L’età delle demagogie – Politica e leadership, rav Jonathan Sacks mette in guardia contro i populismi
È una delle grandi incognite che ha lasciato il referendum sulla Brexit (l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea), ma anche il risultato degli appuntamenti (o campagne) elettorali di tanti paesi negli ultimi anni: le democrazie occidentali rischiano di essere travolte da demagogia e populismi? I movimenti e leader che in forme diverse fanno politica attraverso l’anti-politica, e propongono soluzioni semplici a problemi complessi, richiamandosi alla pancia e agli istinti dell’elettorato sembrano infatti aumentare il consenso dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dalla Francia all’Italia. Aprendo profondi interrogativi in vista di importanti tappe che dal prossimo autunno porteranno alle urne milioni di cittadini su entrambe le sponde dell’Atlantico. Del tema si è occupato negli scorsi giorni anche rav Jonathan Sacks. In occasione della parashah di Korach (Bamidbar), il lord britannico già rabbino capo del Commonwealth ha raccontato manifestazioni e rischi del fenomeno. Con una noticina a margine del testo scritto come ogni settimana per commentare la porzione di Torah che si leggerà il sabato successivo: “Questo saggio è stato redatto nel periodo successivo al voto sulla Brexit nel Regno Unito, mentre si consuma una lotta per la leadership in entrambi i principali partiti. Sta al lettore dedurre qualsiasi parallelo sia con la politica dei primati (riferimento al volume ‘La politica degli scimpanzé. Potere e sesso tra le scimmie’ scritto da Frans de Waal nel 1984 e ampiamente citato da rav Sacks, ndr) o con la storia di Korach”.
“Korach era un allievo della stessa machiavellica scuola politica” spiega il rav a proposito del protagonista del brano della Torah che organizza una ribellione contro Mosè. “Capiva le tre regole di base. Prima di tutto devi essere populista. Gioca con i malesseri della gente e fai in modo di sembrare dalla loro parte contro l’attuale leader”. Il secondo principio da seguire è quello di trovare alleati e adepti, in particolare tra coloro che più sentono di avere rimostranze nei confronti del sistema sociale e di governo. “La rivolta era destinata comunque a fallire, visto che le loro lamentele (degli alleati trovati da Korach, ndr) erano diverse e non potevano essere tutte soddisfatte. Ma questo non ha mai fermato alleanze tra forze in contrapposizione. La gente arrabbiata si impegna più a deporre il leader del momento che a formulare un proprio piano di azione costruttivo”. Il rabbino indica poi come terzo fattore la scelta del momento per colpire: quello in cui il leader è più debole. “Ramban nota che la rivolta di Korach si materializza proprio dopo l’episodio delle spie e il conseguente verdetto che stabilisce come il popolo non entrerà nella Terra promessa fino alla successiva generazione. Fintanto che gli israeliti, a prescindere dalle lamentele, sentivano di essere in marcia verso la propria destinazione, non c’erano chance realistiche di fomentarli alla ribellione. Solo quando comprendono che non vivranno abbastanza per attraversare il Giordano, la sollevazione diventa possibile, quando alla gente sembra di non avere più nulla da perdere”.
Il pensiero di rav Sacks si focalizza poi sulla questione delle gerarchie, del loro ruolo nella società umana, e della perpetua tendenza a lottare per occuparne il vertice, tendenza comune anche a molti animali organizzati in gruppo.
“Come molti degli ideali contenuti nella Torah – tra questi il vegeterianesimo, l’abolizione della schiavitù, l’istituzione della monogamia – l’uguaglianza non può realizzarsi dall’oggi al domani. Ci vogliono secoli, millenni, e per molti aspetti non è ancora stata raggiunta”, sottolinea il rav.
La soluzione? Impegnarsi per una società in cui, secondo il modello proposto dai Maestri, la lotta diventi quella non per il potere, ma per la sapienza, aperta a chiunque la cerchi.
“La storia di Korach si ripete in ogni generazione. L’antidoto è l’immersione quotidiana nell’alternativo mondo dello studio della Torah, che persegue verità e non potere, e valorizza equamente ciascuno come una voce che partecipa alla sacra conversazione”.
Rossella Tercatin