Qui Roma – La Chiesa e il 1938
Una due giorni di studio dal titolo “Chiesa, fascismo ed ebrei: la svolta del 1938”, per ragionare su un tema controverso, molto indagato dagli storici. Il convegno, partecipato da un folto pubblico, in corso presso la Società Dante Alighieri, che l’ha organizzato in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano e l’Università per Stranieri di Perugia. Ad aprire i lavori il saluto del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Originario della provincia di Firenze, Bassetti ha ricordato le azioni in favore degli ebrei del cardinale Elia Dalla Costa e di Ugo La Pira. Durante la seconda giornata di lavori, è invece intervenuto in rappresentanza dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il Consigliere Davide Jona Falco. “Siamo grati agli organizzatori di questo importante Convegno di aver posto al centro dell’attenzione, con coraggio e profondo senso civico, le responsabilità, i silenzi e le criticità della Chiesa Cattolica verso il problema ebraico negli anni del fascismo e del nazismo, a seguito dell’emanazione delle famigerate leggi razziali del 1938″.
“Leggi razziali, o come sarebbe più giusto dire, leggi razziste, di cui quest’anno si ricorda l’80 anniversario e di cui mai come quest’anno si percepisce ovunque un’attenzione maggiore e una riflessione più profonda per individuare soprattutto quelle responsabilità che gran parte della società civile sente ricaderle addosso”. Il messaggio letto da Jona Falco, che ha poi ricordato come “Il problema storico del rapporto tra chiesa cattolica con nazismo e fascismo è ormai da molti anni dibattuto, in particolare si analizzano gli atteggiamenti del Vaticano nei confronti delle leggi razziali e dello sterminio degli ebrei. Si è soliti rimproverare alla Santa Sede la sostanziale “neutralità” di fronte a un crimine enorme come l’olocausto: i silenzi di papa Pio XII e della gerarchia cattolica pesano ancora oggi come terribili macigni. Ma, parallelamente, non possiamo ne’ dobbiamo dimenticare che molti preti e parroci e molti fedeli laici e religiosi, si mossero con carità e rischiarono la vita – e talvolta la persero- per aiutare i perseguitati dal nazismo e dal fascismo e per nascondere nei conventi ebrei in fuga dalle retate e dalle deportazioni. E questo non cambia il quadro generale dei fatti: la gerarchia cattolica, la Santa Sede, il papa stesso manifestarono la loro condanna pubblica, quando ci fu, in maniera così allusiva e diplomatica da risultare incomprensibile al popolo dei fedeli”.
“Come cattolico italiano, so che i cattolici avrebbero potuto fare di più. Purtroppo, non c’era stato ancora il Concilio Vaticano II”, ha detto Bassetti. “Oggi c’è un clima molto diverso, la coscienza del legame tra noi cattolici e gli ebrei è diventato un fatto di popolo, diffuso e radicato. Un profondo vincolo, di cui pochi, negli anno ’30 erano consapevoli. C’è oggi l’impegno della Chiesa contro ogni forma di antisemitismo, impegno espresso anche nella dichiarazione Nostra Aetate. Siamo tutti chiamati ad approfondire la storia di quegli anni difficili, consapevoli del valore della Memoria.”
Molti gli interventi nelle tre diverse sessioni di studio, moderate rispettivamente dal presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo e dagli storici Roberto Morozzo della Rocca e Adriano Roccucci. Tra questi, le approfondite riflessioni del presidente della Società Dante Alighieri Andrea Riccardi.
Il convegno nasce dalla necessità di mettere a fuoco i motivi per cui gran parte della popolazione italiana rimase indifferente di fronte alla sorte degli ebrei perseguitati. Perché l’opinione pubblica cattolica non espresse condanne esplicite delle leggi del 1938? E quali furono le posizioni dell’episcopato italiano? E ancora, come la Chiesa, nelle sue molte articolazioni, reagì alla svolta antisemita del fascismo e all’adozione di politiche razziali? Ad approfondire il tema nella due giorni di full immersion, gli storici e studiosi Lucia Ceci, Valerio De Cesaris, Philippe Chenaux, Paolo Borruso, Gabriele Rigano, Peter Rohrbacher, Raffaele Perin, Alessandro Bellino, Simon Levis Sullam, Nina Valbousquet, Gianni La Bella, Alessandro Persico.
