Un nuovo umanesimo

Il grande complesso concentrazionario di Mauthausen–Gusen, ubicato a est di Linz, fu uno dei più brutali siti di sperimentazione dello sterminio attraverso il lavoro; diverse aziende utilizzavano il lavoro dei deportati per attività mineraria, produzione di armi e munizioni, impianti di assemblaggio degli aerei da combattimento Me262.
Dotato di oltre 50 sub–Campi e con una popolazione di 85.000 deportati, Mauthausen fu tra i pochi Campi fuori dal Governatorato Generale ad aver utilizzato sistemi di uccisione tramite gasazione; Mauthausen e Gusen furono liberati dalle truppe statunitensi il 5 maggio 1945.
L’attività musicale in Mauthausen era tenuta in gran conto soprattutto per quanto concerne i generi di intrattenimento serale a beneficio delle autorità tedesche; allo SS–Hauptscharführer Johann Ullmann e al Kapo Georg Streitwolf spettava sia il coordinamento degli eventi musicali che la censura sui testi del repertorio vocale e corale prodotto dai prigionieri di Mauthausen.
Durante le festività natalizie e pasquali o talora per i compleanni di ufficiali, lo SS–Hauptsturmführer Georg Bachmayer dispose quanto necessario per l’allestimento di revue teatrali con danze e musica spagnola, altresì a beneficio dei deportati; all’organizzazione degli spettacoli parteciparono numerosi deportati spagnoli provenienti da Gurs (colà riparati dopo la Guerra Civile spagnola e trattenuti in internamento dal regime di Vichy) e il tenore italiano Giorgetti del Théâtre du Capitole di Toulouse.
Nell’estate 1944 il ceco Jaroslav Tobiášek assemblò un quartetto d’archi con il quale eseguì i quartetti di L.v. Beethoven presso una selleria di Mauthausen; Tobiášek costituì anche un’orchestra di 20 deportati già professori della Filarmonica di Varsavia e professori d’orchestra spagnoli.
Nel settembre 1941 a Praga, durante le riprese del film Městečko na dlani, la Gestapo arrestò e trasferì a Mauthausen il compositore, attore, scrittore e cabarettista ceco Karel Hašler (foto), già regista presso teatri di cabaret a Praga quali Lucerna e Rokoko nonché autore di 300 canzoni; nel dicembre 1941 Hašler fu torturato a morte, le sue canzoni divennero emblema della resistenza ceca.
Il musicista Remy Gillis, tra i responsabili della Resistenza belga, fu arrestato il 24 aprile 1942 dalla Gestapo a Hasselt e trasferito presso il penitenziario di Anversa, successivamente fu trasferito a Fort Breendonk e nel 1943 a Gusen I; ivi nel marzo 1944 scrisse clandestinamente Chant d’Espoir des Bagnards de Mauthausen su testo del poeta francese Jean Cayrol anch’egli deportato a Gusen I e Si je ne reviens pas (testo presumibilmente dell’autore).
A Gusen I operò una folta schiera di compositori polacchi tra i quali Gracjan Guziński (scrisse Marsz b. więźniów politycznych e Golgoto moja per voce maschile e pianoforte su testi di Konstanty Ćwierk) e Lubomir Szopiński, arrestato l’8 settembre 1939 durante i moti di Danzica (scrisse Dumka su testo di Władysław Kozaczkiewicz e un brano senza titolo per violoncello solo).
Recuperare tutta la musica scritta in Lager e Gulag non è affatto paragonabile a un’operazione di antiquariato; essa costituisce il genoma del nostro futuro Manifesto musicale e – grazie alla Cittadella della Musica Concentrazionaria che si va a costruire a Barletta – impegnerà centinaia di musicisti, cantanti, cori, orchestre, tecnici, studiosi e ricercatori.
Questa musica ci sta rivelando più di quanto osassimo immaginare; mentre il genere umano stava crollando, i musicisti suonavano spronando uomini, donne e bambini a rialzarsi e andare avanti, nella fede assoluta che un giorno quella tragedia sarebbe cessata.
È impossibile immaginare quanto la civiltà umana sarebbe di gran lunga avanti se questa musica fosse circolata all’indomani della liberazione dei Campi di concentramento.
Dal 1933 al 1953, a ogni latitudine dell’universo concentrazionario, i Maestri scrissero la musica dei nostri giorni; non furono Lager e Gulag a modificare l’ispirazione musicale in cattività ma il contrario.
Tali sono le energie che l’ingegno umano mette in gioco per plasmare luoghi, tempi e corso della Storia; come dice Albert rivolgendosi a Chris nel film What dreams may come (1998, diretto da Vincent Ward e interpretato da Robin Williams), “Il pensiero è reale, la materia è illusione”.
Su questo principio potrà fondarsi un nuovo ciclo di vita sociale, un nuovo Umanesimo.

Francesco Lotoro