Machshevet Israel – Bioetica, il corpo umano tra regole e identità
Il differente rapporto tra simbolico (o normativo) e concreto (o corporeo) che a mio avviso, come scrivevo, si può riconoscere sotteso al Brith Milà e al Bar Mizvà – dove nel primo caso il simbolico è chiamato a orientare e, letteralmente, incidersi sul corporeo laddove, nel secondo, è una dinamica fisiologica (la crescita) a essere rielaborata simbolicamente – mette sulle tracce di una problematica che esula dall’ebraismo riguardando il modo in cui l’uomo decide di gestire i rapporti tra i propri ideali e valori, da una parte, e le esigenze concrete – che l’uomo ha in quanto animale – dall’altra. Ora a queste esigenze, forse riassumibili sotto il sintagma del conatus essendi, impulso alla vita e al benessere (salute, riproduzione…), la tecnica medica moderna ha fornito sempre più risposte, con una proporzionale crescita delle nostre aspettative – parlando del ‘noi’ occidentale. Il confronto tra le esigenze corporee (vitali e non), e relative tecniche mediche, e i differenti valori che abitano l’Europa costituisce lo sfondo di ogni dibattito bioetico – che acquista poi profondità specifica rispetto ai distinti campi. È indubbio che anche su questi temi si giocherà il futuro dell’Europa, e non solo. Ma, appunto, cos’è l’Europa? In via negativa si potrebbe rispondere indagando la portata di senso che ancora denota la sconfitta del nazifascismo, sulle cui macerie esistiamo. Il Codice di Norimberga è pietra miliare in materia di consenso informato, per esempio. Più in generale, forse, l’analisi della natura dell’abuso della tecnica medica in ambito nazifascista può fornire degli strumenti atti a individuare un punto di equilibrio tra alcuni nostri ideali – in particolare: gli ideali umanistici – e le possibilità che, costantemente, ci vengono offerte dal sapere tecnico e scientifico. Forse, ebraicamente, un punto di equilibrio tra il dovere di migliorare il mondo, comprese le nostre condizioni di esistenza, e il dovere di limitare la nostra presa sull’esistente. Limite che proprio il Brith Milà, secondo molti, rappresenta. Temi, dunque, non inediti che pongono in luce come sotteso al dibattito bioetico vi sia l’irrisolta tensione tra ciò che l’ambito normativo impone alle esigenze naturali e ciò che l’ambito normativo recepisce da queste ultime. I progressi della tecnica, da questo punto di vista, non possono che rinnovare il quesito, diversamente ripreso nella filosofia, sui rapporti tra regole e norme – da una parte – e identità, singole e collettive, dall’altra. Se non possiamo sfuggire a questo costante processo di autopoiesi, possiamo tuttavia trovare dei momenti per guardare, riflettere. In questa riflessione l’esperienza ebraica – eterogenea, ma accomunata da una riflessione sul ruolo degli imperativi (le mitzvot in senso lato) nella costituzione dell’identità di ciò che è ‘uomo’ e sulla memoria della biopolitica nazista – ha una o più cose da dire.
Cosimo Nicolini Coen