Israele, il danno dello stallo politico

Schermata 2020-02-26 alle 12.24.08Le previsioni per lunedì 2 marzo – data delle terze elezioni israeliane in un anno – dicono che nulla cambierà: né Benjamin Netanyahu, leader del Likud, né lo sfidante Benny Gantz, a capo di Kachol Lavan, hanno i numeri per governare. Per la prima volta in settimane però i sondaggi dicono che gli equilibri si sono un po’ spostati a favore di Netanyahu: secondo alcune proiezioni infatti il Likud conquisterebbe 35 seggi mentre Kachol Lavan ne dovrebbe ottenere uno in meno, 34. Una differenza minima che non permette comunque a Netanyahu di avere una maggioranza alla Knesset (il blocco formato da Likud e partiti nazionalreligiosi e haredi rimane infatti al di sotto della soglia necessaria di 61 seggi) ma certifica la capacità dal Premier uscente di rimanere la figura che ha il controllo della politica israeliana: le tre imputazioni a suo carico per corruzione e truffa non hanno intaccato la fiducia dell’elettorato di destra nei suoi confronti, come certificava l’ampia vittoria di Netanyahu alle primarie di partito (oltre 70%). Kachol Lavan non è riuscito a convincere, almeno secondo i sondaggi, gli elettori del Likud che – dopo undici anni – è arrivato il momento di cambiare e detronizzare “re Bibi”. Anzi, la compagine di Gantz è apparsa nelle ultime settimane in difficoltà. “I freni hanno cominciato a stridere il 20 febbraio, – scrive la giornalista israeliana Mazal Mualem – quando è stato reso noto che la polizia indagherà su ‘Fifth Dimension’, una società guidata da Gantz che avrebbe vinto una gara d’appalto in modo improprio. Anche se il procuratore generale Avichai Mandelblit ha sottolineato che Gantz non è coinvolto in questa vicenda, il Likud è riuscito ad attribuire l’odore dello scandalo e della corruzione al partito Kachol Lavan e al suo leader. Avendo incentrato la propria campagna sugli scandali di corruzione di Netanyahu, Kachol Lavan si è improvvisamente trovato sulla difensiva”. E qui la debolezza di una campagna elettorale di Gantz e colleghi ancora una volta incentrata quasi esclusivamente sull’invocare la cacciata di Netanyahu. Il leader di Kachol Lavan, in questi giorni molto sotto i riflettori con interviste su tutti i media, ha spiegato di essere moderatamente preoccupato per il cambio di orientamento nei sondaggi. “Abbiamo mantenuto la calma quando i sondaggi prevedevano una differenza di due o tre seggi a nostro favore, e ora non siamo preoccupati per la differenza che vediamo attualmente, per quanto sia inquietante. Ogni elettore nello Stato di Israele che vuole vedere un cambiamento ha la responsabilità personale di fare il minimo richiesto, andando a votare. Altrimenti, rischiamo di avere un quarto turno di elezioni. Vedo che Netanyahu ci sta portando in quella direzione. Non mi siederò con Netanyahu [nello stesso governo]”. Eppure gli analisti israeliani non vedono molte alternative a un grande accordo tra Gantz e Netanyahu, visto la grande delusione e disaffezione dell’opinione pubblica, stufa di uno stallo che sta costando molto a Israele. “C’è un senso di disperazione”, ha raccontato al New York Times Miri Paperni, 45 anni, una contabile di Rehovot. “Viviamo in una realtà distorta, in cui i nostri leader non fanno il loro lavoro – la testimonianza della donna al Times, in un pezzo dedicato alle disillusioni dell’elettorato israeliano – A loro non importa affatto che il Paese stia cadendo a pezzi, che non ci siano bilanci per niente, che niente funzioni veramente bene. È come se stessimo scivolando giù per un pendio e non ci rendessimo conto che questo sta succedendo a noi. La gente vive la sua vita quotidiana, ma è in caduta libera”.

dr