L’abbraccio
«Allora di ogni persona ce n’è solo una al mondo?» domandò Ben.
«Sì, ce n’è solo una», disse la mamma.
«E perciò sono tutti soli?».
«Sono un pò soli ma sono anche un pò insieme. Sono sia l’uno sia l’altro».
«Ma com’è possibile?».
«Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola».
«Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma.
Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.
«Adesso non sono solo», pensò mentre l’abbracciava, «Adesso non sono solo. Adesso non sono solo».
«Vedi», gli sussurrò mamma, «Proprio per questo hanno inventato l’abbraccio».
da L’abbraccio di David Grossman
Certe volte abbiamo bisogno di un abbraccio. Di darlo e di riceverlo. Per rassicurare, per riscaldare, per non sentirci soli con quella sensazione di smarrimento che ci assale quando vediamo immagini che non sappiamo spiegare, che sono lontane anni luce dalla nostra coscienza, dalle nostre radici, dal nostro passato e dal futuro che ci stiamo costruendo. Davanti a certe situazioni tragiche, inspiegabili, sentiamo l’impeto di abbracciare le persone che amiamo, stringerle forte e chiedere loro di rimanere accanto a noi. Al sicuro. Ci perdiamo nello sguardo limpido di chi ama condividere la propria vita con gli altri, di sostenere e incoraggiare e di chi, sebbene abbia conosciuto offese, solitudine, paura, emarginazione, guerra e anche fame e violenza, riesce, con la forza delle proprie risorse e dei valori ricevuti già dal ventre della propria madre, a ricostruirsi, a superare dolori e sconfitte, a scrivere la propria vita alla luce di una positività.
Barcellona, ma anche Hedera, Gerusalemme, Berlino, Nizza… No, non ci credo alla storia dei terroristi che seminano morte e distruzione perché hanno sofferto nell’infanzia, perché sono stati defraudati. Mi rifiuto di giustificare l’ideale di morte, l’omicidio premeditato e a sangue freddo. Mi rifiuto di riconoscere questa cultura del nulla. Malvagità pura che cancella, che ci considera stupidi perché crediamo ancora nel dialogo, nel rispetto, nell’educazione e nell’arte. Perché ci sappiamo perdere in un abbraccio. No, non siamo stupidi. Siamo esseri umani che credono in una società fatta di persone a cui palpita il cuore, gente che ha speranze, che guarda lontano, che vuole stare con gli altri per creare insieme, per crescere, per sorridere e ringraziare per la vita che ci è stata data! Non sono più campanelli di allarme, sono campane, sono sirene. La violenza è inammissibile e non ha scuse né spiegazioni. Tutti noi siamo responsabili e cosa possiamo fare? Restare chi siamo, senza farci intaccare dal male, dalla rabbia, dal desiderio di vendetta, dalla generalizzazione. Continuare a costruire, ad educare, a godere della vita e non darla per vinta a chi vorrebbe spegnerci. Siamo noi la maggioranza, anche se ci sembra che il male sa gridare più forte!
Angelica Edna Calò Livne
(31 agosto 2017)