Netanyahu e l’ombra giudiziariaLa politica israeliana si divide
La coalizione di governo in Israele fa quadrato attorno al Primo ministro Benjamin Netanyahu. E lui si dice tranquillo, definendo le accuse a suo carico “piene di buchi, come un formaggio svizzero”. Dopo quattordici mesi di indagine, la polizia ha infatti chiesto al procuratore generale Avichai Mandelblit di incriminare Netanyahu per corruzione, frode e abuso di fiducia. Due i filoni dell’indagine: nel primo, il Premier è sospettato di aver ricevuto favori e regali dal produttore di Hollywood Arnon Milchan (il caso è noto in Israele come tiq 1000 – secondo quanto riporta Haaretz, dopo avere ricevuto i regali Netanyahu avrebbe fatto pressioni per l’approvazione della cosiddetta “Legge Milchan”, che prevede agevolazioni fiscali per gli israeliani che vivono all’estero e decidono di rientrare); nel secondo, di aver promesso a Noni Mozes, proprietario di Yedioth Ahronoth – il più diffuso quotidiano israeliano – favori sul fronte editoriale in cambio di una linea più morbida del giornale nei suoi confronti (tiq 2000). Ora gli occhi sono tutti puntati sul procuratore Mandelblit, che esaminerà le prove e deciderà se procedere o meno all’incriminazione. Prima di avere una risposta, spiegano i quotidiani israeliani, serviranno diversi mesi. Intanto Netanyahu ha liquidato le accuse e, durante un incontro al Tel Aviv Center tenutosi mercoledì mattina, ha dichiarato: “voglio rassicurarvi. La coalizione è stabile. Nessuno, né io, né nessun altro, ha intenzione di andare alle elezioni. Continueremo a lavorare con voi per il bene dei cittadini di Israele fino alla fine del mandato”. Ovvero fino alla fine del 2019. Per l’opposizione invece, “l’era Netanyahu” starebbe avviandosi verso la fine. “È responsabilità di ogni personalità pubblica rispettabile rafforzare la polizia e la legge e agire per porre fine al cammino del governo guidato da Netanyahu”, le parole del leader del partito laburista di opposizione, Avi Gabby. “È una serata difficile quando la polizia israeliana raccomanda di perseguire un Primo ministro in Israele per tangenti, frodi e abuso di fiducia”, la dichiarazione del partito Unione sionista. “La presunzione di innocenza si sta lentamente erodendo in Israele. Ogni uomo è innocente fino a quando non è dimostrata la sua colpevolezza e ha il diritto di mantenere il suo buon nome”, ha affermato il ministro della Giustizia Ayelet Shaked. “Solo un solo organo è competente per determinare se qualcuno è colpevole o innocente, e non sono i media ma il sistema giudiziario. Il resto è finzione. Una sorta di reality show, e non me ne sono mai preoccupato”, l’opinione del ministro della Difesa Avigdor Lieberman. Per Lieberman sono assolutamente escluse le dimissioni di Netanyahu in questa fase: se fosse costretto a farlo, il pensiero del ministro, si tratterebbe di un colpo di Stato. “Finché il Primo Ministro non sarà condannato, potrà continuare a servire”.
Per il ministro delle Finanze e leader di Kulanu, Moshe Kahlon, solo il procuratore generale può prendere la decisione di incriminare Netanyahu. Una posizione garantista, quella espressa da Kahlon, che però ha preferito non difendere direttamente il Premier. Cosa che ha fatto l’altro alleato, Naftali Bennett, ministro dell’Educazione. Almeno nella prima parte del suo commento alla vicenda. “Quando Netanyahu ha detto di aver lavorato nel migliore interesse dello Stato di Israele, io gli credo. Tuttavia, il Primo Ministro ha un ruolo supplementare, essere in prima persona un esempio per l’opinione pubblica israeliana in generale ,e per i suoi giovani in particolare. Il Primo ministro non dovrebbe essere perfetto, o avere uno stile di vita spartano, ma dovrebbe essere qualcuno di cui si può dire: ‘Questo è il modo in cui ci si deve comportare’. Purtroppo, ricevere regali di tale entità – l’affondo di Bennett – non è conforme alle aspettative degli israeliani”.
Come riporta il Guardian, in un sondaggio condotto dal Canale 10 la scorsa estate il 66% degli israeliani aveva detto che il premier avrebbe dovuto dimettersi nel caso in cui fosse stato accusato.