Qui Milano – La casa 770, porta sul mondo

Schermata 2017-10-20 alle 11.30.09Seven-Seventy, Sette-Settanta. Non è un codice ma il numero di una via di Brooklyn, o meglio il 770 di Eastern Parkway. Ai milanesi questo indirizzo non dirà nulla, eppure la città lombarda ha un ponte, diciamo architettonico, diretto con Brooklyn. Basta recarsi in via Poerio 35 per capirlo. Vi si scoprirà una casa molto differente da quelle circostanti, una casa che con Brooklyn ha un filo diretto. Una connessione spirituale intercontinentale, si potrebbe dire. Troverete una replica dell’abitazione che dal 1940 fino alla sua morte ospitò una delle personalità più influenti dell’ebraismo moderno, rav Menachem Mendel Schneerson, settimo rebbe del gruppo chassidico Chabad-Lubavitch (dove Chabad è l’acronimo di Chochmah, Binah, Da’at, cioè saggezza, comprensione e conoscenza, e Lubavitch il nome del villaggio russo di origine). In suo onore, il movimento Lubavitch, sparso per il mondo, ha cominciato a ricostruire la Seven-Seventy nei diversi angoli del pianeta (al momento si contano dodici abitazioni ma altre sono in costruzione). Su Italia Ebraica, il mensile UCEI dedicato alle Comunità ebraiche, si era parlato della casa 770 di Milano tempo fa, tornata nuovamente a far parlare di sé in questi giorni. Il Corriere della Sera infatti, nelle sue pagine milanesi, è entrato con la giornalista Rossella Burattino nella casa di via Poerio. “’Kansù, bevakashà’ (‘entrate, prego’). È così che il rabbino Avraham Hazan – racconta Burattino – apre la porta e invita a entrare in uno dei luoghi più misteriosi di Milano: la palazzina al civico 35 di via Carlo Poerio. La chiamano ‘l’olandese’ (perché ricorda le abitazioni dei Paesi Bassi) ma, in realtà, è una delle 16 ‘case 770’ riprodotte nello stesso modo, in tutto il mondo, da una comunità ebraica. E quella milanese è l’unica in Europa”.
casa 770Su Italia Ebraica a parlare era stato l’architetto che si è occupato di costruire l’edificio milanese, Stefano Valabrega. “Una domenica mattina (siamo nel 1990) ero con mia famiglia al parco di via palestro. Ricordo che mi si avvicinò l’amico Shimon Fargion e mi chiese ‘Stefano vuoi fare una mitzvah (compiere, secondo la visione ebraica, un’azione in favore degli altri)?’ E mi disse che rav Garelik aveva bisogno di un aiuto in via Poerio per adibire la stanza dove custodire i propri libri santi”. “Arrivato sul posto, – continuava Valabrega – dissi ‘rav qui altro che libreria: prima di fare qualsiasi cosa dobbiamo mettere a posto il tetto’”. La palazzina fa parte del Merkos, centro per l’educazione ebraica e il direttore è rav Avraham Hazan, cha al Corriere ha spiegato: “Nel 1958 il rabbino Garelik è stato mandato qui dal Rebbe e con sua moglie ha creato un’associazione e ha aperto una scuola. Dopo qualche anno ha deciso di replicare la 770 originaria. L’edificio in via Poerio apparteneva già a una famiglia ebraica ma era fatiscente. Rav Garelik ha avuto il permesso di rifarlo da capo e poter rappresentare, così, il legame con il luogo d’origine. Oggi all’interno c’è una libreria, un centro studi, uffici e una sala conferenza”.
“Prima di parlare di qualsiasi cosa legata al progetto – spiegava l’architetto Valabrega a Italia Ebraica – rav Garelik mi faceva mettere i tefillim. Io lo facevo senza problemi, la difficoltà era che con il rav riuscivo a parlare sempre e solo di una cosa alla volta, il che allungava un po’ i tempi. Niente di drammatico e in ogni caso, di tefillim in tefillim, siamo riusciti a finire i lavori”. Tante le sfide progettuali connesse alla ristrutturazione di via Poerio, tra cui la realizzazione di un mikveh, una vasca contenente acqua di fonte o acqua piovana utilizzata per la purificazione rituale, tramite immersione, di una persona e che deve essere costruita secondo determinate regole. “Tra le cose che mi furono chieste, e non tutti gli architetti possono vantare qualcosa di simile, ci fu di progettare una stanza per il Mashiach, ovvero il Messia, nell’idea che in caso dovesse arrivare, troverà un luogo pronto ad accoglierlo”. La facciata, invece, fu una sorpresa per rav Garelik: furono reperiti i finanziamenti, il comune diede il via libera – cosa non scontata dovendo inserire una facciata olandese del ‘600 in una zona di case tipicamente milanesi e del primo Novecento – e via Poerio 43 trasformò il suo volto, diventando una delle Seven-Seventy sparse per il mondo. “Alla fine dei lavori, il rav mi diede un dollaro come pegno di fortuna. Non so se sia per quello, per la mitzvah o cosa, ma da allora le cose per me iniziarono ad andare piuttosto bene”, la confessione di Valabrega, che di quel progetto parla con grande affetto.
“La grande devozione e l’arte oratoria del Rebbe — ha spiegato l’assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano Davide Romano al Corriere — hanno reso la casa 770 di Brooklyn un posto di culto e di adorazione, tanto da essere replicata in diversi Paesi, in epoche differenti. È stato anche un modo, per i seguaci di Schneerson, di farsi riconoscere”.