…ricordo

Lo scorso sabato al Tempio Italiano di Gerusalemme mi è stato affidato l’onore di aprire l’Aron Hakodesh, l’Arca Santa. Alla vecchia chiave è appesa una catenella con una targhetta d’argento su cui è inciso il nome del donatore: Rav Achille Shimon Viterbo, z.l. Domenica prossima si terrà al Tempio Italiano una commemorazione del mese dalla dolorosa scomparsa di Rav Viterbo, e alla sua memoria sono dedicate queste righe. Avevo conosciuto Rav Viterbo a Padova nel 1964, quando cercavo i materiali demografici sulla comunità per la mia tesi di laurea. Io ero seduto davanti ai dati dell’anagrafe comunitaria e lui da dietro mi commentava su ogni persona, consigliando di intervistare questo, sconsigliando quello, con qualche ironico e a volte graffiante commento. Nei 44 anni del suo rabbinato a Padova, dal 1955 al 1999, Rav Viterbo ha saputo mantenere un’attiva e calda presenza nella comunità, con particolare attenzione per i giovani. Da Padova è arrivata in Israele un’aliyah relativamente numerosa e di alta qualità, che si è ben inserita nel paese e si è distinta nei propri diversi campi di attività. E ciò nonostante la pur piccola comunità patavina, forse anche grazie all’eccellenza del polo universitario, è quella che in Italia (a parte Roma) negli ultimi cinquant’anni ha meglio mantenuto le proprie dimensioni, ossia è stata meno corrosa dai diffusi processi correnti di invecchiamento e di assimilazione. Questo risultato testimonia in non piccola parte del successo dell’opera di Rav Viterbo. L’increscioso malore da cui Rav Viterbo non si è più ripreso è avvenuto durante il Kiddush di Shabbat Beshalah che coincideva anche con la data del 15 del mese di Shvat. Il giorno prima, con Rav Viterbo e un gruppo di amici della Hevràt Yehudé Italia Be-Israel, eravamo usciti per una passeggiata nella valle sottostante al Museo Israel a Gerusalemme. Era una splendida giornata e ci siano soffermati ad ammirare le meraviglie del creato, i fiori che iniziavano a sbocciare, gli alberi d’ulivo, ma anche i manufatti umani: la vecchia pressa dell’olio e l’imponente monastero della Valle della Croce. Come di dovere nel giorno del Capodanno degli Alberi abbiamo potuto piantare insieme i germogli degli alberelli nella terra fresca di Israele. Rav Viterbo non era giovane, ma camminava felice con passo sicuro fra i sassi e gli scalini. Si potrebbe dire con un riferimento al Cantico dei Cantici (2, 8): “Ecco la voce del mio amico, egli viene saltando per i monti e balzando per i colli”. È con questa bella immagine che vogliamo ricordare Rav Achille Viterbo che al cimitero di Bet Shemesh si è ora riunito alla cara sposa Sara, figlia di un altro prezioso Maestro dell’ebraismo italiano, l’indimenticabile Yoseph Colombo. Sia il Suo ricordo i benedizione.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(30 marzo 2017)