STORIA – Centro Pitigliani il secolo breve nella casa dell’ebraismo

Coperta Una storia nel secolo breveDEF_piattoAngelina Procaccia, Sandra Terracina, Ambra Tedeschi, curato da Micaela Procaccia, Una storia nel secolo breve, Giuntina

Un libro di oltre 700 pagine per raccontare 115 anni di storia del Pitigliani, il più importante centro di cultura ebraica della capitale. «Per realizzare il volume – racconta Anna Tedeschi, 62 anni, che dirige la struttura di via Arco de’ Tolomei – sono stati necessari 15 anni: l’idea nacque nel 2002 per il centenario, e ne è venuta fuori una delle grandi raccolte di storia orale mai fatte a Roma, con oltre cento interviste». Si, perché il Pitigliani è stato tante cose: orfanotrofio israelitico, casa famiglia e ora centro di assistenza per i giovani, ebrei e non solo. E il libro – Una storia nel secolo breve di Angelina Procaccia, Sandra Terracina e Anna Tedeschi, edizioni Giuntina presentato con la curatrice Micaela Procaccia e il rabbino capo della Capitale Riccardo Di Segni, va oltre le promesse: il sottotitolo vorrebbe limitare il racconto ai settant’anni che vanno dalla fondazione del 1902 al 1972, ma non mancano gli accenni fino alla realtà degli anni Duemila. Si parte dai fondatori, Giorgio Levi e Xenia Poliakoff, barone e baronessa, che negli anni del nazi-fascismo da Firenze saranno deportati ad Auschwitz dove moriranno. La prima sede dell’allora orfanotrofio israelitico era in lungotevere Ripa 6. Quella attuale verrà acquistata per 221.6501i-re negli anni Venti per un immobile che fu demolito e ricostruito nel cuore di Trastevere. La prima pietra della palazzina fu posata domenica 30 gennaio 1927, e non mancarono le cause con i proprietari degli stabili vicini. «Il centro è intitolato al celebre industriale Giuseppe Pitigliani e a sua moglie Violante, entrambi romani, perché negli anni Trenta, quando si verificò una crisi economica anche per le spese legate alla nuova sede, loro intervennero immediatamente e nei testamenti garantirono un lascito cospicuo soprattutto in beni immobili per una rendita certa a favore dell’istituto», spiega Micaela Procaccia, 62 anni, curatrice del volume e direttore del servizio Patrimonio Archivistico del ministro dei Beni Culturali. «Nei nove mesi dell’occupazione nazista il centro cessa la sua attività, e l’allora direttrice Margherita Di Cave, donna estremamente intelligente, rimanda i ragazzi nelle loro famiglie e salva nei conventi chi non aveva parenti. Tiene con sé soltanto una bambina nei sotterranei del Pitigliani che fu anche occupato dalle suore di un collegio di Frascati che protessero lei e la bambina dalle Ss. E anche su questo abbiamo trovato testimonianze inedite ed emozionanti. L’allora bambina ha rimosso gran parte di quei mesi», racconta ancora Procaccia. Finita l’occupazione nazista il centro rinasce lentamente ma costantemente. Rimarrà orfanotrofio fino alla metà degli anni Ottanta e sarà casa famiglia fino al 1997. «Oggi il Pitigliani – conclude la direttrice Tedeschi – è un ente educativo come prevede la sua mission storica: dal lunedì al giovedì offriamo un’educazione non formale dai 2 ai 16 anni, il programma “Attivalamente” per aiutare i giovani con difficoltà di apprendimento ed equipe psicosociali per i casi di disagio. E poi corsi teatro, il Festival di cinema israeliano ed ebraico, le conferenze”. Il Pitigliani a 115 anni vuole crescere ancora.

Gabriele Isman, La Repubblica Roma, 19 febbraio 2017