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L'Unione informa |
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26 dicembre 2008 - 29 Chislev 5769 |
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alef/tav |
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Roberto Colombo, rabbino |
“Il
figlio di David arriverà solo quando nella generazione saranno
tutti meritevoli oppure tutti colpevoli” (Talmud
Sanhedrìn 98a). Spiegava il Gaon di Vilna: Il Mashiach
arriverà quando in ogni singolo ebreo non vi saranno
sfumature. Il meritevole sarà completamente Giusto, nelle sue
azioni come nel suo animo, e proverà piacere ad aiutare chi
è lontano dalla Torà solo per amore e mai per fama
e onore. Allora i colpevoli non nasconderanno più le loro
trasgressioni e mostreranno tutti i peccati occultati, ma solo
perché sentiranno che di fronte a loro vi è qualcuno veramente disposto ad aiutarli. |
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Si
è parlato molto di Facebook, in questi tempi. Chi apprezza, chi
disdegna. Chi va e chi viene. Ultimamente, la comunità virtuale
sta attirando a sé adulti, diciamo anche attempati e assestati
(proprio come chi scrive) ben oltre la soglia dei gaudenti 40. Vi sono
stati esperimenti di "uso" politico del mezzo, con il pensiero
che andava a Barack Obama. A volte nascono dibattiti tanto interessanti
quanto serrati (perché lì la concisione è
d'obbligo, meno male). Ma, almeno qui da noi, Facebook resta più
che altro una piazza ludica, una specie di chiacchiera globale. E'
bello, in questi giorni, assistere lì al vortice di auguri
interconfessionale che ci si scambia, data la concomitanza di Natale e
Chanukkhah. Almeno su Facebook, vige un rigoroso principio di pari
opportunità religiose. Prendiamolo come un piccolo, ma bel
segno. |
Elena Loewenthal,
scrittrice |
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Memoria, la sfida è dare un senso alle informazioni nella vita reale
Riprendendo le riflessioni sul problema della Memoria ebraica e del
Giorno della memoria, come si possono oggi sensibilizzare e costruire
delle coscienze
a partire dalla memoria della Shoà? Per rispondere a questa
domanda credo sia necessario interrogarci nuovamente sul senso, le
finalità e l’efficacia della didattica della Shoà:
che cosa significa e che cosa comporta trasmettere la Shoà?
Basta informare? Informare per cosa? Cosa vogliamo si generi da
questa Giornata: solidarietà, commozione, responsabilità,
consapevolezza o impegno etico e politico? Come si fa a costruire una
coscienza etica? Come può essere educativa la memoria? E cosa
significa, prima di tutto, educare? Possiamo affermare con una certa
sicurezza che l’informazione riguardo la Shoà non manca.
Anzi: esistono ormai valanghe di libri, filmati, trasmissioni
televisive, incontri, convegni, visite ad Auschwitz. Il problema quindi
non è tanto cosa si insegni, ma come questa informazione venga
trasmessa, perché possa suscitare interesse, sensibilizzare e
riguardare quindi chi ascolta, per educare e costruire una coscienza
politica attiva nella quotidianità. L‘educazione come pura
e semplice informazione non aiuta a creare una coscienza attiva, dotata
della capacità di porre domande e risposte, analizzare, pensare
e comprendere le differenze, andare oltre le apparenze e utilizzare
queste capacità nella vita di tutti i giorni. Sulla Shoà,
infatti, gli studenti e i giovani dovrebbero imparare soprattutto a
porsi domande, formulare analisi e opinioni personali che siano pensate
e motivate. Per fare questo i didatti dovrebbero essere in grado di
porre questa memoria in un contesto più ampio che comprenda
altre narrazioni storiche legate sia allo stesso periodo che
all’attualità. Così forse queste informazioni
possono ricevere un senso nella vita reale di tutti e diventare una
storia che ci dice ancora molto. In modo da essere fondamentale per costruire le nuove coscienze di oggi e di domani.
*Rav
Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane*
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"La storiografia può esserci d'aiuto solo se non ha da piegarsi alle ideologie"
Una
ventina di anni fa la letteratura sulle legge razziali fasciste era
ancora molto modesta. Oggi annoveriamo decine di libri e un gran numero
di saggi e articoli. Quasi ogni aspetto della persecuzione degli ebrei
da parte del regime fascista è stato sviscerato. Eppure
c'è chi continua a sostenere che fu una cosa blanda, quasi
umana, e chi sostiene, all'opposto, che le leggi razziali fasciste
erano peggiori di quelle naziste. Da un lato c'è chi insiste
sullo stereotipo "italiani brava gente" e chi dice che Pende era uguale
a Rosenberg. Mussolini era antisemita. Invece no. C'è chi
confonde l'antisemitismo con il razzismo.
