Qui Trieste – Redazione ApertaDiaspora ebraica, un popolo resiliente
La capacità del popolo ebraico di attraversare i millenni, spostandosi in ogni parte del globo, ma mantenendo sempre la propria identità. È il punto di partenza del lavoro presentato in occasione di Redazione Aperta dall’assessore al Bilancio UCEI Davide Romanin Jacur, realizzato per l’ultima edizione della Giornata europea della Cultura ebraica a Padova. “Movimenti diasporici del popolo ebraico nel corso dei secoli”, il titolo dell’approfondito studio in cui si tracciano i vari percorsi seguiti dagli ebrei a partire dall’anno 722 a.e.v. con la conquista da parte degli Assiri del Regno di Israele fino al giorno d’oggi. Il tutto illustrato anche da chiare mappe e infografiche.
“Da sempre si identifica con la parola Diaspora la dispersione del popolo ebraico, avvenuta dopo la conquista di Gerusalemme e la distruzione del Secondo Tempio da parte delle truppe Romane di Tito, nel 70 dopo Cristo. – spiega Romanin Jacur nell’introduzione – Nella mia grande ignoranza e sulla base dei racconti storici “facilitanti” che vengono fatti agli studenti, ero convinto fosse quella ‘la madre di tutte le migrazioni’; addirittura il film che mi ero fatto, o quanto pensavo di aver capito, vedeva un decreto imperiale mirato ad espellere tutti gli Ebrei dalla Palestina romana; e, conseguentemente, dei flussi di migranti che avessero percorso via terra le coste africane del Mediterraneo, dei flussi via mare che fossero approdati in Puglia, Sicilia, o Provenza, altri flussi via terra verso nord, fino a scavalcare il Caucaso e verso l’attuale Russia. Come vedremo, niente di più invero ed arbitrario. Ho ritenuto, invece, che per assolvere alle domande che mi ponevo, fosse necessario ampliare lo studio (e la relativa esposizione) a tutte le diaspore, migrazioni e dispersioni che sono storicamente avvenute; addirittura anche segnalando quelle di segno contrario, ovvero le concentrazioni o i ritorni, ultimi cinque dei quali gli spostamenti quantitativamente importanti verso la Palestina, poi Stato di Israele”.
“Mi piace far notare – sottolinea in chiusura dello studio Romanin Jacur, dopo aver rappresentato i diversi luoghi delle migrazioni ebraiche e la loro consistenza – come vi abbia precedentemente nominato ben 73 Paesi toccati dai flussi migratori ebraici; e, sicuramente non sono tutti, in quanto in almeno altri 20 Stati sono personalmente al corrente che vi siano degli Ebrei; tra le tante isolette-stato dei Caraibi e dell’Oceano Pacifico, nuove configurazioni dell’Africa e dell’Asia o dell’ex Unione Sovietica, ci sono senz’altro Stati che non ho nemmeno preso in considerazione. Considerando allora che gli Stati membri delle Nazioni Unite sono attualmente 193, possiamo affermare che le migrazioni abbiano portato il Popolo Ebraico in molto di più della metà del mondo”. Il segno di una capacità di resilienza coltivata nel corso dei secoli, nonostante le innumerevoli avversità, tra persecuzioni ed espulsioni.