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L'Unione informa |
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19 dicembre 2008 - 22 Chislev 5769 |
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alef/tav |
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Roberto Colombo, rabbino |
I
nostri maestri insegnano nel Talmud: "Un bambino di un sol giorno
quando è vivo non ha bisogno di essere difeso dagli attacchi dei ratti
e dalle marmotte. Il gigantesco “Og re di HaBashan, se morto, deve
essere difeso dai ratti e dalle marmotte". La vitalità, spiega il
Rebbe di Sokatchev, è la migliore difesa dal pericolo, la depressione
porta ad esser attaccati. |
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L'alcol ha effetti esaltanti. Forse per questo in inglese si chiama “spirito”. |
Vittorio Dan Segre,
pensionato |
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La voce dei giovani nell'europa ebraica
La
partecipazione dei giovani alla vita ebraica internazionale e la
formazione dei leader di domani. Queste le sfide che Claudia De
Benedetti, da pochi giorni eletta nell’esecutivo del Congresso ebraico
europeo, si pone nel suo nuovo mandato riprendendo così la cifra che da
oltre due anni contrassegna il suo impegno a livello nazionale come
vicepresidente Ucei. Unica donna eletta, con ben 52 preferenze su 84
votanti, nel prestigioso organismo presieduto dal russo Moshe Kantor,
Claudia De Benedetti ha ben chiaro il ruolo che l’ebraismo italiano ha
giocato finora sul fronte europeo e le responsabilità che si
prospettano per il futuro. Claudia, com’è visto in Europa l’ebraismo italiano? Da
sempre siamo molto considerati e stimati, sia per la nostra capacità di
comunicazione con il mondo esterno sia per lo stretto rapporto con le
Comunità ebraiche. Siamo stati ad esempio fra i primi a realizzare con
successo eventi quali la Giornata della memoria e la Giornata della
cultura ebraica mentre è stata molto apprezzata la capacità di politica
mostrata in occasione della Fiera del libro di Torino quando si profilò
la minaccia del boicottaggio. Al momento, con l’apporto dei nostri
rabbanim, stiamo lavorando ad alcuni problemi rituali la cui
risoluzione potrebbe porci all’avanguardia in Europa. Cosa significa per l’ebraismo italiano la partecipazione alla politica ebraica europea? Stare
nella rete internazionale è per noi una priorità. L'ebraismo italiano
ha piccole dimensioni, ma una grande tradizione. Occupare un posto
d’eccellenza nello scacchiere ebraico internazionale è dunque
necessario per continuare ad acquisire competenze, conoscenze e
riconoscimenti. Uno dei temi emersi negli ultimi anni riguarda le Comunità ebraiche dell’est. Abbiamo
senz’altro la responsabilità di contribuire alla rinascita delle
istituzioni ebraiche in Europa orientale. Vivere l’ebraismo oltre i
nostri confini permette oggi più che mai di rinsaldare i legami di
solidarietà e aiuto fraterno che hanno da sempre caratterizzato la
nostra appartenenza al popolo d’Israele. E in questi momenti di grande
difficoltà avverto con forza la necessità per tutti gli ebrei del mondo
di sentirsi responsabili gli uni degli altri. Su quali filoni procederà nei prossimi quattro anni il Congresso ebraico europeo? Il
lavoro nel corso del mandato si concentrerà, come indicato dal
presidente, sulla lotta all’antisemitismo e al razzismo, il contrasto
alla minaccia nucleare iraniana, il rafforzamento della vita ebraica
nell’est Europa e il sostegno a Israele. All’indomani del massacro di
Mumbai è stato immediatamente istituito un forum strategico, cui hanno
fatto seguito pianificazioni per il prossimi mesi di corsi di hasbarà e
consultazioni con i principali capi di stato e di governo europei. Il
nostro è un ruolo silenzioso che svolgiamo in un costante rapporto con
le istituzioni politiche, i rappresentanti delle organizzazioni che
tutelano l'ebraismo in sede internazionale, gli enti che forniscono
aiuti alle comunità ebraiche in stato di bisogno e gli organizzatori di
manifestazioni internazionali impegnati nella lotta all’antisemitismo
