L’indifferenza che uccide
Come è possibile che un’infermiera e un medico anestesista, divenuti amanti, riescano a uccidere cinque pazienti e forse persino sette (per gli eventuali ultimi delitti non è scattata la custodia cautelare)? Come è possibile che una donna ammazzi il marito a colpi di insulina per un diabete immaginario, la madre, lasciandola agonizzare un paio d’ore prima di chiamare l’ambulanza, e persino un cugino lontano (si è salvato) “reo” di farsi mantenere dalla moglie?
Posta come premessa che ogni accusa andrà vagliata dalla magistratura e che tutti sono innocenti fino a prova contraria, ci sono due piani di risposta. Il primo – che può essere andar bene anche per tragici precedenti analoghi, pare incredibile ma ci sono! – attiene alla follia insondabile dell’animo umano, ciò che in taluni frangenti conduce genitori a uccidere i figli, uomini a colpire le loro donne, giovani a compiere stragi in scuole o università con armi recuperate su internet.
Ma nella vicenda dell’ospedale di Saronno, ora all’attenzione dei magistrati, c’è un dolo persino più preoccupante in quanto meno scandaloso: quello della burocrazia cieca e assassina che, per sciatteria e omertà, decide di non intervenire. L’apposita commissione, istituita nel 2013 per indagare sugli episodi denunciati da alcuni colleghi, non si riunisce neanche una volta in tre anni: di fronte a fatti così marginali – cosa sarà mai qualche omicidio in corsia? – i commissari ritengono che sia sufficiente uno scambio di email; e nessuno si premura di verificare come mai ci siano continui ammanchi di farmaci – anche questi denunciati -, quegli stessi farmaci che servivano alla coppia per i loro omicidi.
È proprio vero: chi si volta dall’altra parte può essere più pericoloso di chi uccide.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(6 dicembre 2016)