Israele-Hamas, colloqui indiretti per liberare i prigionieri a Gaza
Nelle ultime settimane si sarebbero intensificati i contatti indiretti tra Israele e il gruppo terroristico di Hamas per riportare a casa alcuni israeliani detenuti nella Striscia di Gaza. Si tratta di Avraham Mengistu, Hisham al-Sayed, e Juma Ibrahim Abu Ghanima (la cui presenza a Gaza però non è stata confermata). I primi due, secondo i media locali, soffrirebbero di disturbi psichiatrici. Tra gli obiettivi del governo di Gerusalemme c’è anche il recupero delle salme di Shaul Oron e Hadar Goldin, i due soldati israeliani uccisi nel conflitto del 2014 nella Striscia e di cui Hamas non vuole restituire i corpi. Con la mediazione di una parte terza, racconta il Times of Israel riferendosi con buona probabilità all’Egitto, Israele e Hamas avrebbero avuto dei contatti molto stretti in queste ultime due settimane. Il movimento terroristico chiede però a Gerusalemme, prima di qualsiasi ulteriore passo nei colloqui, di scarcerare tutti i detenuti liberati con l’accordo del 2011 per il soldato Gilad Shalit e poi arrestati nuovamente nel 2014 dopo il rapimento e l’uccisione di tre giovani israeliani in Cisgiordania. Oltre a questa richiesta a rendere più complicati i contatti, il lancio di missili partito da Gaza ieri contro il sud di Israele: l’attacco, senza conseguenze visto che il razzo è caduto in una zona disabitata, è stato rivendicato da gruppo Ahfad al-Sahaba, affiliato al movimento islamista dell’Isis. Per Hamas questo tipo di aggressioni sono un problema, perché dimostrano la sua incapacità di controllare pienamente la Striscia e dall’altra complicano il suo lavoro di riavvicinamento all’Egitto: Al Sisi sta attuando una politica durissima contro gli affiliati dell’Isis nel Sinai e per fare concessioni a Gaza si aspetta lo stesso trattamento anche nell’enclave gestito da Hamas.
Guardando a Nord, intanto, Israele fa sapere di non avere “alcuna intenzione di lanciare un’operazione militare” contro la Siria o i gruppi ribelli presenti nel paese arabo, anche se negli ultimi giorni vi è stata una escalation di tensione. Ad affermarlo ieri il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, nel corso di un’audizione alla commissione Esteri e Difesa della Knesset, respingendo alcune ipotesi su un imminente conflitto con il movimento sciita libanese Hezbollah, nel nord del paese, e con quello palestinese di Hamas nel sud. “Se leggete i quotidiani sembra che abbiamo molti profeti che predicono un’estate calda”, ha affermato il titolare della Difesa. “Lasciatemi essere ancora una volta chiaro: non abbiamo alcuna intenzione di avviare un’operazione militare, né a nord, né a sud”, ha chiarito Lieberman, precisando, tuttavia, che non sarà tollerata alcuna provocazione, anche accidentale dai paesi vicini. Intervenendo sui legami tra Damasco e Teheran, il ministro ha ribadito che Israele “non permetterà che la Siria diventi un altro fronte” contro lo Stato ebraico.
(27 giugno 2017)