PSICOANALISI Bonaventura: attualità di un pensiero, storia di una rimozione
Enzo Bonaventura / LA PSICOANALISI / Marsilio
Pagine Ebraiche propone uno stralcio dell’introduzione al volume “La psicanalisi” di Enzo Bonaventura, a firma di David Meghnagi, professore associato di Psicologia all’Università di Roma Tre David Meghnagi.
Sconosciuto al grande pubblico, e largamente ignorato tra gli psicologi e gli psicoanalisti, Bonaventura è stato uno dei più importanti studiosi e ricercatori in ambito psicologico e psicoanalitico italiano della prima metà del Novecento. Una figura paradigmatica che riassume nella sua storia personale una tragedia che ha coinvolto il mondo della scienza e della cultura italiana in seguito alle leggi razziste del 1938, distruggendone la fibra. Uno studioso che univa in sé numerose competenze: di psicologo sperimentale e di attento studioso del pensiero di Freud, di educatore, di psicologo dello sviluppo e dell’adolescenza, di psicologo del lavoro. Ma anche di attento lettore delle Scritture ebraiche. Studente del Collegio rabbinico, poi consigliere della Comunità ebraica di Firenze, egli fu dolorosamente consapevole dei pericoli che incombevano sul futuro degli ebrei in Italia e nel mondo; ha compiuto con la moglie, in tempi non sospetti, un viaggio nella Terra dei padri per vedere da vicino i progressi di un progetto che ai più appariva una folle utopia, “regressiva” e “irrealizzabile”. Di casa nel salotto culturale di Giuseppe Pardo Roques 1, il capo della Comunità ebraica di Pisa, dove si discute del pensiero di Husserl e di Martin Buber, di Ahad Ha’am, della mistica ebraica e del pensiero di Freud, è profondamente consapevole dei pericoli che incombono sul futuro degli ebrei nel mondo (Arieti 1979;Meghnagi 2012, 2014). Per i giovani profughi ebrei che studiano a Firenze e si attardano nei locali della Facoltà, dove possono contare su una presenza amica, è un riferimento, anche per la prima accoglienza. Nato a Pisa nel 1891, nel 1913 si laurea a Firenze in filosofia con Francesco De Sarlo, che lo fa assumere come assistente all’interno del Laboratorio di psicologia dell’Università. Fondato da De Sarlo nel 1903, presso il Regio istituto di studi superiori di Firenze, con una combinazione creativa del metodo di ricerca sperimentale mutuato da Wundt e di quello esperienziale di Brentano, il laboratorio di Firenze s’impone accanto a quello di Padova, diretto da Benussi, come un polo importante per lo sviluppo della ricerca psicologica in Italia 2. Da psicologo Bonaventura si cimenta con lo studio sperimentale dei fenomeni legati alla percezione e all’esperienza del tempo e dello spazio. Sulla scia di Benussi, e grazie alla lezione di De Sarlo, mette a frutto le sue indubbie competenze, gettando un ponte fra le due discipline. La Firenze dei primi due decenni del secolo è piena di fermenti culturali e di riviste letterarie e filosofiche, in particolare «La Voce» 3 e «Psiche» 4, in cui l’attenzione per l’opera di Freud fa da contraltare al ruolo svolto dalla città di Trieste nella diffusione del suo pensiero in Italia. Suddiviso in dieci capitoli organizzati per temi e corredati di una nota bibliografica sulle opere di Freud e degli psicoanalisti più noti dell’epoca (e di un indice di tavole in cui confluiscono immagini e rappresentazioni di temi medici, psichiatrici, artistici e di psicologia sperimentale), il libro di Bonaventura fa di tutto per presentare «obiettivamente» le idee di Freud, tenendole distinte dalle posizioni personali.
David Meghnagi, Università di Roma Tre