Sì, di Shabbat a Tel Aviv i negozi possono aprire

I negozi di Tel Aviv possono rimanere aperti di Shabbat. A sancirlo, una recente sentenza della Corte Suprema israeliana. La maggioranza dei giudici della Corte (cinque contro due) ha infatti respinto il ricorso di un gruppo di commercianti contro il provvedimento della Municipalità di Tel Aviv che permetteva a 164 esercizi alimentari di operare durante lo Shabbat e le festività. Si tratta dell’ultima sentenza della Corte con Miriam Naor alla presidenza: la stessa Naor ha infatti letto le motivazioni della decisione nel corso della cerimonia in cui ha lasciato il suo incarico, ora affidato a un’altra donna, Esther Hayut. “La sentenza si basa sul concetto del vivi e lascia vivere – ha spiegato Naor – La mia, non è una sentenza sul valore dello Shabbat. Non è una sentenza laica o religiosa ma riflette la corretta interpretazione della legge”.
Il quotidiano Haaretz scrive che Naor nella sua motivazione, ha sostenuto che il provvedimento di Tel Aviv non pregiudica in alcun modo lo status e l’importanza dello Shabbat come principio nazionale del popolo ebraico, né scalfisce in alcun modo i valori dello Stato di Israele come Stato democratico ed ebraico. Per l’ormai ex presidente della Corte, pur nella necessità di proteggere l’unicità dello Shabbat, ogni persona deve avere il diritto di gestire e trascorrere questo giorno come desidera, sulla base delle proprie convinzioni. C’ è una buona ragione, ha continuato Naor, se il legislatore israeliano ha lasciato alle autorità locali il compito di trovare l’equilibrio. E il compito di trovare questo equilibrio non è un compito banale, ha scritto Naor, ma è necessario nel caso di una società eterogenea che condivide il medesimo spazio. I regolamenti comunali che consentono alle imprese di aprire di Shabbat sono stati costruiti in modo da riflettere l’equilibrio unico che esiste a Tel Aviv, il pensiero della Naor, tenendo poi conto dello status speciale dello Shabbat, della composizione della popolazione di ogni quartiere, di come questa vive e del carattere della città. La nuova presidente Esther Hayut, ha aggiunto che nel cuore di ogni ebreo lo Shabbat ha un posto speciale, anche se non lo rispetta in prima persona. “Tuttavia, lo Stato di Israele ha inciso sulla sua bandiera, al momento della sua fondazione, sia i valori ebraici sia quelli democratici”, ha scritto Hayut
Sul tema dello shabbat ci sono dispute che vanno oltre la questione dell’apertura di esercizi commerciali, come ad esempio permettere o meno il trasporto pubblico. Si tratta di questioni che toccano alla radice gli equilibri interni alla democrazia israeliana e alla sua identità ebraica. Interessante ad esempio la scelta di un opinionista della rivista americana Tablet Magazine di contestare la scelta della Corte citando uno dei grandi pensatori del sionismo, Ahad Ha’am. “Chi sente nel suo cuore un vero e proprio legame con la vita della nazione in tutte le sue generazioni, non potrà mai immaginare il popolo d’Israele senza la Regina Shabbat. Si può dire, senza esagerare, che più il popolo d’Israele ha mantenuto lo Shabbat, più lo Shabbat lo ha protetto, e se non fosse stato per lo Shabbat che resuscitava la sua anima e rinnovava la sua energia spirituale ogni settimana, sarebbe stato abbattuto dai fardelli della settimana lavorativa fino a raggiungere l’ultimo scalino del materialismo e con esso, la depravazione intellettuale e morale”. Righe scritte da Ha’am nel 1921, ricorda l’autore dell’articolo Liel Leibovitz.
Secondo il professore Yedidia Z. Stern, già rettore della facoltà di giurisprudenza della Bar Ilan, invece, è il momento di arrivare a un compromesso sullo Shabbat. “La forma di un possibile accordo è stata formulata nel Patto Gavison-Medan e nella bozza di una legge sullo Shabbat redatta da un’ équipe dell’Israel Democracy Institute (IDI), guidata dall’ex capo della giustizia Meir Shamgar – scrive Stern proprio sul sito del think tank israeliano IDI – Questa proposta permetterebbe (di shabbat) le attività ricreative, di intrattenimento e culturali, nonché i trasporti pubblici con un calendario ridotto, ma vieterebbe le attività delle istituzioni statali e il lavoro non essenziale nell’industria e nel commercio – compresi i centri commerciali, i negozi e le catene di distribuzione. Entrambe le raccomandazioni fissano limiti realizzabili per l’ attuazione di questo accordo equilibrato e definiscono le modalità per risolvere eventuali controversie”.

d.r.

Foto credit: Hagit Rabinowitz/Flash90