Di seguito il testo dell’intervento letto dal Consigliere UCEI Davide Jona Falco
Siamo grati agli organizzatori di questo importante Convegno di aver posto al centro dell’attenzione, con coraggio e profondo senso civico, le responsabilità, i silenzi e le criticità della Chiesa Cattolica verso il problema ebraico negli anni del fascismo e del nazismo, a seguito dell’emanazione delle famigerate leggi razziali del 1938.
Leggi razziali, o come sarebbe più giusto dire, leggi razziste, di cui quest’anno si ricorda l’80 anniversario e di cui mai come quest’anno si percepisce ovunque un’attenzione maggiore e una riflessione più profonda per individuare soprattutto quelle responsabilità che gran parte della società civile sente ricaderle addosso.
Mai come quest’anno in tutte le sedi istituzionali si da’ corso a riflessioni, convegni, seminari di studio sul tema delle leggi razziali e sulla responsabilità di molte parti della società civile in quello che è accaduto-
E quest’anno gli ebrei italiani sono impegnati su diversi fronti per far capire che le leggi razziali non sono state un problema degli ebrei, ma un problema dell’intero paese.
Il problema storico del rapporto tra chiesa cattolica con nazismo e fascismo è ormai da molti anni dibattuto, in particolare si analizzano gli atteggiamenti del Vaticano nei confronti delle leggi razziali e dello sterminio degli ebrei.
Si è soliti rimproverare alla Santa Sede la sostanziale “neutralità” di fronte a un crimine enorme come l’olocausto: i silenzi di papa Pio XII e della gerarchia cattolica pesano ancora oggi come terribili macigni.
Ma, parallelamente, non possiamo ne’ dobbiamo dimenticare che molti preti e parroci e molti fedeli laici e religiosi, si mossero con carità e rischiarono la vita – e talvolta la persero- per aiutare i perseguitati dal nazismo e dal fascismo e per nascondere nei conventi ebrei in fuga dalle retate e dalle deportazioni.
E questo non cambia il quadro generale dei fatti: la gerarchia cattolica, la Santa Sede, il papa stesso manifestarono la loro condanna pubblica, quando ci fu, in maniera così allusiva e diplomatica da risultare incomprensibile al popolo dei fedeli.
Ma l’antisemitismo cristiano è, per lo più , religioso, non basato sul concetto di razza come nell’ideologia nazista-fascista. Ma le tradizioni antisemite cristiane hanno sicuramente rallentato e attenuato una condanna della chiesa di fronte alle leggi razziali.
Con lo scoppio della guerra (1 settembre 1940) e l’invasione nazista della Polonia. lo sterminio degli ebrei diventa un crimine inaudito per dimensioni (alla fine si valutano 6 milioni di morti) e modalità (non viene risparmiato nessuno: bambini, donne, malati vecchi).
Ed ecco la domanda che da sempre tormenta il mondo ebraico, così come il mondo cattolico
La Santa Sede sapeva? Sicuramente aveva informazioni precise, dal clero polacco e da molte altre fonti, ma scelse un atteggiamento di neutralità, e non condannò pubblicamente lo sterminio.
Molti cristiani, inclusi clero e suore, si impegnarono concretamente per proteggere e salvare ebrei e perseguitati, ma molti rimasero incerti o indifferenti. Ma soprattutto colpiva il silenzio della gerarchia e del papa.
Pio XII aveva consapevolezza delle critiche a cui si esponeva con i suoi silenzi? Sicuramente sì. Ma era preoccupato – egli afferma – di non aggravare, con interventi ufficiali, la situazione per le vittime.
Questo è l’argomento che anche oggi viene utilizzato dai difensori del papa: se avesse parlato sarebbe stato peggio, anche se è difficile immaginare qualcosa di peggio di quello che stava accadendo agli ebrei nel 1943.
Ovviamente è un argomento che non può essere confermato o smentito, non sapremo mai se è una auto giustificazione che nasconde paura ( Hitler aveva minacciato di occupare il Vaticano), preoccupazione per gli interessi della chiesa, in particolare della chiesa cattolica tedesca, o accondiscendenza.
È difficile dare delle risposte ma è già importante che se ne parli che si dica apertamente e si rifletta su che cosa è stato quel tremendo periodo, perché non si ripeta mai più