BIENNALE ARCHITETTURA I luoghi del sacro e la geografia del miracolo
Per la Biennale architettura, che giunge quest’anno alla sedicesima edizione, una nuova prova di maturità proprio nella stagione in cui l’interesse delle masse e i consumi culturali si orientano a comprendere sempre meglio il ruolo fondamentale dell’architettura e dell’urbanistica. Il Padiglione di Israele, allestito dai curatori Ifat Finkelman, Deborah Pinto Fdeda, Oren Sagiv e Tania Coen-Uzzielli, presenta nel prestigioso quadro del padiglione nazionale ai giardini di Castello la mostra In statu quo: structures of negotiations. Usando l’architettura come disciplina di analisi, la mostra esplora il meccanismo dello Status quo che è stato istituito nel diciannovesimo secolo per regolare i conflitti e facilitare la coesistenza nei luoghi santi. Nella mostra i visitatori si spostano attraverso cinque siti sacri che mettono in evidenza il fragile sistema di convivenza nella regione. Ogni sito sacro rivela diverse problematicità e mette in luce le rivendicazioni territoriali che nel corso dei secoli hanno reso, alcuni di essi, i siti più significativi e stimolanti. Proprio per questa loro caratteristica, sono esaminati in tale contesto.
COREOGRAFIA
La Chiesa del Santo Sepolcro
Al primo piano della mostra è presentata la chiesa del Santo Sepolcro: un rarissimo modello che la riproduce e codifica, attraverso i colori, la divisione dello spazio sacro tra le diverse comunità cristiane. Questo antico modello in legno, opera dell’architetto tedesco Conrad Schick (1822-1901) – l’unico che esista al mondo – sarà presentato per la prima volta al di fuori di Israele nel contesto di una mostra. La chiesa del Santo Sepolcro, destinazione di pellegrinaggio già dal quarto secolo, è stata segnata da conflitti tra le denominazioni cristiane in competizione per la proprietà del sito e per i diritti di culto. Lo Status Quo nella chiesa fu istituito ed è riformulato fino ad oggi per controllare e dare una soluzione alla rivalità tra le varie chiese, delineando gli spazi e i tempi tra le sei comunità cristiane in competizione. Una proiezione multimediale, che include dati ed immagini, funge da calendario di eventi che presentano il ritmo dell’alternanza delle cerimonie delle varie comunità ed esemplifica la meticolosa divisione spaziale e temporale che permette ad ogni comunità di celebrare, nei luoghi di proprietà comune, riti e cerimonie religiose. L’ASCESA La salita del Mughrabi – Mughrabi ascent The Ascent, un cartone animato co-diretto e illustrato da David Polonsky – l’artista che ha illustrato il film/cartone animato documentario sulla guerra del Libano di Ari Folman, Walzer con Bashir – illustra il ponte dei Mughrabi, che costituisce l’unica entrata per non musulmani che conduce sulla spianata del Tempio / Haram al-Sharif / Al-Aqsa. In seguito al crollo dello storico sentiero, a causa del maltempo e di un piccolo sisma nel 2004, una passerella di legno è stata costruita dalle autorità israeliane come soluzione temporanea, scatenando una serie di disaccordi sulla legittimità di una tale costruzione da parte dello Waqf arabo. Da allora varie proposte sono state prese in considerazione per la costruzione permanente di un passaggio, ma nessuna ha soddisfatto le richieste delle parti in conflitto. Il ponte di legno nella sua “temporaneità permanente” propone una soluzione politica non risolta e mostra come si creano nuovi monumenti che diventano agenti attivi nel conflitto territoriale.