ed alla xenofobia e nell’appoggio ad Israele. Vorrei inoltre ricordare
la consolidata collaborazione con l’Anti defamation league di cui è
presidente per l’Italia Alessandro Ruben. Quali sono le prossime scadenze? A
fine gennaio si riunirà a Gerusalemme il Congresso mondiale ebraico cui
parteciperanno quattro delegati in rappresentanza del nostro paese. Si
affronteranno i grandi problemi che l’ebraismo è chiamato oggi a
fronteggiare: da Durban 2 all’Iran alla lotta all’antisemitismo e alla
xenofobia. A primavera si svolgerà poi a Roma il quinto seminario
Arachim – Conference for european jewish educators. L’ American jewish
joint distribution commitee, noto in Italia come Joint e l’European
council of jewish communities hanno scelto la nostra grande comunità
per le ottime esperienza di cui è portatrice in campo educativo ed
assistenziale. Al di là di questo momento d’incontro, vi sono poi le
consultazioni settimanali in teleconferenza e altre occasioni di
condivisione delle strategie comuni. La tua priorità per questo mandato? Senz’altro
il coinvolgimento dei giovani nella vita ebraica internazionale e la
formazione di nuovi leader. Oggi nelle sedi del Parlamento europeo si
muovono tantissimi giovani, i nostri sono forse ancora un po’ indietro:
si tratta dunque di sostenerne le capacità e le competenze perché un
domani possano dedicare una parte del loro tempo alla politica ebraica
e a Israele. In questo senso sono già state realizzate alcune proposte formative. In
partnership con alcuni enti ebraici abbiamo intrapreso belle
iniziative, particolarmente riuscite grazie all’entusiasmo delle nostre
Comunità che hanno inviato qualificate rappresentanze a convegni ed
incontri di settore. Ricordo ad esempio il Symposium on the state of
jewish children in special need di settembre 2008 a Londra e il Leatid
leaders seminar for jewish community lay leaders di febbraio 2008. Per
i giovani ho lavorato negli ultimi mesi a due progetti: il Young adult
forum del Benè Berith europeo svoltosi a Roma ai primi di novembre e la
tre giorni denominata Tolerance, a dream for Europe? svoltasi a
Bruxelles, Praga e Kaliningrad. E’ in cantiere qualche nuovo progetto per i più giovani? E’
in corso di definizione la richiesta dell’Ucei di far partecipare due
ragazzi italiani al progetto Young diplomatic corps del World jewish
congress. Sul sito www.leadel.net
è inoltre partito, proprio in questi giorni, un progetto internazionale
che mi vede coinvolta in prima persona che offre formazione ai giovani
leader comunitari europei delle prossime generazioni puntando sul tema,
di stringente attualità, della nuova identità ebraica.
Daniela Gross |
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pilpul |
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L'infamia del 1938: i silenzi del Vaticano e ripensamenti della Civiltà Cattolica
Un’affermazione di Gianfranco Fini alla Camera il 16 dicembre scorso
continua a sollevare polemiche. Vediamo cosa ha detto: “Alla
legislazione antiebraica […], salvo talune luminose eccezioni, non [si
sono] registrate manifestazioni di particolare resistenza. Nemmeno da
parte della Chiesa cattolica”. Tali parole quindi concernono le leggi
antiebraiche, non il razzismo o l’antisemitismo in quanto tali, nonché
una “resistenza particolare”, non una semplice disapprovazione. E la
“luminosità” di alcuni non esclude il loro essere fedeli cattolici o
esponenti cattolici. Ascoltando quelle parole, mi sono tornate in mente
delle altre parole, scritte sul fascicolo del 20 settembre 2008 della
Civiltà Cattolica da Giovanni Sale: “Per motivi prudenziali la Santa
Sede però organizzò il suo attacco contro la nuova legislazione
discriminatoria non facendo riferimento a motivazioni di ordine ideale,
fondate sul diritto naturale – come, ad esempio, il diritto di tutti
gli uomini a non essere discriminati per motivi di razza o di
religione, allo stesso modo in cui in diverse occasioni aveva fatto Pio
XI –, ma facendo leva sul proprio armamentario giuridico” (pag. 468).
