burocrazia…

Il giorno che salimmo in terra di Israele, preso da stanchezza e da un entusiasmo burocratico imposto da un impiegato del ministero dell’integrazione, (Misrad HKlità) nostro figlio Joshua, la sua Rocca lo custodisca, che allora aveva appena cinque anni, accettò il cambio di nome nel più israeliano e, apparentemente, ebraico Yeoshua.
Di fatto però in famiglia, sin dal giorno del suo brit milà, Joshua è sempre stato Joshua. E per questo motivo, stanco di questa schizofrenia, tra un Joshua familiare ed amicale, a volte anche Josh, ed un Yeoshua scolastico e burocratico, nostro figlio lo scorso anno ha deciso di voler essere Joshua anche sui documenti israeliani così come è tale su quelli italiani.
Dopo aver dovuto discutere con gli insegnanti della scuole che indicavano Joshua come nome non ebraico e troppo diasporico, il testardo ragazzo è riuscito ad imporsi come Joshua anche su tutti i documenti scolastici. Restava da chiudere la questione al ministero degli interni e ieri siamo andati a correggere il cambio nome effettuato sei anni fa.
Entriamo armati di pazienza e seduti di fronte all’impiegata spieghiamo i motivi del cambio.
“Vabbè, sbuffa, ma Joshua non è un nome ebraico…nella Torah si parla di Yeoshua.” Armati della santa pazienza di cui sopra rispondiamo che Joshua è un nome ebraico, chiaramente si tratta del nome Yeoshua, solo pronunciato in maniera diversa dall’originale biblico. Joshua, nostro figlio, aggiunge che per lui Yeoshua è il nome di un novantenne e Joshua è, invece, il suo nome. Ancora sbuffo burocratico ed ancora polemica. “Joshua è un nome che sa di mondo non ebraico…potrebbero pensare che non sei ebreo, lo sai?” Insiste l’impiegata del ministero presa da un improvviso attacco pedagogico. E Joshua risponde: “Ho una kippà in testa, non mi prenderanno per altro da quello che sono.” Ed allora l’impiegata, a metà tra una ricerca storica ed un conato sociologico, sfodera il meglio: “E che c’entra la kippà…potresti essere un non ebreo con la kippah…”. Chiudo la dotta discussione ed affermo: “Lui è Joshua, punto.” Lei sorride, afferma che il volere di una persona dimostra il suo onore e stampa i nuovi documenti. Joshua torna ad essere burocraticamente Joshua e sarà Yehoshua alle chiamate a Sefer e nella ketubbà che firmerà, a Dio piacendo. E così Joshua è Joshua: in piena sintonia con Joshua Salvadore Gallichi, classe 1828 hazan e parnas di Siena, religiosissimo antenato, in piena sintonia con Giosuè Bavella zl, nonno di mia madre e Salvatore Punturello zl, mio papà, che era figlio di Salvatore zl, che era figlio di Salvatore zl ed era, anche lui, figlio di Salvatore zl. Ma tutto questo mondo tra Siena, Napoli ed Israele, nello spazio mentale di una certa burocrazia israeloidiota non trova senso.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(10 febbraio 2017)