PROGETTO
IL Muro occidentale
Dopo l’abbattimento del quartiere Mughrabi alla fine della Guerra dei Sei Giorni nel giugno 1967, l’area del Muro Occidentale, luogo sacro per gli ebrei, divenne improvvisamente un’enorme piazza quadrata. Al terzo piano della mostra i visitatori possono ammirare modelli tridimensionali realizzati su proposte architettoniche che sono state create nel corso di questi cinquanta anni da vari architetti. Il team del padiglione israeliano ha scelto nel corso del tempo dieci tra i progetti più accattivanti per ricostruire uno spazio adeguato di fronte al Muro, tra cui quelli di Louis Kahn, Isamu Noguchi, Moshe Safdie e Superstudio. Per ogni progetto, il team ha creato modelli stampati in 3- D. Di fronte ai modelli, è proiettata in diretta streaming la realtà quotidiana al Muro Occidentale, evidenziando la dicotomia tra presente e progetti futuri mai realizzati. SCENOGRAFIA La tomba dei Patriarchi La Tomba dei Patriarchi, identificata dai musulmani come la Moschea Ibrahimi, è presentata al terzo piano della mostra, adiacente ai modelli del Muro Occidentale. Il sito è riconosciuto come la sede effettiva delle tombe dei tre grandi patriarchi e delle loro mogli, storicamente un luogo di culto per ebrei e musulmani. Il sito è diviso ermeticamente per l’uso separato di entrambe le religioni; gli ebrei hanno accesso alle sue sale meridionali, e i musulmani sono limitati alla sua parte settentrionale. Tuttavia, 20 giorni all’anno durante le occasioni festive delle due religioni, e sotto lo stretto controllo militare, il sito passa per solo 24 ore ad essere luogo sacro per una delle due comunità, consentendo ad ogni religione il pieno utilizzo di tutte le camere della tomba. In poche ore, la sinagoga viene svuotata da tutti gli oggetti cerimoniali ebraici e diventa moschea; la stessa operazione avviene viceversa durante le festività ebraiche. L’artista israeliana Nira Pereg ha creato un’installazione video, Abraham Abraham e Sarah Sarah, proiettata su due pareti differenti. Il video mostra i movimenti e gli spostamenti che avvengono durante questi giorni: un intenso rituale sia dal punto di vista ebraico che da quello musulmano.
IL TERRITORIO
La tomba di Rachele
Proseguendo attraverso la mostra, i visitatori raggiungono il sito sacro finale, la Tomba di Rachele. La Tomba di Rachele è considerato il luogo di sepoltura della matriarca biblica Rachele. In origine la sua posizione sul lato della strada ha consentito l’accesso diretto per molti anni a tutti i fedeli ed è stato considerato un luogo sacro condiviso dalle tre religioni. La Tomba di Rachele oggi non è più un santuario accessibile; il Muro, che la divide dalle città di Betlemme e Gerusalemme, la isola e risulta come una fortezza nel paesaggio che è accessibile solo dalla parte israeliana escludendone l’accesso dei palestinesi. La Tomba di Rachele e i suoi dintorni possono essere paragonati a un palinsesto, in cui rimangono solo tracce della sua forma originale. In questa porzione della mostra, la trasformazione della tomba di Rachele, da uno spazio aperto in un’enclave chiusa, è presentato attraverso l’animazione di un disegno architettonico che evidenzia i cambiamenti nel corso degli anni, insieme a tre film che mostrano la zona della tomba nei vari periodi dall’inizio del ventesimo secolo fino ad oggi. In Statu Quo segue i processi, le decisioni e le azioni attraverso cui i luoghi sacri si configurano “monumentali”. Suggerisce non solo l’uso strumentale dell’architettura nelle varie rivendicazioni del conflitto, ma anche la sua capacità di negoziare tra diverse identità attraverso gli spazi e la progettualità dell’architettura.
Spazio di libertà e modello di democrazia, polveriera di contraddizioni e orizzonte di sperimentazione. Israele torna alla sedicesima edizione Biennale architettura che da Venezia caratterizzerà questa stagione culturale, con un padiglione nazionale di straordinario interesse. In Statu Quo: Strutture della Negoziazione è il tema scelto da Ifat Finkelman, Deborah Pinto Fdeda, Oren Sagiv e Tania Coen-Uzzielli per tracciare i complessi meccanismi e i delicatissimi, fragili e preziosi equilibri che regolano l’esistenza dei luoghi sacri che si trovano in Medio Oriente. Un sistema di coesistenza che a volte vacilla, ma molto più spesso consente a fedi diverse e umanità diverse di convivere in pace e nella tolleranza della libertà di religione. E una lezione di architettura e di urbanistica che va ben al di là dello studio per specialisti. In un ventunesimo secolo in cui le religioni disegnano le carte geografiche del mondo e delle città e condizionano i punti nevralgici delle società, le tensioni e le instabilità geopolitiche, l’architettura della coesistenza fra le identità e le fedi è un tema centrale e con la sua mostra il laboratorio Israele si mette al centro di una Biennale sempre più capace di affermare che i problemi dell’architettura sono nella società che viviamo: un percorso obbligato per comprendere cosa accade e per perseguire le nostre speranze. Cinque i maggiori siti sacri che attraverso l’esposizione è possibile rileggere non solo nelle loro insuperabili suggestioni artistiche e paesaggistiche, ma anche da quello della politica e della socialità, del difficile equilibrio tagliato su misura e spesso combattuto che regola la vita di ciascuno di essi.
Pagine Ebraiche, giugno 2018