E dopo tanti saggi sull'atteggiamento della Chiesa
si ricomincia a discuterne come se i documenti fossero ancora tutti da
scoprire. Allora la storiografia non serve a niente? Rischia di non
servire a niente quando viene piegata all'ideologia o strumentalizzata
a fini politici.
Giorgio Israel, storico della scienza
DOSSIER/ Le leggi razziste di 70 anni fa e le polemiche sui silenzi della Chiesa. Cosa hanno detto gli ebrei italiani
L'intervento
di Fini alla Camera. Le accuse alla Chiesa sui silenzi e le mancate
denunce delle leggi razziste del 1938 e le reazioni cattoliche. In un
dossier la redazione del Portale dell'ebraismo italiano WWW.MOKED.IT ha
raccolto le reazioni espresse dagli ebrei italiani.
Scarica il Dossier 
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rassegna stampa |
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affezionati lettori rimarranno forse un po’ stupiti nel leggerci
in un giorno in cui non escono giornali. E tuttavia, all’assenza
di carta stampata e alla chiusura per riposo delle edicole non fa da
corredo la mancanza di notizie. Poiché ci troviamo in dirittura
d’arrivo di un anno contrassegnato da alcuni grandi eventi
è forse questa l’occasione per iniziare a fare un primo
bilancio, lasciando aperta la porta, ovviamente, a tutte le considerazioni
che si dovessero aggiungere a quelle che offriamo. Cosa ha dominato le
nostre comunicazioni, quanto meno negli ultimi mesi? Prendiamo come
indice di un più ampio novero di fatti e di cose una polemica
che ha tenuto le pagine dei quotidiani e dei periodici in queste ultime
settimane. Le relazioni tra la Chiesa cattolica (ovvero la Santa
Sede, intesa come lo Stato della Città del
Vaticano ma anche in quanto ecclesia, ossia la più ampia e
variegata comunità di credenti e praticanti) e il mondo ebraico
(assai più piccolo ma non meno eterogeneo) stanno subendo dei
mutamenti i cui risultati siamo però ben lontani dall’avere ancora pienamente misurati. La
vicenda della difficile ascesa agli altari di Pio XII, il contrastato
processo di santificazione, con la ridda di spinte e controspinte
che ha ingenerato, ne è il segno più evidente,
l’aspetto per così dire emerso di un continente di umori
(e malumori) a stento negati. Ne è un segno, tra gli altri, il
riscontro che nell’archivio della nostra rassegna almeno
cinquecento articoli siano dedicati a questo tema e a ciò che
intorno ad esso vi ruota. Più che un problema per gli ebrei si
tratta di una tensione interna al mondo cattolico che
però si riverbera inevitabilmente nei rapporti con la
realtà circostante. Si veda a tale riguardo il Foglio del
20 dicembre, dove si offre una sintesi critica dello stato dei fatti. A
fare un cenno diffuso a tutto ciò è inoltre El Pais del
24 dicembre per la firma di Ana Carbajosa, dove vengono messi in
rilievo i contrasti che la visita di Benedetto XVI in Israele, oramai
preannunciata per il mese di maggio dell'anno entrante, porterà
con sé. Due sono le polarità in gioco: da una parte il
passato "che non passa", quello evocato dalla figura di un Papa il cui
magistero risulta a molti controverso. Ne dà un richiamo in tal senso Walter Delle Donne su il Secolo d'Italia del
17 dicembre, dove si parla di «fatti inequivocabili»,
riferendosi in particolare modo alle recenti affermazioni di Gianfranco
Fini, sulla inadeguatezza - ovvero sull'indifferenza – delle
reazioni nell’autunno del 1938 all’emanazione delle leggi
razziali. La risposta delle istituzioni ufficiali del mondo cattolico
non si è peraltro fatta attendere, con una vera e propria
offensiva della comunicazione portata avanti soprattutto dalle testate
più prossime alla Santa Sede. Tra l’ampia varietà
delle fonti si legga l’intervista a Lucetta Scaraffia su il Mattino del
17 dicembre, dove senza mezzi termini si attribuisce all’attuale
Presidente della Camera l’obiettivo politico di spostare
l’attenzione dai suoi trascorsi politici, dichiaratamente
neofascisti, ad altri oggetti di polemica. Da ultimo, tra i tanti
articoli, si segnala quello di Paolo Vian su L’Osservatore Romano del
24 dicembre, dove si dà ampia rassegna all’impegno della
Chiesa cattolica a sostegno degli ebrei perseguitati, in Europa come in
Italia. Dall'altro il presente difficile, fortemente critico, nei
rapporti tra una parte del mondo cristiano, segnatamente ancora una
volta di quello cattolico, e Israele. Non è questione di per
sé inedita ma conosce quegli andamenti altalenanti che sono
propri ai conflitti mai del tutto sedati, dove alle tensioni del tempo
trascorso si sommano incomprensioni e interessi divergenti nel
presente. La vicenda di Eugenio Pacelli si incontra allora con quello
strano “oggetto” della contemporaneità che è
lo Stato degli ebrei, mai del tutto accettato da una consistente parte
del cattolicesimo. Nel mezzo a quanto andiamo dicendo, oltre ad una
riflessione storica si impone anche un ragionamento storiografico,
ovvero sul come si procede alla definizione di ciò che è
rilevante rispetto al proprio passato. Rossana Rossanda su il Manifesto di
mercoledì 23 dicembre riflette nel merito di questo problema,
lasciando intendere quanto la percezione del passato sia infatti
ibridata dalle esigenze del presente e quindi dal giudizio
politico in senso stretto. Ai fatti della cronaca e della storia si
sovrappone, più che contrapporsi, l’esercizio
controfattuale di Alessandro Schwed, autore di un romanzo in
fanta-scenario, «La scomparsa d’Israele». L’Unità del
23 dicembre lo recensisce per la penna di Maria Serena Palieri.
