Israele e l’alleanza mediorientale per contrastare il pericolo Iran
Sul fronte interno, in Israele l’attenzione è concentrata sulle elezioni del prossimo 9 aprile. Di queste ore una notizia che potrebbe avere effetti dirompenti sul risultato alle urne: il procuratore generale Avichai Mandelblit non rinvierà a dopo le elezioni la sua decisione sulle accuse a carico del Primo ministro Benjamin Netanyahu. “Sarebbe una violazione del principio di uguaglianza di fronte alla legge”, ha scritto il procuratore Mendelblit in una lettera inviata al team legale di Netanyahu. Mandelblit ha spiegato di aver finito di esaminare le prove. Ora è il turno di decidere sull’incriminazione, una scelta che dovrebbe essere annunciata il mese prossimo e che evidentemente inciderà sulla fiducia dell’elettorato israeliano nei confronti dell’attuale Premier. Primo ministro che intanto si prepara ad incontrare la delegazione americana che si occupa del processo di pace: il 13 e 14 febbraio a Varsavia ci sarà infatti la conferenza sul Medio Oriente, a cui – oltre a Netanyahu – dovrebbero partecipare il consigliere di Trump sul Medio Oriente Jared Kushner e l’inviato speciale Jason Greenblatt con l’obiettivo di incontrare funzionari stranieri per discutere il piano di pace israelo-palestinese dell’amministrazione Usa. Un piano che non è ancora stato svelato e non lo sarà fino a dopo il 9 aprile. “Tra i funzionari stranieri presenti ci saranno Netanyahu e i ministri degli esteri di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Oman e Giordania. – scrive il giornalista israeliano Barak Ravid – I palestinesi e gli iraniani non sono stati invitati. Uno degli obiettivi dell’amministrazione Trump nello sviluppo del suo piano di pace è quello di riscaldare le relazioni tra Israele e gli Stati del Golfo”. Per cui questo sembrerebbe l’obiettivo di Varsavia, anche per rafforzare il fronte contro il nemico comune, l’Iran. Il regime di Teheran in queste ore ha dato il via alle celebrazioni per i 40 anni dalla rivoluzione islamica che ha portato l’ayatollah Ruhollah Khomeini al potere: celebrazioni in cui non è mancato il solito canto di morte contro Israele, un disco rotto già sentito da anni. Ogni intimidazione e minaccia è stata respinta al mittente: l’esercito israeliano ha dimostrato di non voler fare sconti, colpendo ripetutamente le milizie di Teheran e i suoi alleati in Siria, tra cui si annoverano i terroristi di Hezbollah. Al movimento libanese si è rivolto il nuovo capo di Stato maggiore israeliano Aviv Kochavi: “a poche decine di chilometri da qui, oltre il nostro confine settentrionale, c’è un’organizzazione terroristica destinata a danneggiare Israele e la sua resilienza, un’organizzazione che si sforza di usare armi di precisione puntate contro di noi, mira a invadere il nostro territorio e lanciare razzi e missili contro i civili israeliani, violando palesemente gli accordi internazionali e le regole della guerra”, ha detto Kochavi. “L’Idf continuerà ad agire contro il radicamento dell’Iran e del suo alleato Hezbollah alla frontiera settentrionale, e continuerà a contrastare gli attacchi terroristici in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e nella penisola del Sinai”.