Insegnare a scrivere
Alla luce delle mie esperienze di esami di stato, laboratori di scrittura e simili ho maturato una convinzione: se noi insegnanti di italiano di liceo provassimo per gioco a svolgere il tema d’esame e a correggere e valutare ciascuno lo scritto di un altro prenderemmo tutti voti orribili. Non parlo di maggiore o minore severità: ciascuno di noi riterrebbe inaccettabile il modo di scrivere dell’altro, soprattutto perché ciascuno di noi interpreta in modo diverso le consegne contenute nelle tracce ministeriali. Quanti documenti si devono utilizzare nel saggio breve? Si deve elaborare una propria tesi originale? Si può usare la prima persona? Tutti problemi di cui mi è capitato da poco di discutere con allievi e colleghi, scoprendo che ognuno interpreta le regole in un modo diverso. E così ci ritroviamo a preparare gli allievi al buio, cercando di andare incontro alle pretese a nostro giudizio irrazionali di colleghi sconosciuti, sapendo che da qualche parte in giro per la città ci sono colleghi sconosciuti che stanno preparando gli allievi a venire incontro alle nostre richieste, da loro giudicate altrettanto irrazionali.
Forse il discorso non vale solo per noi. Chissà quanti dietologi si accuserebbero a vicenda di comportamenti alimentari insani. O chissà quanti rabbini diffidano della kasherut certificata da alcuni loro colleghi, anche ortodossi, che a loro volta non si fidano della loro kasherut. Ma almeno i dietologi e i rabbini credono fermamente nell’importanza di ciò che prescrivono o vietano. Viceversa, noi insegnanti di italiano ci troviamo a preparare gli allievi per una prova che si spera dovranno svolgere una sola volta nella vita, e che – per le modalità con cui si svolge e per le consegne ministeriali ambigue – somiglia ben poco alle situazioni reali in cui si troveranno a dover padroneggiare l’italiano scritto nel corso della loro esistenza. E noi che abbiamo svolto il tema di maturità in altri tempi e con altre regole non siamo poi così sicuri che al posto degli allievi sapremmo cavarcela. Forse ciascuno di noi assegnerebbe anche a se stesso un voto orribile.
Ma allora non sarebbe il caso di fare una bella tregua, smetterla di elaborare regole bizzarre nel tentativo di interpretare consegne ambigue e utilizzare il nostro tempo per insegnare davvero a scrivere?
Anna Segre, insegnante