ISRAELE – L’analista Mizrahi: Pochi giorni per colpire ancora Hezbollah
«L’eliminazione di Hassan Nasrallah, capo del terrorismo di Hezbollah, è un passo molto importante, ma non è tutto», avverte in queste ore il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, lasciando intendere che un’incursione di Tsahal nel sud del Libano è vicina. L’obiettivo è far rispettare ai terroristi la Risoluzione Onu 1701 del 2006, creando una zona di sicurezza fino al fiume Litani, nel Libano meridionale.
Il governo di Benjamin Netanyahu sta valutando se condurre l’operazione via terra e, nel caso, con quanta forza. Gli Stati Uniti sono contrari, ma le pressioni dell’amministrazione di Joe Biden potrebbero non essere sufficienti per far cambiare strategia a Gerusalemme. Secondo il Wall Street Journal, Tsahal ha già avviato delle missioni in territorio libanese per preparare una possibile azione su vasta scala. I soldati israeliani, scrive il quotidiano americano, sono entrati in alcuni tunnel di Hezbollah – un reticolo di centinaia di chilometri – per raccogliere informazioni e colpire alcune postazioni dei terroristi. Il prossimo passo potrebbe essere un attacco massiccio. I vertici militari israeliani ritengono che, per garantire ai residenti del nord di tornare nelle loro case, sarà necessario distruggere le capacità di Hezbollah nella zona di confine e rimuovere la minaccia di un possibile attacco in stile 7 ottobre. Secondo informazioni dell’intelligence di Gerusalemme, il gruppo ha di recente pianificata un’incursione simile a quella condotta di Hamas, ma con una maggior potenza di fuoco.
Anche dopo l’eliminazione di Nasrallah, un successo importante per Israele, la guardia deve dunque rimanere alta, avverte Orna Mizrahi, esperta di terrorismo dell’Institute for National Security Studies. Nonostante il duro colpo, «Hezbollah possiede ancora armi e uomini sufficienti per continuare le sue operazioni e gli eventi recenti hanno solo intensificato la determinazione di chi è rimasto a intensificare il conflitto e a infliggere danni a Israele», sottolinea Mizrahi. Senza una figura apicale, è possibile che ora il movimento si muovi con azioni autonome di singole cellule o fazioni, spiega l’esperta. Inoltre, aggiunge, anche l’Iran potrebbe colpire lo stato ebraico e vendicare la morte del suo più stretto alleato, dopo aver già subito un grave colpo con l’uccisione a Teheran del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh.
Per Mizrahi la situazione sul terreno ora offre delle opportunità a Israele: «Abbiamo una breve finestra per degradare ulteriormente le capacità strategiche dell’organizzazione prima che aumentino le vittime civili e i danni alle infrastrutture e prima che la pressione internazionale aumenti per far cessare le operazioni». Agire dunque sulla linea di quanto preannunciato da Gallant. D’altra parte, prosegue l’analista, è importante sviluppare una strategia di uscita coordinata con gli Stati Uniti per porre fine al conflitto settentrionale, separata dai negoziati in corso sugli ostaggi israeliani a Gaza. «Israele ha ora una maggiore influenza diplomatica, che gli consente di difendere i propri interessi in qualsiasi accordo, piuttosto che accettare lo status quo proposto da americani e francesi», scrive Mizrahi. «Sebbene la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rimanga una base valida, è fondamentale implementare forti meccanismi di applicazione e garantire una risposta ferma a qualsiasi potenziale violazione da parte di Hezbollah».