Il testamento biologico

caloÈ ora in discussione alla Camera dei Deputati la proposta di legge 3599 recante modifiche al codice civile in materia di consenso informato, di dichiarazione anticipata di volontà sui trattamenti sanitari e di testamento biologico, nonché istituzione della banca dati telematica nazionale dei testamenti biologici.
All’art. 5 si prevede che ogni persona maggiorenne, che sia in possesso della capacità di agire, possa redigere un testamento biologico, allo scopo di manifestare la propria volontà in relazione alle scelte di carattere sanitario e terapeutico nonché all’eventuale donazione di organi. Il testatore presenta il testamento biologico, redatto in forma scritta su carta o su supporto informatico sottoscritto con firma digitale, all’ufficio del giudice tutelare competente per il luogo di residenza del testatore medesimo. Il giudice tutelare accerta l’identità del testatore e verifica che il contenuto del testamento biologico corrisponda alla sua volontà; provvede alla conservazione dell’originale redatto su carta o su supporto informatico e alla trasmissione del testo al Ministero della salute, per l’inserimento nella banca di dati telematica nazionale dei testamenti biologici istituita presso il medesimo Ministero. I testamenti biologici sono conservati e trasmessi al Ministero della salute, ai sensi del terzo comma, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.
Avendo fatto una (risalente) prospezione comparatistica (E. Calò, Il testamento biologico tra diritto e anomia, Milano, 2008) potremmo pure asserire che: a) il ricorso al giudice tutelare non è previsto in alcun ordinamento b) stante i problemi della giustizia italiana, questo inedito non farà che aggravarli.
Inoltre, senza entrare nel merito dell’insoddisfacente trattamento dei minori, è da rilevare che la proposta non considera affatto la condizione dell’incapace naturale, ossia, di colui la cui incapacità di autodeterminarsi non dipende né dalla legge né da un provvedimento del giudice. Se Tizio, maggiorenne capace, fosse vittima di un incidente o di una malattia che gli precludessero la possibilità di esprimere la propria volontà, chi deciderà al suo posto? Il medico o la moglie? In questo caso l’ordinamento giuridico italiano non attribuisce al coniuge – e lo stesso vale per ogni altro congiunto – alcun potere decisionale.
Questo non lo sapevano i conviventi che in passato hanno versato calde quanto incaute lacrime sulla loro mancanza di poteri decisionali, credendo che i coniugi invece ne fossero investiti. Tale leggenda metropolitana deve aver convinto pure il legislatore, visto che la legge 20 maggio 2016, n. 76, recante regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, all’art. 1, comma 40 dispone che ciascun convivente di fatto possa designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati: (vedi: E. Calò, Convivenze: il legislatore crea il testamento biologico credendo di estenderlo, Notariato, 2016, p. 596) facendosi bastare una designazione in forma scritta e autografa oppure, in caso di impossibilità di redigerla, la presenza di un testimone. Una grande informalità, paragonata ai requisiti pressoché draconiani della sopra citata proposta di legge, dove il legislatore dimostra di non conoscere le norme che ha appena emanato.
Piuttosto che indignarci – l’Italia conta più indignati che cittadini – a noi sta a cuore il versante romanzesco della questione. Se l’Argentina ebbe a conoscere le leggi segrete finché la legge 26134/2006 ebbe a vietarle, in Italia abbiamo le leggi basate su leggende metropolitane, per le quali non si vede né si intravvede alcuna iniziativa intesa ad abrogarle.
Probabilmente la prima ipotesi (le leggi segrete) sarebbe piaciuta a Franz Kafka e la seconda (le leggende metropolitane come fonte di diritto) avrebbe incontrato i favori di Gabriel García Márquez; tutte e due le ipotesi, poi, sarebbero state ben accolte da Richard Posner, autore di Law & Literature (2009) laddove sosteneva che “literature can sometimes be a better source of background knowledge for lawyers than history or sociology..”
Chissà che non pensasse a questo l’immaginifico estensore di qualche ardita (e recente) sentenza. Dopotutto, presto o tardi il salto logico finirà per entrare a furore di popolo fra le discipline olimpiche.

Emanuele Calò, giurista

(28 marzo 2017)