Shir shishi – Patto eterno
Più volte nei matrimoni festeggiati in Israele, lo sposo canta per la sposa, o vice versa. Oppure un gruppo di amici dedica un’esecuzione amatoriale agli sposi e, in maggiore parte dei casi, il pubblico si aggrega con entusiasmo e gioia al canto; esprimendo in questo modo non solo le varie modalità per celebrare la nuova copia ma anche l’unità culturale e antropologica condivisa da una nazione. Il canto in pubblico, shira betzibur, è un fenomeno locale ben noto di cui abbiamo già parlato e dai tempi dello Yishuv, o meglio ancora dalle Hachsharot, i campi di addestramento dei gruppi sionisti in Europa, in cui il periodo di preparazione, corpo e anima, alla Aliya, veniva accompagnato dalle canzoni unificatrici, HaTikva, in primo luogo e poi tante traduzioni di nostalgici canti russi. Da allora è passato un secolo ma il fenomeno canto è rimasto saldo. Infatti, al matrimonio di mia sorella, il marito, nipote del famoso compositore Yehuda Sharet, ha rispettato la tradizione e per la felicità di tutti ha scelto la bellissima e profonda poesia-canzone, Brit Olam, Patto Eterno, scritta da Matti Caspi. Caspi è considerato in Israele un’istituzione. È un raffinato autore e musicista, creatore di testi per più di mille canzoni. Le sue sembrano solo canzoni ma pongono al traduttore ostacoli linguistici, musicali e barriere culturali, cominciando dalla stessa parola Brit che ci rimanda ai rapporti tra Dio e il popolo di Israele, la promessa del regno fatta a David e al patto con la stirpe dei sacerdoti. La poesia, tuttavia, non esprime solo quello che rappresenta la cerimonia nuziale, parla invece di paura, speranza e sogno.
Manca poco
per essere un corpo solo.
Hai messo la tua mano
nella mia, per sempre.
Tu sei la testimone
di questa mia paura
e perciò tremo
stanotte.
Ogni giorno e ogni notte
sempre
su un unico sentiero –
non segnato.
Ogni giorno e ogni notte
sempre
insieme e da solo
a te e a me
sono fedele.
Ti amo stanotte e con te mi sento triste
Ti amo stanotte e con te gioisco
fino al cuore, fino al dolore – spero, mi avvicino.
Piano piano
scopriremo
chi sono io – chi sei tu
Forse
forse impareremo –
a rinunciare
e a dare di più
finché rimarrà
solo il nostro amore.
Tra poco
sorgerà la luce
e sono ubriaco;
vorrei ricordare te –
e tenere in serbo
fino alla fine dei tempi,
finché non passeremo
e verrà meno il battito del tamburo.
Di Ehud Manor e Matti Caspi, 1976
Sarah Kaminski, Università di Torino