La Comunità etiope d’Israele:
“Giustizia per Solomon”

Schermata 2019-07-09 alle 15.15.20Secondo il Dipartimento per le Indagini Interne del Ministero della Giustizia israeliano il proiettile che ha ucciso Solomon Tekah è rimbalzato a terra prima di colpirlo. Dall’indagine in corso sul caso del ragazzo della comunità etiope israeliana ucciso da un poliziotto fuori servizio sarebbe infatti emerso che l’ufficiale avrebbe sparato a terra e il colpo avrebbe poi colpito Solomon. Il capo del Dipartimento Keren Bar Menachem ha incontrato gli avvocati della famiglia di Tekah, che hanno chiesto di vedere i rapporti balistici e i risultati dell’autopsia del giovane. Una richiesta, la replica delle autorità riportata dalla stampa locale, che è stata presa in considerazione e a cui verrà data risposta.
Intanto proseguono le proteste della Comunità etiope d’Israele che denuncia discriminazioni e razzismo ai suoi danni da parte delle autorità e una prolungata emarginazione all’interno della società israeliana. Una situazione che, a fianco della richiesta di giustizia per il caso Solomon, ha generato le violente proteste della scorsa settimana. Proteste che hanno diviso l’opinione pubblica, con alcuni a sostenere le ragioni dei manifestanti e a comprendere il motivo della violenza, altri a considerare il mantenimento dell’ordine pubblico come unica priorità. “La polizia fa tutto il possibile per consentire il diritto di protestare e la libertà di espressione in Israele, ma questo diritto non prevale sul diritto dei cittadini alla sicurezza personale e alla libertà di movimento. La libertà di protestare ha i suoi limiti. – ha affermato nelle scorse ore il ministro della Pubblica Sicurezza Gilad Erdan – Non significa però che non ci siano poliziotti che usano il loro potere nel modo sbagliato. Un poliziotto violento, che non sa come mostrare moderazione, non dovrebbe rimanere nella polizia”. “Ripongo le mie speranze nei giudici del paese ed è loro responsabilità garantire che la giustizia sia fatta. Ho pagato un prezzo alto, la comunità ha pagato un prezzo alto”, le parole del padre di Solomon, Worka Tekah (nell’immagine con la moglie e la foto del figlio).
Asaf Govana, consigliere municipale e leader della comunità etiope israeliana nell’area di Haifa – dove è stato ucciso Tekah – , ha espresso pessimismo rispetto al fatto che l’indagine del Ministero della Giustizia possa portare alla giustizia. Govana ha fatto appello al primo ministro Benjamin Netanyahu affinché prenda provvedimenti per migliorare lo status della comunità etiope. Il grado di insofferenza all’interno della comunità etiope è altissimo e le proteste sono riprese nelle scorse ore, con una particolare partecipazione delle madri di giovani etiopi israeliani con in mano cartelli con la scritta “Mamma, non farmi essere la prossima vittima”, “nello Stato di Israele, essere neri non è un crimine” e “diverso dall’esterno ma lo stesso all’interno”. “Tutte noi qui siamo madri preoccupate, come tutte le madri in Israele che vogliono crescere i propri figli in un ambiente sano e sicuro. I nostri figli non saranno abbandonati e Solomon Tekah non sarà abbandonato”, le parole di Pnina Tamano-Shata, parlamentare di Kachol Lavan, durante una manifestazione a Tel Aviv. “È giunto il momento di guardare a questi problemi ad occhi aperti e di smettere di pensare che siamo noi il problema. Solomon Tekah non è il problema”, le parole di Tamano-Shata.
E nella comunità etiope cresce lo scetticismo nei confronti della versione del Dipartimento per le Indagini Interne sul colpo di rimbalzo: tra coloro che non credono alle autorità, il cugino di Solomon, Amir Tekah. In un’intervista a ynet, Amir ha dichiarato che “questa non è la prima indagine conclusa da cui non arrivano risposte complete”. Ha anche fatto riferimento alle voci sul passato criminale del ragazzo ucciso: “Andiamo a rivedere la loro versione: diciamo che ha commesso degli errori, allora deve essere eliminato? Deve essere sottoposto a una giustizia sommaria? E comunque quel ragazzo era un bravo ragazzo, che aiutava tutti, rispettando i suoi amici e i suoi genitori”. Il fatto che siano circolate notizie – in parte esagerate in parte proprio false – sul passato di Solomon, è, secondo Amir Takah, la dimostrazione che ci sarebbe un tentativo di giustificare il poliziotto che ha sparato al ragazzo. “L’intera comunità si sente così…. Dicono che il ragazzo era agli arresti domiciliari e questo non è vero, mentono, e la gente ci crede”.