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L'Unione informa |
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24 dicembre 2008 - 27 Chislev 5769 |
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alef/tav |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano |
La
parashà di Vayèshev inizia con la descrizione di una situazione
idilliaca. Ya'akòv che, dopo una vita di peripezie e difficoltà,
finalmente può stare tranquillamente nella sua terra con la sua famiglia.
La parashà però ha subito dopo uno sviluppo drammatico: la divisione
tra i figli di Ya'akòv che inizia con il progetto di uccidere uno dei
fratelli, Yosèf, e si conclude alla fine con la sua vendita.
Secondo i Chakhamìm, tuttavia, lo sviluppo drammatico era già contenuto
nell'inizio della parashà. Il midràsh dice che ogni volta che
nella Torà c'è scritto vayèshev – si sedette – è segno di disgrazia.
L'uomo, a differenza degli angeli, è un essere in continuo cambiamento,
in continua evoluzione. Non può stare fermo, non può sedersi.
L'uomo può andare avanti o può andare indietro. Quando si ferma è solo
apparentemente fermo, in realtà sta retrocedendo.
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Abner
Mikva è il giudice di Chicago che volle a tutti i costi dare un lavoro
al giovane laureato Barack Obama ma si scontrò con un rifiuto.
Da quell'episodio degli anni Ottanta nacque un'amicizia divenuta
intesa politica, al punto che Obama considera Mikva il proprio mentore.
E Mikva assicura che Obama sarà "il primo presidente ebreo degli Stati
Uniti" in ragione della sua profonda comprensione, personale e
politica, non solo dell'identità ebraica ma di quei valori per il
rispetto dei diritti del prossimo che distinguono il popolo
ebraico. |
Maurizio Molinari,
giornalista |
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L’Italia ebraica celebra Chanukkà, mille luci dissolvono il buio
“Quella di Channukkà è la festa del miracolo in cui una fiammella ha
continuato ad illuminare la nostra vita quando tutto sembrava buio. In
questo luogo la furia nazista si e’ accanita contro di noi ma essere
qui oggi e’ una lezione di speranza molto forte”. Cosi’ il rabbino capo
di Roma Riccardo Di Segni ha celebrato al Portico di Ottavia, nel
Ghetto di Roma, l’accensione della terza fiamma del candelabro di
Channukkà alla presenza del sindaco di Roma Gianni Alemanno, del
presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, del
vicepresidente della regione Lazio Bruno Prestagiovanni e
dell’assessore capitolino alle politiche educative Laura Marsilio. Il
sindaco Alemanno rivolgendosi alla Comunita’ ebraica e agli studenti
romani si e’ detto ”commosso di partecipare a questa festa insieme agli
studenti con cui ho fatto il viaggio della memoria ad Auschwitz. Qui
stasera si accendono le luci della vita e della speranza che è più
forte della follia e del terrore”. ”Domani - ha aggiunto Alemanno -
sarà officiato il funerale di Angelo Efrati, un ebreo romano deportato.
Roma ha il dovere di ricordarlo perché la sua storia appartiene non
soltanto ad un popolo ma a tutta l’umanità”’. Il
presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che era
accompagnato da molti consiglieri della Comunità Ebraica della
Capitale, fra cui Gianni Ascarelli, Jaques Luzon, Massimo Misano e
Settimio Pavoncello, ha tenuto a ringraziare il sindaco Alemanno, per
“aver conferito, sulla scia di quanto fatto dal sindaco di Parigi
Delanoe, la cittadinanza onoraria romana al soldato israeliano
prigioniero di Hamas”. “Ringrazio Alemanno e l’assessore alle politiche
educative scolastiche Laura Marsilio - ha detto Pacifici - per il
viaggio ad Auschwitz. Molti dei ragazzi che sono qui stasera hanno
partecipato a quella toccante e forte esperienza del viaggio”. Proprio
questa toccante esperienza è stata ricordata dal Rav Roberto Della
Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione
delle Comunità ebraiche italiane, “Quando siamo partiti per quel
doloroso viaggio, ha ricordato il Rav Della Rocca, qualcuno con una
squallida ironia ha detto che avevamo fatto il biglietto di sola
andata. Con un grande paradosso ci incontriamo questa sera qui, nel
luogo in cui il 16 ottobre 1943 iniziò la terribile tragedia che
coinvolse tante famiglie di ebrei romani. Questo è il paradosso
dell’esistenza ebraica. Il fuoco delle fiammelle accese questa sera
inneggia alla vita ed alla speranza di non ricadere più in alcuna forma
di sopraffazione”. Un richiamo all’importanza simbolica delle luci
della festa di Chanukkà è venuto anche da parte della vicepresidente
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, che
ha partecipato alla cerimonia assieme ai Consiglieri Anselmo Calò e
Sandro Di Castro. “I lumi che abbiamo acceso - ha detto De Bendetti -
hanno una magia ed una forza straordinarie, vengono preservati e
custoditi con cura ma non accecano né emettono bagliori fiammeggianti.
La lenta progressione con la quale, di sera in sera, aumentano, ci
ricorda la gradualità con la quale la fede si può diffondere tra gli
uomini, i piccoli passi che sono necessari per aprire dei varchi nelle
anime di ognuno di noi. Questi lumi devono servire soltanto come
simbolo festivo e non per fare luce nella casa, vengono posti davanti
alla finestra per rendere pubblico il miracolo”. “La Festa delle
Luci è un momento importante che va a integrare e a completare il
percorso del Progetto Viaggio nella Memoria. Per non dimenticare la
tragedia del 900′, che ha visto i ragazzi delle scuole superiori di
Roma partecipare alla toccante e forte esperienza del viaggio ad
Auschwitz, dove hanno saputo affrontare una dura prova, non solo
culturale e di studio, ma coinvolgente sul piano spirituale ed
emotivo”. Lo ha affermato l’assessore alle Politiche Educative
Scolastiche, della Famiglia e della Gioventù, Laura Marsilio, nel corso
della Festaal Portico d’Ottavia. “L’incontro con i luoghi del dolore e
l’ascolto delle testimonianze drammatiche di chi ha vissuto quella
terribile tragedia ha messo tutti noi nella necessita’ di portare
avanti questo Progetto - ha proseguito - la giornata di oggi, in cui
per la prima volta sono stati coinvolti gli studenti, è stata
fortemente voluta e proposta alla Comunità ebraica dall’assessorato per
favorire lo scambio delle reciproche culture, e approfondire la
conoscenza della cultura ebraica. Una giornata di festa, dunque, e di
condivisione delle tradizioni ebraiche, in cui si vuole lanciare ai
giovani un forte messaggio di pace e speranza per il futuro”. In
molti hanno aderito anche all’invito del movimento Chabad per
partecipare alla festa per l’accensione della prima luce di Chanukkà in
piazza Barberini a Roma. Presenti, fra gli altri, il sindaco della
capitale Gianni Alemanno e il presidente della Comunità ebraica di Roma
Riccardo Pacifici. Fra gli interventi anche quello del Rabbino capo di
Roma Riccardo Di Segni. ”Mi sembra un’ottima idea dare la cittadinanza
romana al soldato israeliano catturato da Hamas, Gilad Shalit. Volevamo
dare un segnale di solidarietà alla comunita”’. Lo ha detto durante la
cerimonia il sindaco di Roma Gianni Alemanno raccogliendo la proposta
avanzata dal presidente della Comunita’ romana Riccardo Pacifici, che
lo aveva invitato a seguire l’esempio del sindaco di Parigi Bertrand
Delanoe. Alla cerimonia della prima sera in piazza Barberini, fa
seguito la tradizionale festa in Portico d’Ottavia e l’accensione del
grande candelabro del Tempio maggiore. “Sono qui a testimoniare
l’abbraccio e il saluto della città, che è orgogliosa di avere la
Comunità ebraica piu’ antica del mondo. Siamo vicini al vostro popolo
perché é il più minacciato”, ha aggiunto il sindaco della Capitale. La
cerimonia si è svolta tra canti di bambini in lingua ebraica e
candeline accese. Fra le autorità presenti anche il vicepresidente del
Consiglio regionale del Lazio Bruno Prestagiovanni e il presidente del
Primo Municipio Orlando Corsetti. Nel corso della festa sono state
ricordate le vittime degli attentati a Mumbai, in India, nel corso del
quali sono stati uccisi alcuni ebrei. ”Accendere la luce - ha
commentato Alemanno - è sfidare la paura ed essere consapevoli che la
luce della speranza prevarrà contro l’odio e i fondamentalismi”. L’Amministrazione
comunale di Reggio Calabria ha intanto offerto alla Comunità ebraica di
Roma quattrocento lattine di olio di oliva per l’accensione delle
lampade della sinagoga e di piazza Barberini, in occasione delle
cerimonie di Hanukkà che si tengono in questi giorni. Il rito ricorda
la fine del conflitto in cui, 22 secoli fa, gli ebrei si
riappropriarono di Gerusalemme e dei suoi santuari, profanati dai greci
con idoli e statue. Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti,
durante un incontro con il presidente della Comunità ebraica, Riccardo
Pacifici, e con il Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha
annunciato che la prima domenica di settembre del 2009 Reggio ospiterà
numerose manifestazioni nel contesto della Giornata della cultura
ebraica in Europa. “Nel corso del colloquio - si afferma in una nota
del Comune - si è parlato non solo della presenza ebraica a Reggio, ma
anche dell’esperienza del Campo d’internamento di Ferramonti di Tarsia
e del tradizionale viaggio che i rabbini di tutto il mondo compiono
ogni anno a Santa Maria del Cedro (Cosenza) per la scelta dei cedri che
poi saranno utilizzati per le solennità autunnali”.
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Medio
Oriente e strascichi della polemica Fini-Vaticano ancora sulla cresta
dell’onda, sfogliando stamattina le pagine dei giornali. Sugli
scenari mediorientali, quella di oggi si presenta come una giornata di
transizione entro una fase di transizione, in vista dei decisivi
appuntamenti di inizio anno: elezioni palestinesi, avvento dell’era
Obama in USA, elezioni israeliane. Una giornata di transizione, per di
più, proiettata verso le festività cristiane imminenti. Anche i
giornali seguono la situazione con lo sguardo rivolto a Natale,
offrendoci una prospettiva parziale ma interessante. I quotidiani ci
rivelano sempre vicende e stati di cose particolari, nuovi, la cui
conoscenza è comunque utile. Chissà perché, però, in questi giorni
segnalati dell’anno cristiano l’immagine di Israele torna a farsi truce
e opprimente. Umberto de Giovannangeli sull’“Unità” dipinge
una Betlemme finalmente avviata alla ripresa del turismo e dunque
dell’economia. Ma il richiamo deve comunque andare al vicino potente e
minaccioso: “Il Muro resta, ma a Betlemme tornano turisti e
pellegrini”, recita il titolo a due colonne. Anche l’annuncio
dell’imminente visita del Papa in Terrasanta (maggio 2009) dato dal
patriarca di Gerusalemme Fouad Twal e riportato da “La Stampa” e “Il Tempo”
si sofferma a descrivere (in particolare sul quotidiano torinese) la
pesante situazione creata a Gaza e nei Territori dai posti di blocco,
dall’occupazione militare, dalla divisione del “Muro”, accennando
appena – e senza chiare condanne – al martellamento di razzi su
Sderot e altre cittadine israeliane, ripreso ormai a pieno ritmo. E’
un’ampia intervista di “Famiglia Cristiana”
a dare largo spazio al punto di vista del patriarca, che,
legittimamente preoccupato per le sofferenze del mondo palestinese e in
particolare per quelle dei 50.000 palestinesi cristiani dei Territori,
offre un quadro a dir poco unilaterale della situazione: un’occupazione
che dura da 60 anni (dal 1948, dunque Israele stesso è
“un’occupazione”…), i check point invalicabili, il Muro che non potrà
mai difendere nessuno (e gli israeliani che si sono salvati dagli
attentati?), l’assedio a Gaza; non una parola invece sul terrorismo
palestinese, sulla strategia di guerra seguita da Hamas, sulle minacce
e i pericoli reali che circondano gli israeliani. Per parlare davvero
di pace, al di là della retorica usata da Twal, occorre innanzitutto
obiettività e imparzialità, è necessario calarsi davvero nella
situazione di tutti e non continuare a dipingere un “demonio”
israeliano. Prosegue invece in questa direzione “Il Manifesto”.