Di là da alcune diversità, mi sembra che non vi siano vere e proprie
divergenze tra Sale e Fini (né tra loro due e le interpretazioni della
maggior parte degli storici): non vi furono terzi impegnati nella
difesa dei diritti degli ebrei (conculcati dal fascismo). Quindi perché
le polemiche di questi ultimi giorni, condotte anche dallo stesso Sale?
Michele Sarfatti, direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - Milano |
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rassegna stampa |
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Tanti
articoli, poche notizie. È quanto ci offre la giornata odierna dove a
campeggiare, per quel concerne gli argomenti di pertinenza della nostra
rassegna stampa, sono essenzialmente due filoni di argomentazione. Il
primo si riallaccia ai feedback, ovvero agli echi di ritorno, delle
dichiarazioni di Gianfranco Fini nel merito dell’atteggiamento della
Chiesa cattolica nel 1938, dinanzi all’emanazione delle leggi razziali.
L’altro è proiettato sull’agone internazionale e registra, per così
dire, la conclusione dell’«hudna» (più propriamente, «tahadya», ossia
calma in lingua araba), la tregua che Hamas “aveva concesso”, bontà
sua, ad Israele. Due notizie ancora una volta concave, ovvero prive di
spessore a sé, qualora le si osservi nei loro reali e immediati
contenuti. La prima, quella relativa al Presidente della Camera dei
Deputati, è solo una sommatoria di atteggiamenti reattivi davanti ad
alcune parole – poche, peraltro – che come tali sono opinabili ma non
certo da fare oggetto di meravigliata polemica. Ci torniamo tra un po’
di righe. La seconda è ancora meno rilevante, ossia non registra nulla
che non sia già risaputo, ovvero che la guerra asimmetrica di un
movimento terroristico contro uno Stato e una società, quelle
israeliane, prosegue fra proclami roboanti, ridondanti, bellicosi e
concrete condotte di fatto. A farci un quadro piuttosto convincente, a
tale riguardo, è Anna Momigliano che, su il Riformista,
ci offre in estrema sintesi, una ricostruzione dello scenario
regionale, evitandoci gratuiti sensazionalismi ma richiamandoci
all’obbligo della comprensione degli elementi di lungo periodo. Anche
altre testate si adoperano al riguardo, con esiti contrastanti, ossia
con risultati più o meno convincenti per il lettore attento. Eric
Salerno, su Messaggero,
ci parla dell’annuncio della «fine della calma» (parole di Hamas)
focalizzando l’attenzione sulle valutazioni di Israele, ed in
particolare del Ministro della difesa Ehud Barak, rispetto alla
strategia da seguire nel caso in cui il lancio di razzi si dovesse
infittire nei prossimi giorni, come quasi sicuramente avverrà. Parrebbe
prevalere, almeno per il momento, l’opzione di astenersi da un
intervento militare ad ampio raggio, poiché questo potrebbe implicare –
volenti o nolenti - la rioccupazione di fatto della Striscia di Gaza,
cosa che Gerusalemme non intende realizzare in alcun modo. Così anche
Ugo Traballi su il Sole
dove ci avverte però che «dentro la Striscia di Gaza l’ala militare più
radicale ha prevalso su quella politica. E l’Iran l’ha istigata e
armata con armi più potenti». Si pone quindi il problema di una
risposta mirata, colpendo i singoli esponenti della strategia
dell’escalation, così come già si era fatto negli anni scorsi. Ancorché
condannata da certuni, la pratica degli “omicidi mirati” sembra essere
così l’unica in grado di garantire un risultato accettabile a costi
umani sostenibili: i target di queste azioni chirurgiche (che, come
tali, si fanno non per virtù ma per inderogabile necessità) sarebbero i
leader dei movimenti radicali. Ne parla Francesca Marretta su Liberazione
quando scrive in un articolo piuttosto informato e sufficientemente
equilibrato, riferendo come fonte il quotidiano Ma’ariv, che «Israele
avrebbe ottenuto “luce verde” da parte di alcuni paesi arabi […]
Considerate le irrisolte questioni interne che molti regimi arabi della
regione hanno con i gruppi islamici estremisti al loro interno, non
sorprende l’assenso (segreto) a togliere di mezzo un regime che di
fatto a Gaza ha creato una sorta di emirato, rimasto vegeto nonostante
l’embargo, senza alcuna possibilità di ripristino dell’autorità
dell’Anp». Che Hamas voglia entrare a pieno titolo nelle campagna
elettorale israeliane pare fin troppo ovvio, anche se molti giornalisti
italiani fingono di non saperlo. I movimenti islamismi che circondano
Israele sono sempre stati soggetti attivi nell’evoluzione delle scelte
dell’elettorato israeliano, influenzandone gli umori e le reazioni. Su
questo delicato passaggio si adopera, sia pure implicitamente, il Foglio
che ci informa anche e soprattutto dell’andamento politico interno ad
Israele, laddove nelle primarie di Kadima le donne hanno spopolato,
occupando metà delle dieci teste di lista. La sfida del 10 febbraio
sembra essere destinata a giocarsi intorno a due sole figure, Tzipi
Livni e Benjamin Netanyahu, con i laburisti messi all’angolo, in crisi
afasica e in pieno stallo di proposta politica. D’altro canto, che si
tratti di una tornata elettorale che interviene in un quadro di crisi
della politica israeliana tout court, ce lo dice l’articolo di Dan Rabà
su Europa.
