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L'Unione informa |
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1 dicembre 2008 - 4 Chislev 5769 |
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alef/tav |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Ogni
volta che accadono fatti come quelli di Mumbai, e purtroppo ciò avviene
abbastanza frequentemente, all'orrore e allo sgomento si aggiungono più
lentamente altre reazioni e riflessioni. Che cosa ha messo insieme in
un angolo del mondo con pochi residenti ebrei, come vittime di un
efferato atto terroristico, nella fattispecie anche antiebraico, una
coppia di shelichim ("inviati") del movimento Chabad e alcuni turisti
ebrei che erano andati a cercare un pò di cibo kasher e un pò di
yidishkeit? Si può invocare il caso, si può richiamare la razionalità
politica, ma esiste anche la dimensione misteriosa e inesplicabile. I
nostri testi parlano molto spesso di hashgachà (provvidenza) ma è
difficile applicare questo concetto ai fatti di ognuno, per cui si
distingue ulteriormente tra hashgachà kelalit (collettiva) e peratit
(quella particolare, che riguarda il singolo individuo). Nella vita di
ognuno e delle collettività dovremmo essere stimolati a cercare la
presenza di questo dato. Ma è tremendamente difficile.
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Non
è ancora chiaro quanto la strage di Mumbai sia frutto del conflitto tra
India e Pakistan o sia legata al più generale attacco terroristico agli
occidentali, ma sicuramente le dichiarazioni dell’unico terrorista
sopravvissuto vanno in quest’ultima direzione: gli ebrei erano il
nostro obiettivo. Non sappiamo, anche qui, se si tratti della verità o
di una mera giustificazione ideologica, dato che per i terroristi
islamici gli ebrei e gli israeliani sono il male assoluto e l’attacco
contro di loro giustifica di per sé le peggiori efferatezze. Ma quel
che è successo nei fatti è che nel Centro habad di Nariman House gli
ebrei sono tutti stati assassinati e che Israele è, dopo l’India, il
paese con più alto numero di morti nella strage. Che l’obiettivo di
colpire gli ebrei sia reale o simbolico, che sia un fatto o un
pretesto, non cambia quindi la sostanza: quei morti assassinati, di cui
ieri rav Carucci ci ha su questa rubrica consegnato il nome, destinati
alla morte in quanto ebrei. |
Anna Foa,
storica |
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rassegna stampa |
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Con
immenso dolore e con angoscia profonda continuiamo a leggere i dettagli
sui giornali della strage di Mumbai (per esempio Anna Zavesova sulla Stampa, Raimondo Bultrini su Repubblica).
I numeri parlando da soli, i morti ebrei, israeliani o meno, sono
almeno 9 su 24 stranieri uccisi (gli indiani sono 150). I dettagli sono
terribili: le vittime torturate, la salma del rabbino sistemata sopra
un talmud aperto, i corpi torturati prima della morte, dilaniati poi
dalle esplosioni, i terroristi ospiti a lungo prima del delitto della
casa che avrebbero devastata, per studiare il loro obiettivo, la baby
sitter che scappa con il bambino piccolo, salvandolo per un pelo. Il
terrorista catturato rivela che il primo obiettivo erano gli ebrei. Come
ogni volta che il terrorismo islamista colpisce (l’11 settembre e la
strage di Madrid, gli attentati di Londra e quelli in Israele, per non
parlare degli attentati in Libano, Iraq, Afganistan, Pakistan, in
Argentina), si mettono in evidenza i motivi locali (questa volta la
rivalità indo-pakistana e la situazione interna al Pakistan, così per
esempio Giuseppe Scanni su E-polis).
Oppure si parla genericamente di “religioni che uccidono”, che hanno
tutte le loro colpe e che dovrebbero fare i conti con il loro passato
(così un articolo peraltro nobile di Arrigo Levi sulla Stampa).
