STORIA Appartenere, dopo l’espulsione

belongingSimon Schama / BELONGING / Penguin

Cercare di fotografare il lungo viaggio del popolo ebraico attraverso la storia è un’impresa ardua. Un conto è rappresentarne un breve pezzetto, circoscrivendolo ad un unico paese o secolo. Diverso è invece spostarsi nel tempo e nello spazio, partendo delle origini misteriose degli israeliti nell’antichità fino ad arrivare al percorso tortuoso degli ebrei nell’età moderna.
Tutti gli storici normalmente dotati di raziocinio che abbiano deciso di tentare l’impresa sono talvolta caduti in una sorta di fantasticheria mistica nel tentativo di attribuire un senso all’interminabile viaggio e alla travagliata esistenza del popolo ebraico. Yitzhak Baer, storico israeliano nato in Germania, afferma nell’opera Galut (1936), una breve dissertazione sul concetto di esilio nella storia ebraica, che esiste “una forza in grado di lasciare il popolo ebraico fuori da ogni causalità storica”.
Nell’ultimo libro di Simon Schama, Belonging, non c’è traccia di questa forza trascendente. Il volume, secondo di due che coprono 3000 anni di storia, è allo stesso tempo una cronaca a tutti gli effetti realistica degli innumerevoli incontri tra ebrei e gentili, da Sana’a nello Yemen a Savannah negli Stati Uniti, e un resoconto in grado di immortalare con grande maestria l’intera evoluzione della storia ebraica grazie ad un’accurata analisi microstorica dei luoghi in cui gli ebrei si stabilirono.
Nonostante la storia ebraica non sia il suo principale ambito di ricerca, nel primo volume dal titolo La storia degli ebrei: In cerca delle parole, Schama, collaboratore regolare del Financial Times, racconta che suo padre era “fissato con la storia ebraica e con quella britannica allo stesso modo”. Il padre di Schama trasmise al giovane figlio la passione per entrambe, intavolando con lui conversazioni che spaziavano da Disraeli alla condanna di Sabbatai Zevi, falso Messia del XVII secolo originario di Smyrna (da dove partì la ricerca di Schama).
Intorno ai primi anni settanta, il giovane Schama decise di occuparsi dell’ampia ricostruzione storica del popolo ebraico iniziata, e mai conclusa, dall’eclettico storico britannico Cecil Roth. Ma la carriera accademica, gli impegni con le università di Cambridge, Oxford, Harvard e Columbia, e la pubblicazione di oltre una dozzina di importanti monografie gli impedirono di portare a termine il progetto. Solo nel 2009, quando un produttore della BBC gli propose l’idea di realizzare una serie televisiva dedicata alla storia degli ebrei, Schama si interessò nuovamente al tema.
Valeva la pena aspettare. In cerca delle parole è uscito nel 2013, e adesso arriva Belonging, il frutto del lavoro di uno storico di prim’ordine al culmine delle sue capacità creative. Il punto di partenza del libro, l’anno 1492, ci illumina su quello che sarà il principale filo conduttore della vicenda. Lo sguardo dell’autore è in gran parte orientato verso gli effetti sociali e culturali della cacciata degli ebrei dalla Spagna di quell’anno.
Schama comincia parlando del trauma dell’espulsione, quando gli ebrei furono costretti a scegliere tra la conversione al cattolicesimo o l’abbandono forzato della Spagna, la loro seconda Gerusalemme. Entrambe le scelte portarono a percorsi di vita affascinanti, spesso intrecciati tra loro, che Schama esamina con cura. Nel primo caso, la conversione ebbe come risultato il fenomeno del marrano o del cripto-ebreo, che era, secondo una famosa affermazione di Karl Gebhardt, “un cattolico senza fede e un ebreo senza conoscenza”. Uno dei capitoli più suggestivi del libro raffigura la grande dame della storia ebraica moderna, Gracia (nata Beatriz) Mendes-Nasi, che iniziò la sua vita da rispettabile ragazza cattolica in Portogallo per poi lasciare il paese nel 1537 e così sfuggire alle grinfie dell’Inquisizione. In questo modo, poté riappropriarsi dell’eredità di famiglia e vivere da ebrea liberamente.
Il suo viaggio, da Anversa all’Italia e poi all’Impero Ottomano, la condusse attraverso i maggiori centri di sviluppo della diaspora sefardita, o degli ebrei di Spagna, del periodo successivo al 1492. Schama si sofferma sull’argomento per molte pagine, offrendo una valida alternativa alla propensione per l’approccio aschenazita e tedesco propria di una grande porzione della storiografia ebraica precedente. Gran parte di quegli studi avevano individuato le radici della modernità ebraica nella figura di Moses Mendelssohn, maggiore esponente dell’Illuminismo ebraico di Berlino della fine del XVIII secolo, o nei decreti di emancipazione concessi agli ebrei in Francia tra il 1790 e il 1791. Schama non tralascia nessuno di questi capitoli chiave; infatti, indugia a lungo su entrambi, così come su altri momenti cruciali negli annali degli ebrei aschenaziti moderni. Nel contempo, però, asseconda la propria passione per quei luoghi tanto cari ai lettori delle sue opere precedenti: l’Olanda e l’Inghilterra.
In Belonging abbondano le descrizioni di affascinanti figure sefardite come il marrano portoghese Uriel da Costa (1585-1640), il filosofo ribelle Benedict (Baruch) Spinoza (1632-77) o il leggendario pugile inglese Daniel Mendoza (1764-1836). Schama raffigura queste personalità ed il contesto in cui operano con un tocco barocco: elaborato, ricercato, estremamente suggestivo, in grado di risvegliare i sensi. Ciò che qui entra in gioco è l’immaginazione fervida e persino artistica di un grande storico, che impregna ogni singola pagina del testo.
Si tratta di un esempio di ciò che il filosofo e teorico britannico della metà del diciannovesimo secolo R.G. Collingwood chiamava il tentativo di “ricostruzione” dello storico. Schama, dal canto suo, non è un teorico, e Belonging non si pronuncia sul metodo storico. Non c’è neppure una tesi finale che spieghi la capacità degli ebrei di sopravvivere, adattarsi e progredire.
Ciononostante, con una grande varietà e delle straordinarie capacità di sintesi, Schama racconta il dramma della storia ebraica. Affrontando il discorso sul genio commerciale degli ebrei, il movimento dell’Illuminismo ebraico, lo sviluppo dell’antisemitismo e l’avvento del sionismo, sottolinea che gli ebrei sapevano come muoversi tra le opportunità culturali e sociali che le popolazioni locali offrivano loro e il veleno dell’antisemitismo. Tra questi due poli, ovvero tra la loro inaspettata crescita culturale e l’antisemitismo, risiedeva la vita ebraica in tutte le sue vivaci, variegate, caotiche forme moderne. In Belonging, Schama riproduce minuziosamente quelle molteplici forme culturali. Il suo più grande contributo è quello di aver dimostrato quanto incredibilmente povero sarebbe il mondo senza gli ebrei.

David N Myers, Financial Times
Traduzione di Arianna Mercuriali, studentessa della Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori dell’Università di Trieste, tirocinante presso la redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane