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L'Unione informa
 
    2 dicembre 2008 - 5 Chislev 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Roberto
Della Rocca,
rabbino 
“…prega per la pace del governo perché se non vi fosse il timore di esso gli uomini si ingoierebbero vivi a vicenda …”. (Pirqè Avòt, 3; 2 
Riprendendo ancora il tema del rapporto con il potere politico torna alla mente quanto sosteneva lo storico moderno Lord Acton che il potere per sua natura corrompe chi lo possiede. Questo pensiero è in armonia con un altro insegnamento dei Pirqè Avòt che afferma: “..quando fa loro comodo si mostrano come amici, ma non soccorrono l’uomo nel momento della sua necessità….”. 
Non per caso il mondo messianico preconizzato da Maimonide è caratterizzato essenzialmente da un’identificazione totale tra la realtà socio-politica e il mondo della Torà.
Di ritorno da Gerusalemme. La città è, oltre a miriadi di altre cose, un fantastico laboratorio per lo smontaggio di preconcetti, partiti presi. Sbarcata alla scrivania trovo fra altri freschi di stampa il nuovo libro di Marcello Pera, intitolato "Perché dobbiamo dirci cristiani". Per l'appunto: perché? Ma nel titolo manca il punto interrogativo... E poi, leggo del nuovo partito cristiano di Magdi Allam, che a ben pensarci non è una grande novità. Mah. Sono perplessa: ma forse è colpa - anzi merito - di Gerusalemme e del suo modo impietoso di sbriciolare i pregiudizi. Elena Loewenthal, 
scrittrice
Anna Foa, storica  
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  napolitano-livni Un nuovo ponte verso Gerusalemme


Il momento più toccante è stato a Yad Vashem, quando il presidente Napolitano ha deposto una corona alla memoria degli ebrei uccisi nella Shoah e ha lanciato un appello perché l’orrore di quei giorni non abbia mai a ripetersi. Quello più festoso al Tempio italiano di Gerusalemme, dove gli italkim che vivono in Israele hanno rinnovato il loro rapporto di amicizia con l’ebraismo italiano prospettando ulteriori forme di scambio e di collaborazione.
Si può racchiudere tra questi due attimi, simbolicamente tesi tra passato e futuro, la partecipazione della delegazione Ucei alla visita che nell’ultima settimana di novembre ha visto in Israele il presidente Giorgio Napolitano. Per la prima volta una rappresentanza dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, guidata dal presidente Renzo Gattegna, ha infatti preso parte a una missione del Capo dello Stato suggellando così il suo ruolo di riferimento. “E’ stato un viaggio di grande interesse – commenta Renzo Gattegna – che ha confermato la solidarietà, l’intesa e la comunanza di sensibilità e d’intenti che da tempo contrassegnano i rapporti dell’Ucei con il Quirinale”.
Presidente Gattegna, proviamo a delineare un primo bilancio della missione.
E’ stata un’esperienza ottima sia dal punto di vista istituzionale sia sul versante culturale ed economico, in cui il presidente Napolitano ha mostrato una conoscenza molto approfondita e puntuale dei diversi problemi sul tappeto in Medio Oriente.
Cosa significa per l’Ucei questo viaggio al fianco del Capo dello Stato?
Da tempo il presidente Napolitano sta coltivando uno stretto rapporto con l’Ucei, attraverso la partecipazione alle nostre iniziative e inviti rivolti alle nostre istituzioni. La recente missione ha rafforzato questo dialogo. Si tratta infatti della prima volta che un Presidente della Repubblica italiana invita l’Unione delle Comunità ebraiche a intervenire a un viaggio del Quirinale.
L’Ucei faceva parte della delegazione presidenziale?
No. Come corretto non eravamo ufficialmente inclusi, la nostra è stata una presenza autonoma. L’Ucei non ha dunque preso parte a nessuno degli incontri politici ma ha partecipato a tutti gli altri eventi e incontri.
Da quanto si è letto sui giornali gli appuntamenti sono stati tantissimi. Ce n’è qualcuno in particolare che le piace richiamare?
Il viaggio si è aperto con una visita al museo di Yad Vashem e al memoriale dei bambini uccisi nella Shoah. E’ stata per tutti noi un’esperienza molto intensa e commovente. Poi potrei ricordare la visita alla Foresta delle nazioni, l’incontro nella residenza di Peres, il bel concerto di Uto Ughi nell’auditorium dell’Ymca a Gerusalemme, il conferimento a Napolitano della laurea honoris causa all’Università ebraica e tanti altri momenti emozionanti e di altissimo profilo tra cui vorrei menzionare il bel convegno, promosso dall’Istituto italiano di cultura diretto da Simonetta Della Seta, che ha messo a confronto scrittori italiani e israeliani.
Un dialogo letterario di stringente attualità.
Senz’altro. Il grande successo della letteratura israeliana in Italia è ormai consolidato. Gli scrittori d’Israele sembrano essere riusciti a toccare corde profonde nel cuore degli italiani grazie al loro forte impegno civile e artistico.
Poi l’incontro con gli ebrei italiani che vivono in Israele.
E’ stato senz’altro uno degli eventi centrali della nostra visita. Oggi la comunità degli italkim è la terza nel mondo dopo Roma e Milano. Quella italiana è un’alyah numerosa e d’elevata qualità, che mantiene stretti legami con l’Italia e che può darci molto. Tanti di loro sono amici con cui da anni intratteniamo rapporti di conoscenza e di scambio.
Dalla visita è emersa qualche prospettiva per il futuro?
E’ stata riconfermata la volontà di coinvolgere ancora di più gli ebrei italiani che vivono in Israele nelle attività dell’ebraismo italiano attraverso incontri di studio e approfondimento. Ma anche mediante la loro partecipazione ai nuovi strumenti di comunicazione realizzati dall’Ucei, tra cui il portale Moked. Il web può essere un modo innovativo per valorizzare le loro attività, dialogare e stringere sempre più i legami reciproci.
La visita in Israele ha avuto anche un risvolto economico, con la missione promossa da Confindustria, Istituto per il commercio estero, Abi e governo. Possiamo proporre qualche spunto?
Direi che la suggestione più forte è arrivata da Shimon Peres che in un discorso appassionante ha riproposto la sua idea di un Medio Oriente di pace, fondato su un comune sviluppo economico. E’ stato un appello alla speranza e al futuro che ha toccato nel profondo i cuori di tutti noi.

