Società – Pulsioni antisemite à gauche
Michel Dreyfus / L’ANTISEMITISMO A SINISTRA IN FRANCIA. STORIA DI UN PARADOSSO (1830-2016) / Free Ebrei
Una vecchia coppia, con una lunga storia alle spalle. Non però alla luce del sole. Antisemitismo e sinistra si frequentano da tempo, ma la loro è una relazione, come dire, adulterina. Non dovrebbero farlo, lo sanno bene. Eppure è capitato, e continuano a ricascarci. Nel libro dello storico Michel Dreyfus, anche la grammatica conta, a partire dal titolo. Antisemitismo a sinistra, e non “di sinistra”, per sottolineare che questa brutta macchia non viene da “lì”, ma si è diffusa senza dar nell’occhio, almeno agli inizi. Dreyfus racconta una vicenda tutta francese, quasi senza riferimenti alla situazione nel resto d’Europa. Si tratta di una scelta di metodo, quella di restare entro i confini politici e culturali di un solo Paese, che ha punti di forza e qualche debolezza. Che il caso francese abbia una sua specificità è tuttavia indubbio. «La Francia è il primo Stato moderno a emancipare gli ebrei durante la grande Rivoluzione». La frase compare in apertura del primo capitolo, e sembrerebbe in qualche modo chiudere la questione. Con un simile patrimonio di libertà alle spalle, perché avventurarsi oltre? Se la sinistra nasce dai valori della Rivoluzione del 1789, come può negare se stessa e i propri principi? In realtà, le cose sono assai più complesse. I guai cominciano quasi subito, tanto che questa prima parte storica, costruita con ampio uso di fonti, è uno dei contributi migliori del volume. George Sand, Pierre Leroux, Charles Fourier, Alphonse Toussenel, la lista dei nomi comincia ad allungarsi in maniera preoccupante. Basti qui un solo esempio dell’aria che tira: «Ogni governo che tenga ai buoni costumi dovrà obbligare gli ebrei al lavoro produttivo … il nostro secolo filosofico ammette sconsideratamente legioni di ebrei, tutti parassiti, mercanti, usurai». Secondo Fourier, figura di spicco del cosiddetto socialismo utopico e autore di questa bella istruzione per il “secolo filosofico”, la parità dei diritti, concessa dalla Rivoluzione, è stata un formidabile errore. Antigiudaismo di stampo religioso e nuovi stereotipi si danno qui lamano. Sono gli anni dell’ascesa dei Rothschild e della polemica contro il preteso strapotere dei banchieri ebrei, e anche in una certa sinistra soffia il vento del pregiudizio. E continuerà a imperversare, quest’aria ostile, seppure con intermittenza. Questa è una prima, fondamentale osservazione che si trae dalla lettura del testo di Dreyfus. L’antisemitismo, per lo meno a sinistra, procede per onde di diseguale altezza. Ha momenti in cui s’aggrava e altri in cui cede e s’affievolisce. Ma torna, periodicamente, e pare ingrossarsi in occasione di crisi e tensioni economiche. È il modello, antico, del capro espiatorio e della reazione xenofoba, da cui nessuna corrente politica pare immune. O meglio, l’ostilità antiebraica ha una pervasività sodale che le permette, in certe condizioni, di superare i confini tra ideologie e anche le barriere tra gruppi di censo. Così il libro delinea la crescita di atteggiamenti e discorsi antisemiti nel movimento socialista tra gli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento, cui segue una fase di “magra”, dopo l’Affaire Dreyfus e la decisiva presa di posizione di Émile Zola. Poi un nuovo picco negli anni Trenta del XX secolo e al tempo della Repubblica di Vichy, in occasione di una più generale, tragica recrudescenza dell’antisemitismo in buona parte del Vecchio continente. Altra flessione, come reazione all’immane tragedia della Shoah, e successiva intensificazione agli inizi del XXI secolo, con il sorgere, secondo alcuni, di una nuova “giudeofobia” dopo la seconda intifada. Dreyfus contesta tale percezione del tutto negativa dell’ultimo periodo e, in ogni caso, non ritiene che la sinistra abbia parte determinante nell’ostilità antiebraica in anni recenti. La tesi di fondo è che l’antisemitismo è quasi sempre funzionale e programmatico per l’estrema destra mentre il suo attecchire a sinistra è episodico, legato a quelli che egli definisce “scivoloni”. Saranno pure scivoloni. Ma fanno male, malissimo. Prima si smette, meglio è. A sinistra, di sinistra, dappertutto.
Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica, 13 maggio 2018