Informazioni sostenibili
e informazioni insostenibili
Le operazioni più elementari cui si è richiamati nella vita consistono, notoriamente, nel saper leggere, scrivere e far di conto. Saper leggere è fondamentale per riuscire a scrivere, perché altrimenti i meno dotati faticherebbero ad ispirarsi ai più bravi.
Le cose si complicano, però, quando l’impresa riguarda il far di conto. Valga un esempio per tutti: sovente ci si sgola a perorare la causa di due popoli per due Stati, come soluzione per il conflitto arabo-israeliano. Sennonché, essendovi in Israele una popolazione non ebraica e prevalentemente araba di quasi due milioni di persone, il rapporto fra popoli e Stati non sarebbe di uno a uno bensì di uno a due, poiché non risulta che la presenza ebraica in Cisgiordania e Gaza sia caldeggiata o comunque contemplata. Come arrivare alla pace se i dati sono rimossi?
La memoria, poi, è indispensabile, laddove non vada a scapito di quel poco che possa rivelarsi funzionale al buon uso dell’esperienza perché, sempre nei riguardi dei numeri, l’umanità dovrebbe anche guardare innanzi e far di tutto per la (rimossa) necessità di salvaguardare i sei milioni circa di ebrei israeliani. In questo senso, ben vengano le perplessità sollevate da un giovane ma già luminoso Maestro nei riguardi del rischio di una “religione della Shoà” (R. Della Rocca, Con lo sguardo alla luna – Percorsi di pensiero ebraico, Firenze, 2015, p. 9)
Non è detto che questi equivoci dipendano dal caso perché, se cercassimo una sorgente nel mondo nella quale le teorie di Sigmund Freud e in particolar modo la rimozione, potrebbero riscuotere un grande successo, quest’area sarebbe il Medio Oriente.
È nella natura umana minimizzare gli scenari invisi ed i rischi mortali, ma quando la percezione sconfina nella disinformazione la rimozione diventa nella migliore delle ipotesi un lusso inutile e, nella peggiore, diventa complicità vera e propria. Non avremmo difficoltà a trovare delle pagine in cui i crimini sono chiamati errori, facendo emergere un pensiero certamente singolare, sia dalla parte di chi scrive sia dalla parte di chi legge senza reagire; perché sovente vanno di pari passo l’incapacità di leggere gli altrui testi con la speculare incapacità di capirne i propri.
In questo contesto, emerge spesso una singolare figura: quella di chi, sulla base di una prosopopea ingiustificata, si avvale di dati sparsi, mancando della capacità di ricostruirli in un quadro coerente, dando vita a testi confusi ed a conclusioni sbilenche. Non sono tanto le c.d. fake news ad inquinare l’informazione, quanto l’utilizzo dei dati da parte di chi non possiede gli strumenti per inserirli nel loro contesto, attribuendo loro il giusto valore.
Emanuele Calò, giurista
(9 gennaio 2018)