Levi papers – Iniziazione

belpolitiQuelle che leggete nell’immagine sono le righe finali del capitolo “Iniziazione” di Se questo è un uomo, presente solo nella edizione del 1958. Levi le ha aggiunte a mano coprendo con un foglio incollato una precedente versione. Qui si parla del sergente austro-ungarico Steinlauf della sua volontà di resistere nel Lager attraverso una serie di pratiche che gli impediscono di ridursi a bestia, come lavarsi la faccia o dare il nero alle scarpe. Sotto la striscia c’è un’altra versione del testo. La trascrivo: “Ma a questi principi egli si atteneva, e li tradusse in pratica giorno per giorno, perché gli si addicevano; e grazie ad essi seppe durare, da buon combattente qual era, fino alla fine del Lager di Buna-Monowitz. Fino al giorno in cui, travolto anch’egli dalle ultime convulsioni della Germania piegata, nessuno sa come, dove e come, furono spenti dalla violenza cieca la sua saggezza e il suo valore”. La nuova versione, aperta da quel “No” categorico, è molto più efficace e ci dice una cosa fondamentale già anticipata poche righe sopra, là dove parla della “più facile, duttile e blanda dottrina, quella che da secoli si respira al di qua delle Alpi”, ovvero in Italia. Levi sta spiegando che la dottrina sostenuta e praticata dal sergente Steintlauf per lui non va bene. Il deportato, lo scrittore (ha aggiunto il papepezzo anni dopo il ritorno dal Lager), ci dice che non gli si confà il sistema morale elaborato da altri, sotto altro cielo (sistema rigido, “tedesco”?). Questa riflessione è il cardine della forma mentis praticata da Levi nel Lager: “No, la saggezza e la virtù di Steinlauf, buona certamente per lui, a me non bastano. Di fronte a questo complicato mondo infero, le mie idee sono confuse; sarà necessario elaborare un sistema e praticarlo? o non sarà più salutare prendere coscienza di non avere un sistema?”. L’aggiunta è decisiva. Levi non ha un sistema di pensiero, non solo perché non è un filosofo, ma perché è un osservatore, un etologo del Lager. Guarda, annota, ricorda, racconta, ragiona. Il “complicato mondo infero” rende confuse le idee. Non è affermazione da poco. Resterà fedele a questa lezione – l’opposto del sistema-Steinlauf – tutta la vita, sino alle pagine del suo libro più importante: I sommersi e i salvati, dove la lezione dell’analizzare, del ragionare, del capire e del raccontare produce un libro senza sistema. Aperto, inconcluso, composto di racconti straordinari e di ragionamenti decisivi. Capire non è sempre possibile, tuttavia Levi, scrittore profondamente italiano, a comprendere ci prova. C’è chi ha cercato di stringere Levi dentro il cerchio di una lettura unica del Lager. Come se possedesse un sistema, come se ci fosse una sola verità da raccontare; ad esempio, quella del testimone assoluto, il sommerso. Levi è un salvato senza un sistema, che s’interroga sui sommersi. Questo brano spesso trascurato, con la fondamentale aggiunta a mano, apre a una diversa comprensione del suo primo libro, e in generale della sua opera. Un testimone complesso e scomodo. Anche qui è emozionante leggere l’aggiunta a mano – la calligrafia di Primo – poco prima di andare in stampa.

Marco Belpoliti, scrittore

(18 dicembre 2016)