La perdita

angelica edna calò livneGermania 1894, Selma, Marianne e Philippine Cohn giungono nella graziosa cittadina di Altenburg e aprono un piccolo negozio di abbigliamento che in poco tempo diviene un fiorente centro commerciale che dà lavoro a 160 impiegati. I clienti arrivano da tutti i dintorni. Marianne sposa Sally Buky, un giovane di Lipsia e la loro figlia Franziska va a nozze con Albert Levy. La loro avvincente storia si snoda agli occhi del pubblico che segue la vicenda accompagnando le ragazze nel negozio ormai abbandonato, come molte delle case di Altenburg, gioisce con Marianne e Sally, nella splendida piazza del mercato sotto la Huppa’[1] con un rabbino che recita tutta la cerimonia in ebraico. Segue con simpatia i primi approcci d’amore tra Franze e Albert e li segue a tempo di darbuka, il tamburello orientale, a piedi, nei viottoli rinascimentali della cittadina, fino alla sontuosa palazzina dove abitarono per quasi due generazioni. Entra con loro nelle stanze dove visse questa famiglia ebraica come tante: amante di musica e buona letteratura, abiti di gran moda e fine arredo in casa. Poi la prima guerra mondiale lunga tre lunghi anni dove Albert Levy riceve la croce d’onore e il fratello di sua moglie, Hans perde la vita. Il pubblico cammina, sale, si siede sui divani e assiste al ritorno dalla guerra, al nuovo inizio. Tocca con mano la determinazione alla vita e la fiducia nell’uomo e nella patria, la Germania. Solo 80 persone possono accedere a ogni spettacolo e IMG-20170528-WA0013 (1)siedono raccolti, pensosi, in una sorta di contemplazione. Lo spettacolo è tutto in tedesco e ogni tanto si inserisce un monologo in ebraico, in arabo o un dialogo in lingue diverse. Gli attori, un cast eccezionale, sono tedeschi, israeliani arabi ed ebrei, turchi e romeni. Noi arriviamo ad Altenburg da Israele, perché Kfir, il nostro terzogenito, interpreta Albert Levy. Dopo la prima guerra l’atmosfera torna serena: gli affari, con fatica e caparbia tornano a fiorire. Sediamo tutti raccolti nell’accogliente salotto, le due gemelle Lorie e Lotte suonano il piano, il pubblico si dondola sulle note, all’improvviso da fuori, sotto alla finestra si alzano voci minacciose e concitate che gridano: “Juden Raus, non comperate dagli Ebrei!” Vengono scandite urlando, le leggi razziali, il pubblico segue la famiglia che scende nel cortile e assiste a una scena tribale di scalmanati che intorno a un grande rogo, bruciano i libri di Thomas Mann, Einstein, Rosa Luxemburg e altri scienziati, scrittori e letterati ebrei. Seguiamo i Cohn, Buky, Levy fino alla partenza per Theresienstadt, per Buchenwald… per Auschwitz. Rimarranno solo quattro membri della famiglia che non si interessano di affari e decidono di partire per il Sud Africa. Altenburg, la cittadina, rappresenta la sconfitta. Diviene una città fantasma, senza vita, senza energie, fino ad oggi. Molti anni fa ho accompagnato due viaggi dei ragazzi dell’Hashomer Hazair nei tragici luoghi della Shoah. Abbiamo calcato i sentieri di Majdanek, di Treblinka, di Auschwitz. Questa volta è stato ancora più penoso. È difficile immaginare il dolore fisico, qui, al centro, sotto al petto, impossibile descrivere la difficoltà a respirare mentre sali le scale, mentre ti siedi nel salotto colmo di libri e di quadri e il volto dei personaggi, che sentivi ormai parte della tua famiglia mentre si danzava intorno alla Huppa’, mentre si brindava alla nascita di ogni figlio, si trasforma in una smorfia di dolore, di incredulità,”Cosa possono farci? La vedi questa croce? L’ho ricevuta perché ho combattuto per la mia patria, la Germania!”, dice Albert Levy a Gerarhrt, fratello di sua moglie che insiste per lasciare la Germania. Il pubblico è tedesco. Di ogni generazione. Ci sono anziani canuti, che camminano accompagnandosi con un bastone, le palpebre abbassate, annuiscono con il capo. Ci sono ragazzi, gli occhi gonfi di lacrime e il cuore di vergogna. Alla fine dello “spettacolo” ogni attore narra il destino del suo personaggio e pone una pietra in suo ricordo, come si usa nella tradizione ebraica. Albert Levy non volle credere che sarebbe successo qualcosa di male. Andarono in visita a Cape Town dai loro figli ma tornarono ad Amsterdam e da lì furono deportati ad Auschwitz. L’attrice che interpreta Marianne non depone la pietra, la getta… lei morì sul vagone piombato, sulla strada di Sobibor… e il suo corpo fu gettato dal treno.
Lo spettacolo si conclude con un dialogo tra gli attori e il pubblico che applaude in piedi per molti minuti. Alla prima dello spettacolo erano presenti i discendenti della famiglia Cohn, Buky, Levy: sono giunti da Cape Town, da Londra e da San Diego. Si sono incontrati per la prima volta, qui ad Altenburg, dove era iniziata la loro storia. Gli attori che interpretano Lotte, Henner, Gerarth e Ruth, restano da soli in mezzo alla sala che aveva visto feste e gioie e insieme gridano: “SURVIVE THE SHOAH!” sopravvissuti alla Shoah! A luglio li rivedremo a Yaffo, là ricostruiranno la storia e la rappresenteranno per il pubblico israeliano.

Angelica Edna Calò Livne

(7 giugno 2017)