Identità – L’individuo di fronte alla collettività giuridica
L’individuo, scrive Hans Kelsen nel suo Lineamenti di dottrina pura del diritto, è un “punto di imputazione”. La proposizione, all’apparenza oscura per i non addetti ai lavori, si può forse tradurre così: non esistono, per il celebre filosofo del diritto, diritti che promanino dalla singola persona, a priori rispetto a un dato ordinamento. Tali diritti sussistono poiché posti in base a determinate norme e procedure. La polemica con il giusnaturalismo balza agli occhi. Vi è di più. Asserendo che l’individuo è “punto di imputazione” Kelsen suggerisce anche l’idea che l’individuo in quanto tale non sia un mero fatto naturale, riscontrabile a occhio nudo, bensì la risultante di una proiezione: di norme, appunto, e, più strutturalmente, di linguaggio. Sarebbe lecito, data la forma mentis kelseniana, rielaborare questo asserto sulla base delle influenze neokantiane. Contestualmente a un seminario svoltosi la scorsa settimana presso il Collegio Golgi dell’Università degli studi di Pavia il professor G. Azzoni faceva notare come l’argomento di Kelsen sia accostabile alle riflessioni dell’ultimo Foucault sulla genealogia del soggetto. Ora l’idea che l’individuo sia puro “punto di imputazione” potrebbe suonare quanto di più lontano dal postulato biblico, matrice di molta Halakhà, secondo cui ciascuna singola persona è “be-tzelem Elohim”, a immagine di Dio, e – in quanto tale – detentrice di doveri e diritti. Certamente vi è tale contrasto. A un differente livello, però, sono a mio giudizio riscontrabili anche delle analogie. Chi è ebreo? A questa domanda rispondiamo con la Halakhà: “è ebreo chi nasce da madre ebrea o colui il quale si converta all’ebraismo”. Anche qui l’individuo, nella qualità specifica di ebreo, è il risultato di una proiezione normativa, con le conseguenze sul piano dei doveri che ciò comporta. Di più di ciò, e tornando all’analogia proposta da Azzoni tra Kelsen e Foucault, l’individuo ebreo si costituisce quale risultato dell’insieme di norme halakiche e letteratura haggadico- midrashica, da una parte, e di un intero universo narrativo di tipo profano, rivitalizzato dal sionismo, dall’altra. Tenute ferme le distanze sopra ricordate, l’idea kelseniana dell’individuo come “punto di imputazione” ci ricorda che anche noi, come ebrei, non esistiamo come meri fatti poiché anche il più empirico tra i dati, come quello di esser nati da madre ebrea, non esisterebbe al di fuori di una normativa, ovvero di una narrazione.
Cosimo Nicolini Coen