I fatti: una donna palestinese, espropriata della sua casa a
Gerusalemme Est, pianta una tenda a Talpiot, nel cuore della
Gerusalemme ebraica, e reclama la vecchia proprietà della sua famiglia
nel quartiere occidentale della città. Una protesta fra tante, nel
quadro di una vertenza antica e non risolta da entrambe le parti: ci
sono anche israeliani che rivogliono i loro antichi possedimenti nella
parte orientale di Gerusalemme, e proprio dal ricorso di uno di costoro
presso la Corte Suprema ha avuto origine lo sfratto in questione. Ma
come presenta la vicenda Michele Giorgio? Evocando il fantasma della
Nakba, la guerra d’indipendenza israeliana vissuta dai palestinesi come
tragedia nazionale; parlando apertamente della cacciata in massa delle
popolazioni arabe come l’evento che ha dato origine al nuovo Stato, e
profilandone una possibile riedizione. Insomma, un’interpretazione
unilaterale della storia impugnata come un’arma per l’ennesima denuncia
degli ennesimi abusi israeliani. Certo, siamo d’accordo con lui quando
sostiene che con rivendicazioni di tal genere le possibilità di una
pace sulla base dei confini del 1967 si allontanano sempre più, ma
perché guardare a questo fatto come a tanti altri con una prospettiva
strabica? A chi giova il senso unico? A quale pro rimettere ogni volta
in discussione la stessa base storica di Israele? E’ come se lo
sguardo di alcuni mass media, fattosi più “buono e umano”
nell’imminenza di Natale, non potesse fare a meno di posarsi sulle
innegabili sofferenze palestinesi e non potesse prescindere dal
fornirne la spiegazione più a portata di mano: la pesante e continua
repressione israeliana. Senza negare le responsabilità di Israele,
bisogna però dire che queste accuse – dirette o indirette – sono una
comoda scorciatoia per non affrontare l’analisi difficile e scomoda di
una situazione intricata e complessa, radicata in una vicenda ormai
ultracentenaria. Un paraocchi pre-confezionato, che consente di non
conoscere il reale svolgimento della storia e di alterarlo a proprio
comodo, trasformando la sanguinosa lotta di Israele per la sua
indipendenza (una lotta contro cinque eserciti coalizzati che cercavano
di strangolarlo nel momento stesso della sua nascita) in una sorta di
massacro organizzato. Un paraocchi che permette di ignorare le
pesantissime colpe del mondo arabo e della stessa dirigenza palestinese
nei confronti del popolo palestinese: colpe passate e colpe presenti
che si consumano in una divisione interna feroce, oggi la prima causa
della sua mancata realizzazione nazionale. Un paraocchi che sembra da
tempo superato e in disuso, ma che purtroppo ancora molti brandiscono a
mo’ di arma manichea contro Israele. La divisione palestinese, peraltro, emerge a tutto tondo dalle stesse pagine che accusano Israele. Proprio “Il Manifesto”
descrive la forte tensione tra Hamas e Fatah “pronte allo scontro” in
vista delle elezioni del 10 gennaio; una tensione portata a
trasformarsi, come già accaduto più volte negli ultimi anni, in scontri
violenti e in vera e propria guerra civile. Unico spiraglio di
speranza, in questa situazione di incertezza e divisione, la politica
della Siria, che pare avviata (Pino Buongiorno su “Panorama”)
verso un produttivo passaggio all’Occidente: possibile ripresa delle
trattative con Israele, accordi in vista con l’Ue, prospettive di un
nuovo rapporto con i nuovi USA di Obama; tutto sembra parlare di un
nuovo possibile partner sulla via della pace in Medio Oriente.
Soprattutto la profonda crisi economica che spinge Assad in questa
direzione. Però i tenaci legami con l’Iran di Ahmadinejad e degli
ajatollah sono difficili da spezzare. E allora tutto resta ammantato di
ambiguità, poiché senza uno strappo deciso, con l’ambigua politica del
doppio legame perseguita da Assad non si potrà certo andare molto
lontano. Ultimi (o penultimi?) fuochi della polemica Fini/Chiesa intorno alle leggi razziali. Da registrare, su “L’Espresso”, una
spassosissima satira di Michele Serra, che ironizza sulla perenne
opposizione pontificia alle leggi razziali e all’antisemitismo: ma mi
fermo qui, perché le satire si leggono e non si raccontano. Dall’altra
parte fa eco – ovviamente su “Famiglia Cristiana”
– padre Giovanni Sale, rimpolpando l’elenco degli “innumerevoli”
atti di Pio XI che testimoniano la sua tenace opposizione
all’antisemitismo fascista (peraltro mai messa in discussione da Fini,
il quale si è limitato a caratterizzare un clima di cui anche la Chiesa
era ostaggio e che l’ha spinta a mantenere un silenzio ufficiale).
Niente di nuovo sotto il sole, insomma. Interessante è semmai il fatto
che per difendersi i prelati attaccano, accusando il Presidente della
Camera e i suoi difensori di dare vita a una sorta di “riabilitazione
strisciante del fascismo”. E ciò dimostra una volta di più che non c’è
peggior sordo di chi non vuol sentire, visto che l’annotazione di Fini
è semmai un’aggravante nei confronti del regime, colpevole di aver
ammorbato e imprigionato l’intera società italiana (Chiesa inclusa) con
le su folli convinzioni.
David Sorani |
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notizieflash |
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Israele:lancio di razzi da Gaza due feriti a Netivot Gerusalemme, 24 dic Un
portavoce dell'esercito israeliano ha reso noto che due potenti razzi,
tipo Grad, sparati da Gaza sono caduti oggi in un'area industriale
della cittadina di Netivot, nel sud di Israele, ferendo lievemente due
persone.Già ieri sera una quindicina di razzi e un colpo di mortaio,
sparati dalla striscia di Gaza, erano esplosi nel sud di Israele senza
fare vittime. Uno degli ordigni ha danneggiato una casa in un kibbutz
che sorge in vicinanza della striscia di Gaza.Israele: secondo Olmert la barriera di separazione è vitale per la sicurezza di Israele Gerusalemme, 23 dic - Il
premier israeliano Ehud Olmert ha dichiarato che la controversa
barriera di separazione dalla Cisgiordania che Israele sta costruendo
deve essere completata entro la fine del 2009. Il premier, secondo un
comunicato diffuso dal suo ufficio, in un incontro con rappresentanti
del ministero della difesa durante un giro di ispezione della barriera,
ha detto che il completamento di questa, in special modo attorno all'
area metropolitana di Gerusalemme, "é vitale per la sicurezza di
Israele". La barriera è lunga circa 790 km - in parte in forma di un
muro di cemento alto diversi metri - e di questi un quinto riguarda
l'area metropolitana di Gerusalemme. Israele afferma che la barriera ha
il fine di impedire attentati suicidi palestinesi nelle sue città che
in passato avevano causato centinaia di vittime, l' Alta Corte ha
invece giudicato illegale la barriera, in quanto in prevalenza
costruita in territorio palestinese occupato. I palestinesi affermano
che è uno dei maggiori ostacoli alla conclusione di un accordo di pace
e alla costituzione di uno stato palestinese. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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