Quel che si tace è molto semplice ed è stato detto tante volte: una
corrente larga e diffusa del mondo islamico si sente oggi in guerra con
l’Occidente, la democrazia, le pacifiche relazioni internazionali,
l’esistenza stessa di altri popoli e religioni, innanzitutto con
l’ebraismo (non solo con Israele, ma proprio con l’ebraismo). Israele è
naturalmente in prima fila ad essere attaccato e a cercare di difendere
il popolo ebraico, come ha ripetuto ieri Olmert (Francesca Paci sulla Stampa, Il Messaggero); ma non può fare molto, dato che il mondo ebraico è così diffuso e disperso. Questa
guerra è condotta con accanimento e ferocia, con una certa larghezza di
mezzi, anche se non ancora con la tecnologia (ma presto arriverà
l’atomica iraniana), in maniera decentrata ma su obiettivi condivisi;
ha dimensioni mondiali e il consenso di larghe masse, anche fra gli
immigrati in Europa (almeno due degli attentatori a quanto pare erano
anglo-pakistani). Un pezzo consistente di sinistra “radicale” si sente
alleato a questa offensiva, per inimicizia al capitalismo e alla
democrazia liberale che li hanno sconfitti, per senso di colpa nei
confronti del “terzo mondo”, per un “odio di sé” che noi ebrei
conosciamo bene e che ha contagiato buona parte dell’intellighenzia
europea. Questa guerra non si fermerà per qualche atto di buona
volontà, per qualche trattativa locale, per qualche ritiro più o meno
concordato da questo o quel territorio. Dovrà essere combattuta a
lungo, o ci travolgerà tutti. Per farlo bisogna ammettere la sua
esistenza, non fermarsi a buonismi multiculturali e a discorsi
politicamente corretti. Un altro argomento sulla
rassegna di oggi è l’implacabile procedere della macchina
propagandistica intorno alla figura di Pio XII. La Chiesa procede con
determinazione e con l’appoggio di tutta la stampa. Questa volta
Benedetto XVI è andato a deporre un mazzo di fiori bianchi a San
Lorenzo, dove papa Pacelli si recò dopo i bombardamenti alleati a
portare sollievo alla popolazione (si veda per esempio Accattoli sul Corriere). Un’altra
notizia romana che aggiunge angoscia a queste giornate tristi: c’è
polemica a Roma sul museo della Shoà a Villa Torlonia (D-News):
la gente ne ha “paura”, e considera che la massa cupa disegnata
dall’architetto Luca Zevi sia triste e rovini l’aspetto piacevole del
quartiere: una protesta di cui probabilmente sentiremo ancora parlare.
Ugo Volli |
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notizieflash |
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Roma: Secondo Cicchitto (pdl) elevato pericolo terrorismo islamico Roma, 1 dic - Il
presidente dei deputati Pdl, Fabrizio Cicchitto, ha affermato che " Il
pericolo del terrorismo islamico è elevato" e "Israele, gli israeliani,
gli ebrei sono sempre nel mirino", e ha aggiunto "esce confermato dalle
testimonianze che l'operazione realizzata in India da terroristi
islamici, il cui riferimento ad Al Quaeda è probabile anche se non
ancora certo, aveva per obiettivo, come nazionalità, americani ed
inglesi, e per obiettivo razziale gli israeliani".
Iran: Israele tenta la guerra psicologica Teheran, 1 dic - Il
ministero degli Esteri iraniano ha definito le voci insistenti
circolate nelle ultime settimane in Israele su un possibile attacco
contro le installazioni nucleari della Repubblica islamica, solo
"guerra psicologica" "Nell'attuale situazione internazionale e
regionale e con la crisi interna dello stesso regime sionista - ha
detto il portavoce della diplomazia iraniana, Hassan Qashqavi, nella
sua conferenza stampa settimanale - Israele non è in grado di attaccare
altri Paesi. Si tratta di una guerra psicologica". Tuttavia, ha
aggiunto Qashqavi, "le forze armate e la nazione iraniana sono sempre
in allerta e pronte al cento per cento" a rispondere ad eventuali
minacce. Anche il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha sempre
detto di non credere alla possibilità di un attacco, israeliano o
americano.
Mumbai: identificata un'altra delle vittime dell'attentato al Centro Chabad Tel Aviv, 30 nov - E'
stata identificata un'altra delle vittime che hanno perduto la vita
nell'attentato di Mumbai nel Centro ebraico Chabad della Neriman House.
Si chiamava Norma Schwartzblatt Rabinovic ed aveva 50 anni.Secondo la
stampa israeliana la donna - divorziata - era in procinto di immigrare
in Israele per ricongiungersi con due dei tre figli che già vi
risiedono. Nel centro Chabad sono stati uccisi nove israeliani ed
ebrei. Tre di essi non sono ancora stati identificati perché i loro
cadaveri sono stati straziati dalle esplosioni. Una delegazione di
esperti della polizia israeliana è in partenza oggi da Israele verso
Mumbai, dove cercherà di dare un nome alle salme con l'aiuto di dati di
Dna e di lastre dentistiche. |
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L'Unione
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