L’autore si sofferma sul fenomeno dell’ingaggio di columnist nelle
liste elettorali. Per Rabà «i giornalisti sono oggi più autorevoli e
rispettati dei politici di professione». Ma c’è dell’altro, oltre al
fenomeno in sé della crisi della classe politica professionale: le
firme più note paiono avere maggiormente il polso della situazione del
paese, laddove il primo problema è quello della povertà incipiente di
ampi strati della società. Dice Daniel Ben Simon, affermato
editorialista di Haaretz: «a tutti i raduni politici che ho seguito,
non c’era una sola discussione che non avesse a che fare con Gaza i con
gli insediamenti o con i confini o con Gerusalemme o con le minacce
dell’Iran o da Hezbollah. Il sistema politico è ostaggio della minaccia
esterna, reale o immaginaria. Sento di non essere riuscito ad aiutare
le classi più deboli attraverso il giornalismo». Da tale percezione
sarebbe derivata la scelta di “scendere in campo” ossia di partecipare
al confronto politico in prima persona. Veniamo ora alle
questioni di casa nostra, che francamente rivelano la loro radice di
eventi di retrobottega. Consigliamo di partire dall’articolo di
Antonietta Calabrò sul Corriere della serache
fa il punto del dibattuto. Delle affermazioni di Fini, nel merito
dell’omessa reazione (morale) alle leggi razziali da parte della Santa
Sede così come – più in generale – della Chiesa cattolica, molto si sa
e, ad essere sinceri, lo sconcerto da certuni provato (ancorché
legittimo per quanti sono titolari di posizioni d’interesse), non
tange più di tanto. Solo in un paese di anime candide e belle come il
nostro, dove tutti gareggiano per ottenere la palma del più “immacolato
dell’anno”, le dichiarazioni della terza carica dello Stato possono
sollevare un polverone di repliche e controrepliche quale quello che si
è visto in questi giorni. Alla luce di una premessa di tal genere, dove
nessuno si sente in obbligo di assumersi le responsabilità per il suo
passato, certi incisi, come quello comparso sull’Avvenire per la firma di Marco Roncalli, hanno un po’ il sapore della difesa d’ufficio. Luigi Accattoli sul Corriere della sera
affronta di petto la questione rispondendo nel merito: le parole di
Fini già erano state fatte proprie, in altri tempi, dalla Chiesa stessa
che sembra ora, invece, fare più di un passo indietro. Si tornerà,
serenamente, a fare qualche passo in avanti, magari insieme?
Claudio Vercelli |
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Fine
della tregua con Hamas, razzi su Israele
Gerusalemme, 19 dic - "La
tregua è finita e non verrà rinnovata, perché i nemici sionisti non ne
hanno rispettato le condizioni" – ha affermato il gruppo armato
di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam, sul suo sito internet
alle ore 06:00 locali, le 05:00 italiane. Poco dopo il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza nel sud di Israele. La tregua durata sei mesi, concordata grazie alla mediazione dell'Egitto, è stata interrotta. Le
Brigate Ezzedin al Qassam in particolare hanno accusato Israele di non
aver rispettato l'impegno a porre fine al blocco della Striscia di Gaza
e di cessare tutte le operazioni militari. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
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offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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