L’ipotesi fantasiosa, e come tale spiazzante, è che la
storia si riarrotoli su sé stessa come una pellicola che
va al contrario: «gli ebrei israeliani raccolgono i propri
effetti e li rimettono in valigia e tornano – all’indietro
– sui passi che li avevano portati fin lì, via terra o via
mare. Contrordine, torna la diaspora». Di questa curiosa
“ricostruzione del futuro” già avevano parlato, con cognizione di giudizio, Giulio Busi su il Sole del 16 novembre e Elena Loewenthal su la Stampa
del 9 ottobre. Finiamo questa breve incursione sulle cose scritte nei
giorni e nelle settimane trascorse con un richiamo, visto che ci siamo
soffermati perlopiù sulle ricostruzioni del passato, alle
polemiche che il libro di Avraham Burg «Sconfiggere
Hitler» ha sollevato all’uscita nella sua edizione
italiana. La tesi di fondo è che Israele e l’ebraismo
siano in qualche misura prigionieri della memoria della Shoah, che ne
sta condizionando in maniera esclusiva l’evoluzione politica e
culturale. Ne parla diffusamente Giulio Meotti su l’Avanti del
13 novembre. Le reazioni sono state molteplici, essendo Burg - tra
l’altro - non solo un autorevole esponente della politica
gerosolimitana, in quanto ex speaker della Knesseth, ma anche uno dei
promotori di una lista elettorale di sinistra, alternativa a quella del
partito laburista, formazione politica ritenuta in crisi irreversibile.
Per cogliere il ventaglio di opinioni e reazioni è sufficiente
mettere a confronto l’intervista del il Riformista allo stesso Burg del 25 novembre con la lunga riflessione di Alessandro Schwed, di cui abbiamo appena parlato, su il Foglio di
pochi giorni prima, per l’esattezza il 15 novembre. Anche in
questo caso, se mai ne avessimo avuto ancora bisogno, ci possiamo
rendere conto di come il peso del passato sia così forte nella
nostra contemporaneità. Non è banale, quindi, concludere
dicendo che il dibattito è aperto.
Claudio Vercelli |
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notizieflash |
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Libano:
l'Unifil trova 8 razzi puntati su Israele
Beirut, 26 dic - Il
portavoce dei caschi blu, Yasmina Bouziane, ha riferito che "L'esercito
libanese ha rinvenuto a nord-est di Naqura (100 km a sud di Beirut)
otto razzi e piattaforme di lancio puntati verso sud", precisando
che il ritrovamento è avvenuto ieri sera. Bouziane ha aggiunto
che "una squadra di artificieri dell'Unifil è stata inviata sul
posto per collaborare con l'esercito libanese che ha disinnescato i
razzi". Secondo fonti della sicurezza citate oggi dai media libanesi,
si tratta di razzi 'katiuscia' e grad' con una massima gittata di 20
km. Il ritrovamento è avvenuto a cinque km dal confine
provvisorio con Israele, nel settore ovest dell'area di operazioni
sotto il comando del contingente italiano. Il portavoce della missione
Onu ha aggiunto che sul territorio "sono state dispiegate maggiori
unità dell'Unifil e dell'esercito libanese", così come
sono state "intensificati pattugliamenti e controlli di sicurezza
nell'area". Il comandante in capo dell'Unifil, il generale italiano
Claudio Graziano, "é in contatto con alti rappresentanti
dell'esercito libanese e di quello israeliano". |
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L'Unione
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
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Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
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