Torino – “Zamenhof, utopista concreto”

2018-01-29 18.04.52È dedicata Ludwik Zamenhof, il creatore dell’esperanto, a 100 anni dalla sua scomparsa, la mostra inaugurata nelle scorse ore locali di Palazzo Cisterna, sede della Città Metropolitana di Torino. Il progetto, realizzato dall’Ambasciata della Repubblica di Polonia in Italia, si lega alle iniziative del Giorno della Memoria e per il terzo anno di fila promuove il ricordo di figure fondamentali che hanno segnato la storia della Polonia, tra cui appunto Zamenhof, che diede un enorme contributo alla cultura mondiale. Nel 2017 sempre Palazzo Cisterna ha ospitato la mostra dedicata a “Jan Karski. Una sua missione per l’umanità”, e nel 2016 l’esposizione “A rischio della propria vita”, dedicata ai polacchi che salvarono gli ebrei durante la Shoah.
A presentare l’iniziativa l’Ambasciata della Repubblica di Polonia a Roma nella persona di Magdalena Trudzik , la consigliera della Città Metropolitana, Elisa Pirro, la presidente della Federazione Esperantista Italiana, Michela Lipari accanto al Professor Fabrizio Pennacchietti, il consigliere della Comunità ebraica di Torino, David Sorani, Sarah Kaminski per il Gruppo Studi Ebraici e Elzbieta Grzyb per la Comunità Polacca di Torino.
La mostra, ricorda Elisa Pirro, si pone in chiusura di quello che l’Unesco ha definito come l’anno di Ludwik Zamenhof, l’intellettuale che ha promosso l’abbattimento delle barriere linguistiche creando una lingua franca, priva di eccezioni grammaticali, flessibile, facile da apprendere e utilizzare. Magdalena Trudzik ha paragonato l’esperanto ad una stretta di mano, dove le persone si incontrano a metà strada e nessuno prevarica sull’altro. Questo e molto altro è racchiuso in questa lingua artificiale sì, ma densa di significati aggiunti, di valori e ideali. Michela Lipari ha parlato di Zamenhof come di un utopista che vedeva nella potenza di una lingua seconda uguale per tutti il mezzo per promuovere rapporti paritari tra gli esseri umani, lontani da gerarchie e sovrastrutture. Elzbieta Grzyb si sofferma sull’assonanza dell’esperanto con la parola speranza per una possibile convivenza pacifica tra i popoli. Zamenhof in quanto ebreo e in quanto polacco ha cercato di favorire l’incontro dei popoli proprio perché apparteneva egli stesso ad una minoranza fortemente perseguitata da un lato, e ad una nazione perseguitata, dall’altro, scomparsa per due secoli dalle carte geografiche. Sarah Kaminski ha invece ricordato l’anima sionista dell’intellettuale, un sionismo che poggiava le basi sull’idea di una lingua comune a tutti. Infine la parola a Fabrizio Pennacchietti, ex docente di esperanto presso l’Università di Torino, che ha ricordato il principio fondante di tale progetto linguistico: l’internazionalismo che dovrebbe realizzarsi a partire da una realtà geopolitica concreta come quella europea sotto forma di “Stati Uniti d’Europa”.

Alice Fubini

(30 gennaio 2018)