Ironia sul fascismo
Ammettiamolo, mai come in questi nostri giorni si è fatto un uso così frequente, navigato e consapevole dell’ironia. Uno strumento delicato, l’ironia, di alta precisione, che, se usato in modo improprio, rischia di esporre chi la impiega di fronte a terribili malintesi. Terribili davvero.
Nell’ironia pericolosa ci si imbatte, ad esempio, quando un vicepresidente di Forza Italia, per puro caso anche presidente del Parlamento europeo, afferma che ‘Mussolini ha fatto anche cose positive’. Ce lo avevano già detto Alessandra, parlando di nonno Benito, e i fan di Alleanza Nazionale e di Casa Pound. Ma in quei casi si poteva anche comprendere, l’amore è cieco. Anche Berlusconi a un certo punto si era avventurato giù per quel dirupo scosceso, bazzicato recentemente anche dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ora ce lo conferma da Bruxelles anche Antonio Tajani, dall’alto del suo scranno europeo. Giusto il tempo per pentirsi e dire che è stato frainteso, che lui intendeva dire altro.
Ne hanno parlato in molti, ma vale la pena ripercorrere il caso per qualche ulteriore riflessione perché si tratta di un esempio di ironia molto ricorrente in questi nostri giorni, un’ironia non manifesta, ma argutamente celata dietro il tono serio e autorevole di colui che la enuncia.
Qui, infatti, l’ironia non è nella palpabile sembianza dell’affermazione di Tajani. L’ironia la si riconosce, palese e manifesta, quando la bestialità del concetto la si inserisce nel suo naturale contesto espositivo e storico, che è un po’ più complesso e completo di quanto il presidente Tajani voglia autorevolmente far credere, e dunque, si comprende non a tutti accessibile. Per esibire tutta la sua carica ironica, infatti, la frase del presidente Tajani dovrebbe essere costruita come segue: “A parte aver conculcato le libertà di un intero popolo, a parte aver abbattuto il sistema democratico di un paese, a parte aver precipitato quello stesso paese nel baratro più profondo trascinandolo in una disastrosa guerra mondiale accanto ai nazisti, a parte il mezzo milione di italiani (militari e civili) morti durante il conflitto (oltre a quelli non italiani uccisi), a parte il crimine del colonialismo italiano in Africa, l’uso dei gas asfissianti e i morti colà provocati, a parte aver approvato le leggi razziali contro gli ebrei, a parte aver fatto confinare e spesso uccidere gli oppositori politici (vedi Matteotti, fratelli Rosselli, etc.), a parte aver collaborato e reso possibile la deportazione, e il massacro, dei deportati nei campi di sterminio nazisti, a parte tutto ciò e altro ancora, ‘Mussolini ha fatto anche cose positive’. Ecco, l’ironia sta tutta in quel minuscolo, inavvertibile, minimalista ‘anche’, solo però se preceduto da tutto quanto lo deve necessariamente precedere e completare. E, naturalmente, per cogliere appieno tutta l’ironia dell’implicito, il mittente del messaggio ironico deve disporre di una bilancia logica appositamente tarata. Insomma, è chiaro che la forza dell’ironia, in questo caso, sta tutta nel silenzio che il signor Tajani ha fatto calare sui crimini e sui misfatti di Mussolini e del fascismo. L’ironia è, alla fin fine, una tecnica retorica raffinata, un caso estremo di understatement, che, in linguaggio più familiare, si definirebbe ‘meiosi’, se il termine non fosse in verità un po’ astruso. Insomma una sorta di eufemismo che sminuisce e abbellisce la realtà per rendertela più accettabile e meno fognaria di quanto in effetti non sia.
Siamo convinti del resto che il presidente Tajani, e tutti coloro che ne condividono l’impegno riduzionista e revisionista, non sarebbe d’accordo se la stessa logica argomentativa la si applicasse al comunismo di Stalin, di Fidel, e di tutti i dittatori di quella risma. Eppure anche Stalin ha lavorato per il popolo con i suoi piani quinquennali, e Castro ha costruito strade e ponti, e incrementato l’industria del tabacco e nazionalizzato il rum Bacardi. Che non è affatto male, anche se gli si può preferire il venezuelano. Messi fra parentesi milioni di morti, i Gulag e il ripopolamento forzoso della Siberia, i falsi complotti dei medici ebrei, le carceri piene zeppe di dissidenti e oppositori politici e presunti tali, l’invasione dell’Ungheria e quella della Cecoslovacchia, anche il comunismo, come il fascismo, è stato una splendida esperienza storica. Varrebbe la pena rivalutarla e resuscitarla, esattamente alla stregua del fascismo.
Ricordo con un sorriso di amarezza il compagno di scuola, di famiglia fascista e convinto fascista lui stesso, che accreditava a Mussolini il grande merito di aver costruito il Ponte Littorio (ora Ponte della Libertà), quello che unisce Venezia alla terraferma. Il ponte preesistente, infatti, solo ferroviario, fu ampliato durante il fascismo con una sede stradale. Ovviamente, non coltivando sentimenti liberali e non avendo subito persecuzioni, il mio compagno fascista si gloriava di quella grandiosa impresa costruttiva, e nulla riconosceva peraltro dei demeriti del fascismo. Ma lui era un giovane ignorante indottrinato in famiglia. Che dire del presidente Tajani? Anche lui non ha studiato la storia?
È curioso come queste uscite sempre più frequenti dei nostri politici a favore del fascismo – pur se con le timide limitazioni del caso, con i se e con i ma e con i relativi successivi ripensamenti e precisazioni e puntualizzazioni – è curioso, dicevo, come queste uscite si ispirino al comune intento di raccogliere consensi a destra. O, a voler essere più disincantati, all’impegno a spostare a destra la coscienza ingenua, superficiale – o semplicemente ignorante – del paese. Una volta lo scopo poteva sembrare quello di pacificare gli spiriti, seppellendo insieme vittime e assassini e ricordandoli tutti indistintamente con una comune preghiera. Ora questo pur infido obiettivo è stato scalzato da quello più biecamente elettorale di raccogliere il massimo di consensi attorno alla più populista delle idee politiche, che contempli anche la figura forte di un dittatore pettoruto e tracotante alla guida di un popolo pecorone.
È tutto accettabile. In un sistema democratico, il popolo sovrano può anche scegliere di attivare il dispositivo dell’autodistruzione, ma la storia, per quanto possa essere reinterpretata, non può essere stravolta. O, quanto meno, per tenere in esercizio la propria lucidità di giudizio, vale la pena di opporsi a chi, con fare ingenuo, cerca di stravolgerla. Per pretendere, poi, che anche gli altri impieghino con lucidità la loro facoltà logiche bisognerebbe innanzitutto credere alla loro buona fede. E, in questo, neppure l’ironia più profonda può soccorrerci.
Dario Calimani, Università di Venezia