cambiamenti…

Dovrebbe farci riflettere, leggendo la parashà settimanale, che la prima definizione del popolo ebraico in quanto nazione e non più insieme tribale avviene per bocca del Faraone, cioè del re che segna l’inizio legale della prima persecuzione antisemita. “Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. 9 E disse al suo popolo: ‘Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. 10 Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese'” (Esodo 1, 8-9). Sembra che fino a qual momento gli ebrei non sapessero di essere divenuti popolo e in realtà, fino all’arrivo di Moshè e del suo annuncio di redenzione, il popolo ebraico non aveva coscienza di sé, mentre il re antisemita ne era ben cosciente. Lo stesso avverrà ai tempi di Ester quando il malvagio Haman suggerirà una nuova politica antisemita al re Assuero. “Ed Haman disse al re Assuero: Esiste un popolo sparso e diviso fra gli altri popoli, in tutte le provincie del tuo regno, le cui leggi son differenti da quelle di ogni altro popolo ed essi non osservano le leggi del re ed al re non conviene mantenerlo in vita”. (Ester 3, 8) .
Insomma, come nella migliore tradizione storica ebraica, a volte sembra che sia il mondo esterno ad accorgersi meglio di noi dei cambiamenti che avvengono all’interno delle nostre comunità, delle nostre famiglie, del nostro popolo.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(20 gennaio 2017)