Tornando a visitare Auschwitz
Auschwitz-Birkenau, primi di giugno. Torno, dopo molti anni, a visitare Auschwitz. Immaginavo di trovare folle intente a scattarsi selfie sotto quello che è forse uno dei più celebri portoni al mondo, mandrie di scapestrati alle ricerca di Pokemon, famiglie raccolte in festosi pic-nic nella giornata tiepida. Ma, sotto il solito cielo implacabilmente azzurro, i gruppi che si susseguono, sussurrando in tutte le lingue del mondo, sono silenziosi e intenti, come in una cattedrale.
Nel padiglione dello Yad Vashem una sala si intitola: “Come sono sopravvissuto alla Shoah”. Vi si proiettano brevissimi filmati di interviste. Fra queste, quella di Marceli Reich-Ranicki, nato in Polonia, dopo la guerra forse il più noto e influente critico letterario tedesco. “Quello che volevamo – così conclude – era dimostrare che noi eravamo in grado di suonare Beethoven meglio di qualsiasi musicista tedesco. E lo abbiamo fatto”.
Laura Quercioli Mincer, slavista
(16 giugno 2017)