quarantotto…

Nel Periodo del Conteggio dell’Omer abbiamo scalato 49 gradini spirituali per prepararci ad essere degni di ricevere la Torah. Sono 49 scalini che portano sulla cima del Monte Sinai.
Di questi 49 scalini 48 sono nelle nostre mani dobbiamo lavorare su noi stessi, il 49 è il salto finale che ci viene fatto fare per mano di D-o. Noi saliamo e alla fine D-o ci prende per mano.
La Torah non si acquisisce a meno di quarantotto (48) condizioni: con lo studio, con l’ascolto dell’orecchio, con la ripetizione delle labbra, con l’intelligenza del cuore, con la conoscenza del cuore, con il timore e il rispetto, con l’umiltà, con la gioia, con il servire i sapienti, con la critica dei compagni, con la discussione con i discepoli, con l’assiduità nello studio, con la padronanza della Scrittura, con la padronanza della Mishnah, con il poco sonno, con poche chiacchiere, con pochi piaceri, con poco riso, con poche preoccupazioni mondane, con pazienza, con generosità, con la fiducia nei sapienti, con la sopportazione delle sofferenze, con il saper stare al proprio posto, con l’accontentarsi della propria parte, con l’erigere una siepe intorno alle proprie parole, con il non vantarsi, con il rendersi amabile, con l’amore per D-o, con l’amore per le creature, con l’amore per i gesti di amore verso il prossimo, con l’amore per le correzioni, con l’amore per la rettitudine, con la fuga dagli onori, con il tenersi lontano dall’arroganza per aver studiato, con il non giudicare a cuor leggero, con il portare il giogo del proprio compagno, con il giudicare dal lato favorevole, con il ricercare la verità, con il ricercare la pace, con l’applicarsi nello studio, con il saper domandare e con il saper rispondere, con la capacità di aggiungere del proprio a quello che si è imparato dagli altri, con lo studio finalizzato all’insegnamento, con lo studio finalizzato alla pratica, con il rendere sapiente il proprio maestro, con il riferire con parole esatte quanto gli è stato ascoltato, citare una parola in nome di chi la ha detta, e da questo si impara che chi cita una parola in nome di chi la ha detta, costui porta la redenzione nel mondo, come è scritto: ed Ester riferì al re a nome di Mordechai (Ester 2, 22). (Avoth 6, 6).

Paolo Sciunnach, rabbino

(28 agosto 2017)