Daniela Gross
 
 
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Leggiamo ancora con commozione sui giornali gli echi della strage di Mumbai. Sul Foglio Giulio Meotti prova a spiegare al pubblico italiano, che in genere capisce poco o nulla di cose ebraiche, che cosa sia Chabad e che facessero nella metropoli indiana rav Gabriel e Rivka Holtzberg z”l: non i missionari, naturalmente, ma i depositari di una fiammella di ebraismo aperta a tutti. C’è qualche imprecisione in questo articolo, qualche parola ebraica scritta male, ma lo sforzo di comprensione e i dettagli biografici lo rendono prezioso e commovente da leggere. Un altro articolo da meditare è quello di Helena Janeczeck sul Riformista, dove si indaga la storia della balia che ha salvato a rischio della vita il figlio del rabbino, accostandola a quella di altri camerieri e servitori investiti dalla ferocia dei terroristi in questa vicenda e in altre precedenti, come il cuoco italiano sgozzato in un attentato Arabia Saudita qualche anno fa. Chiunque per ragioni politiche e sociali nutra simpatia o “comprensione” per le turpi imprese di questi criminali (ce n’è, l’abbiamo visto in questi giorni, se non altro con la manifestazione anti-israeliana di Roma), dovrebbe leggere questa storia di cuochi e ebrei uniti dalla violenza e dalla morte.
Un altro articolo sul Foglio, firmato da Alessandro Giuli, spiega le radici teologico-politiche della strage: l’atteggiamento della tradizione islamica nei confronti dei politeisti (tali sono considerati gli induisti, prime vittime del massacro), contempla solo la morte; e morte meritano anche i fedeli delle religioni del libro che non si sottomettano all’Islam. Per questo odio teologico, senza nessuna ragione personale, a sangue freddo, sono state orribilmente torturate le vittime ebraiche della Chabad House a Mumbai. Esse saranno ricordate, come riporta il Tempo domani sera a Roma in Tempio con un limud.
Si fa fatica a passare ad altri argomenti, ma le vicende politiche e culturali incalzano. Obama ha presentato la sua squadra di governo e in essa, come si sa, Hillary Clinton sarà il nuovo segretario di Stato, cioè il ministro degli esteri. Si può leggere il suo programma d’azione su Liberal e un commento di Calabresi su Repubblica. Naturalmente le trattative di pace in Israele sono fra i punti centrali della politica estera della nuova amministrazione, e così la difesa dai terroristi. Ma non è chiaro come concretamente essa saprà o vorrà muoversi, quanto vorrà intervenire sulla crisi che colpisce contemporaneamente il sistema politico israeliano e quello palestinese. Né l’impatto che essa avrà sull’Europa e l’Italia (Silvio Fagiuolo sul Sole). E però è certo che deluderà i teorici dell’appeasement a tutti i costi, visto che la lotta al terrorismo è riaffermata con molta chiarezza.
L’atteggiamento europeo è invece abbastanza chiaro: l’ultimo episodio è la richiesta contenuta in un documento della presidenza europea francese che Israele consenta la riapertura della cosiddetta “Orient House”, che  ai tempi di Arafat  era stata il “ministero degli esteri” ma anche una sorta di base logistica per Al Fatah a Gerusalemme Est, chiusa dal governo israeliano dopo la strage della pizzeria Sbarro. Battistini sul Corriere della Sera ne racconta la storia con una sorta di preoccupante nostalgia. Del resto leggiamo su DNews che la richiesta di intitolare una strada a Yasser Arafat, avanzata rumorosamente durante la manifestazione filopalestinese  di sabato scorso a Roma, è stata proposta formalmente all’assessore comunale competente, che per il momento ha opposto un rifiuto per ragioni formali.
Da segnalare un convegno su Toscanini, in cui si è parlato dei rapporti del grande direttore con la terra di Israele (mitico un suo concerto a Tel Aviv nel ’36) e del suo rifiuto delle politiche antisemite del fascismo (Ariela Piattelli sul Corriere).
Due temi che non ci riguardano direttamente come ebrei ma che incidono in maniera decisa sul dibattito politico-religioso emergono dalla rassegna. Da un lato si discute ancora la sentenza del tribunale spagnolo che ha condannato l’esposizione del crocefisso a scuola (da leggere un interessante articolo di Sofri, una bella intervista al filosofo Savater e la ricostruzione storica di padre Enzo Bianchi su Repubblica). Dall’altro vi è la notizia che l’inviato del Vaticano all’Onu si è opposto alla proposta di delibera europea che chiede la depenalizzazione dell’omosessualità a tutti gli Stati che ancora prevedono delle pene per questa pratica (prevalentemente stati islamici). La motivazione del Vaticano è piuttosto grottesca: in questo modo si penalizzerebbero gli Stati che non si adeguassero (che è esattamente il senso di una dichiarazione di diritti). A prescindere dal giudizio religioso sui diversi comportamenti sessuali, vi è qui in gioco una questione di libertà personale. La posizione vaticana risente di una certa generale insensibilità al tema dei diritti che non riguardino direttamente i cattolici; ma vi è anche il sospetto di un tentativo di accordo tacito fra Vaticano e forze islamiche, sulla base del riconoscimento reciproco di una morale sessuale  tradizionale (così Ivan Scalfarotto sull’Unità). Un patto spregiudicato, su cui val la pena di riflettere per coloro che pensano che l’attuale pontificato sia il principale portatore dei valori dell’Occidente, da appoggiare sempre e comunque. L’idea clericale dell’Europa non è certamente identificabile con quella cultura liberale in cui i diversi atteggiamenti religiosi e morali possano liberamente esprimersi, anche nel dissenso più vivo. La tentazione di usare le leggi dello stato per rendere obbligatorie le proprie posizioni gli è al contrario connaturato.

