgnini il cui body language trasudava imbarazzo. Ha perfino detto: “Io non devo condividere le sue opinioni: io faccio le domande, lui dà le risposte”. A Bsev va dato atto che ha portato Israele in prima serata illustrandone ampiamente la normalità e gli aspetti positivi, cosa rarissima di questi tempi. Ma nei confronti di nessun altro paese sarebbe concepibile o ammissibile l’idea di invitare in studio una persona le cui idee negative su quel paese sono note, senza replica, e solo per gettare un po’ di fango e fare spettacolo. Nei confronti di Israele, invece, sì è lecito. Ecco la prova, la canna fumante di quei due pesi e quelle due misure che riflettono la patologia ossessiva dell’ostilità contro Israele e il servilismo nei confronti dei suoi nemici. I dieci minuti finali a L’Erba dei Vicini sono un classico caso di pedaggio dovuto, di un pizzo politico che va pagato a qualcuno altolocato in Rai. Ed è peccato per una buona trasmissione come l’Erba dei Vicini.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme