Ultimo tango

lotoroIl tango è dolore rimodulato in musica, eros allo stato puro che si balla stretti uomo e donna in atteggiamenti inequivocabili, ritmo ancestrale di origine ebraica proveniente dal Secondo Tempio e largamente usato nel canto sinagogale (alcuni suggestivi Lechà Dodì, Kedushà dell’Amidà e Adon Olam sono cadenzati sul ritmo di tango), canovaccio metrico di un vasto repertorio tradizionale e da strada degli ebrei galiziani esportato in Argentina due secoli fa.
Di tango si può morire, cantanti e musicisti ne sono rimasti ammaliati, stregati, ubriacati; non potevano rimanere immuni dal tango i Campi di concentramento, assurde metropoli su scala ridotta che a pieno regime divennero caleidoscopio di ritmi e tradizioni musicali sempre sul punto di incrociarsi e influenzarsi reciprocamente.
Adam KopycinskiIl violinista e compositore polacco Józef Kropiński, arrestato e trasferito nel 1940 ad Auschwitz I Stammlager e successivamente a Buchenwald, scrisse numerosi tango per pianoforte e per orchestra su testi dei compagni di prigionia Edmund Polak e Kazimierz Woytowicz; da citare Żal Tango, Arizona e i monumentali tango Kiedyś byłas przy mnie e Naszą będzie ta pierwsza noc.
Ad Auschwitz I Stammlager una mano ignota stese un testo polacco sulla melodia de Niewolnicze tango, in tal modo nacque lo struggente Tango fun Oshwientschim del quale parla altresì il sopravvissuto Irke Yanowski; nel 1948 a New York lo scrittore e partigiano lituano Schmerke Kaczerginski pubblicò il Tango fun Oshwientschim nel suo volume Lider fun di getos un lagern sostituendo l’originale testo polacco con la relativa traduzione in lingua yiddish.
Nel gennaio 1941 i prigionieri del Block 24 di Auschwitz I Stammlager assemblarono un’orchestra con strumenti fatti recapitare dalle proprie case; tra le opere messe a repertorio danze cubane, arrangiamenti di sinfonie di W.A. Mozart, brani di Irving Berlin, Duke Ellington, Cole Porter e numerosi tango arrangiati dal geniale direttore d’orchestra e compositore polacco Adam Kopyciński (nella foto) che salvò molti musicisti ebrei presenti a Birkenau poiché chiese alle autorità del Lager di cooptarli nell’orchestra per colmare i vuoti d’organico lasciati dai polacchi trasferiti a Buchenwald.
È noto che il Führer adorasse la musica del violinista e compositore argentino Eduardo Vicente Bianco; nessuno avrebbe mai immaginato che il celebre tango Plegaria di Bianco (dedicato al re spagnolo Alfonso XIII) diventasse un tormentone in numerosi Campi di concentramento, amato sia dagli ufficiali tedeschi che dai deportati.
Ma ci sono altresì i Yiddishe Tango scritti nei Ghetti lituani, il tango Moyshe halt zikh di autore ignoto ed eseguito il giorno della liquidazione del Ghetto di Vilnius, i tango scritti a Dachau, Sachsenhausen, Gusen I e II, Kraków–Płaszów, Stutthof, nello Kgf–Lager Hoffnungsthal da Zygfryd Maciej Stryjecki, il malinconico tango Un jour tu me reviendras scritto nello Stalag IIC Greifswald dal prigioniero di guerra francese Sylvain Raiter, il tango dei prigionieri italiani di Hammerstein scritto da Lorenzo Lugli e l’elenco prosegue copioso; un oceano di pathos e sentimenti scatenanti che pulsavano persino tra le fila dei condannati a morte i quali (facendosi ben sentire dalle guardie) intonavano incolonnati nuovi testi su celebri tango.
Todestango (tango della morte) creati a Sachsenhausen come a Janowska che, in realtà, schernivano la morte e brindavano alla vita.
L’Europa affondava sotto i colpi di mortaio della Seconda Guerra Mondiale e a causa della devastazione umanitaria che si andava consumando nei Campi; come sul Titanic che affondava dopo essersi schiantato contro un iceberg, i musicisti suonarono nei Lager ed eseguirono l’ultimo tango d’Europa non già in uno splendido Cafè viennese ma nel Block 5 di Auschwitz–Birkenau (il cosiddetto Notenschreiberblock) con gli archi e i fiati dell’orchestra di Szimon Laks.
Toccò ai musicisti deportati tenere alta la fiamma della dignità umana; essi lo fecero egregiamente.
A ritmo di tango.

Francesco Lotoro

(15 febbraio 2017)