Ugo Volli

 
 
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Israele: il partito laburista sceglie i suoi candidati                          
Gerusalemme, 2 dic -
Si svolgono oggi in Israele le elezioni attraverso le quali il partito laburista sceglierà i suoi candidati alle elezioni politiche in programma il 10 febbraio prossimo. Le votazioni non riguardano il leader del partito, il ministro della difesa, Ehud Barak, che è già stato confermato capo della lista, ma i circa 60 mila iscritti al partito dovranno scegliere tra una lista di 41 candidati. I risultati di queste elezioni sono previsti in tarda serata. Le elezioni si svolgono in un momento di grande difficoltà per il partito che, secondo i sondaggi, rischia di subire nelle politiche di febbraio una clamorosa batosta: potrebbe scendere a appena 8-10 seggi dagli attuali 19 alla Knesset. Per questo motivo in seno ai laburisti si sentono voci che propongono una fusione pre-elettorale con Kadima, l'attuale partito di maggioranza relativa del ministro degli esteri Tzipi Livni. I sondaggi indicano un sostanziale pareggio elettorale tra Kadima e il Likud (centro-destra, opposizione) con un probabile prevalere di quest'ultimo.

Israele: Stato di allerta a Tel Aviv
Gerusalemme, 2 dic -
In seguito a informazioni giunte ai servizi di sicurezza sulla possibilità di un attacco terroristico Tel Aviv ha dichiarato stamane lo sato di allerta. La polizia ha rafforzato il suo spiegamento nella città, in special modo nei quartieri sud. Posti di blocco sono stati eretti nelle vie di accesso a Tel Aviv per controllare le identità degli automobilisti e dei loro passeggeri, creando grandi ingorghi stradali in un'ora di punta.

Israele: Olmert esprime approvazione per nomina Hillary Clinton
Gerusalemme, 1 dic -

Il premier israeliano Ehud Olmert a proposito della nomina della senatrice  Hillary Clinton a segretario di Stato nell'amministrazione del Presidente americano Barack Obama, ha dichiarato in un comunicato diffuso dal suo ufficio "La senatrice Clinton è un'amica dello Stato di Israele e degli ebrei e io sono certo che nel suo compito continuerà a promuovere le relazioni speciali tra i nostri due Stati". La signora Clinton sostituirà a capo della diplomazia americana Condoleezza Rice.
 
 
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