Conte a capo del governo, Mattarella prende tempo
La Lega e Movimento Cinque Stelle hanno svelano ufficialmente il nome del premier indicato dai due partiti: si tratta di Giuseppe Conte, docente di diritto privato. “Sarà un premier politico di un governo politico. Era nella mia squadra e lo hanno votato u milioni di persone”, ha affermato il leader Cinque Stelle Luigi Di Maio, rispondendo ai giornalisti che sottolineano come Conte non è tra gli eletti e fino a pochi giorni fa era sconosciuto agli elettori di entrambi i partiti. Intanto, scrive il Corriere, il presidente Mattarella ha avvertito Lega e Cinque Stelle “su quanto sia alto il livello di preoccupazione per i conti pubblici e i risparmi degli italiani” e “si è preso una pausa di riflessione. L’incarico a Conte sembra ormai scontato, ma l’allungarsi dei tempi (tra stasera e giovedì), rivela come il capo dello Stato voglia avere garanzie ulteriori sui ministeri chiave, a cominciare dall’Economia”. Senza alcuna base politica o esperienza di governo, scrive invece il New York Times, “la principale qualifica di Conte potrebbe essere la sua volontà di realizzare un’agenda di governo concordata dai leader dei partiti populisti. Tale agenda, che chiede la revoca delle sanzioni contro la Russia, la revisione delle regole di bilancio e la repressione dell’immigrazione, ha già fatto impennare i mercati europei e ha sollevato la preoccupazione che l’erosione dell’Unione europea possa provenire dall’interno dal nucleo dell’Europa occidentale”. Il quotidiano americano ha inoltre contattato la New York University riguardo a quanto dichiarato da Conte nel suo curriculum, ovvero di aver “perfezionato” i suoi studi giuridici nel 2008 e nel 2009 presso l’università newyorkese. La portavoce dell’accademia ha però spiegato di non avere trovato traccia della presenza di Conte né come insegnante né ricercatore né come studente.
L’Iran e le sanzioni Usa “senza precedenti”. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha elencato 12 condizioni che il regime iraniano dovrà rispettare per discutere un nuovo accordo sul nucleare ed evitare “sanzioni senza precedenti”. “Teheran deve semplicemente rinunciare al suo programma nucleare; – ha dichiarato Pompeo – aprire ai controlli dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica; interrompere i piani sui missili balistici; tagliare il finanziamento a Hezbollah e alla Jihad islamica palestinese; ritirarsi dalla Siria, dallo Yemen, dall’Iraq; smettere di minacciare Israele, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi; liberare i prigionieri americani”. In cambio “siamo pronti a ristabilire normali relazioni diplomatiche; a fornire aiuti economici; a trasferire tecnologia”, le parole di Pompeo riportate dal Corriere.
L’Iran e l’Italia. La dura politica dell’amministrazione Trump verso Teheran, investe anche l’Italia, spiega La Stampa, “perché l’interscambio con l’Iran vale 5 miliardi di euro, 2 miliardi di esportazioni e 3 di import (essenzialmente greggio). E la partita è ben più importante perché investe anche una miriade di pre-contratti già sottoscritti da più aziende e rimasti finora lontano dai riflettori. Nell’ultimo anno più volte Washington aveva avvertito l’Italia sui rischi a cui andava incontro in Iran, ma gli appelli sono caduti nel vuoto. Il potenziale di investimento complessivo ha così superato i 27 miliardi di euro, portando il totale a rischio oltre i 30 miliardi”.
Gerusalemme. Anche il Paraguay, dopo Stati Uniti e Guatemala, ha trasferito la sua ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Ne scrive in breve Libero, che aggiunge come anche l’Honduras dovrebbe seguire l’esempio “e probabilmente annuncerà la nuova apertura della sua ambasciata nelle prossime settimane”. Riguardo a Gerusalemme, Repubblica ospita un duro editoriale a firma di Mario Vargas Llosa (pubblicato originariamente su El Pais), profondamente critico della politica di Netanyahu e Trump. “Ho molti amici in Israele, soprattutto scrittori, e ho difeso molte volte il suo diritto all’esistenza, dentro frontiere sicure, e ho auspicato un modo di coesistere pacificamente con il popolo palestinese”, scrive il Premio Nobel che però chiosa affermando che a suo avviso “non sono i palestinesi il pericolo maggiore per il futuro di Israele, ma Netanyahu e i suoi seguaci, e il sangue che spargono”.
Segnalibro. Presentato al Teatro Parenti di Milano il nuovo libro di Gabriele Nissim “Il bene possibile” (Utet). “Nissim con i suoi libri invita all’azione. Mi ha nominato ambasciatrice della sua onlus, Gariwo, e ogni giorno mi chiedo cosa io possa fare per il bene”, afferma la direttrice del Teatro Andrée Ruth Shammah. “Con la sua onlus lo scrittore – spiega Repubblica Milano parlando di Nissim – vorrebbe aprire un Giardino dei Giusti in tutte le capitali europee. A Milano esiste già ed è al Parco Monte Stella”.
Bernard Lewis (1916 – 2018). Diversi quotidiano ricordano oggi la scomparsa del noto storico e orientalista britannico Bernard Lewis. “La sua figura – scrive Claudio Vercelli sul Manifesto – è ricordata soprattutto per il confronto secco, a tratti tagliente, con una parte degli orientalisti e degli arabisti, dai quali si differenziava, spesso facendo scuola a sé, nei giudizi rispetto al mondo islamico. Da un lato la sua vicinanza con Israele, paese nel quale trascorse una parte della sua vita, dall’altro la severità delle valutazioni che faceva proprie rispetto alle trasformazioni in atto nelle società musulmane, furono ragione di ripetute contrapposizioni con alcuni dei suoi colleghi”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked