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L'Unione informa
 
    28 dicembre 2008 - 1 Shevat 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  benedetto carucci Benedetto Carucci Viterbi,
rabbino 
Questa sera, inizio dell'ultimo giorno di Chanukkà, accenderemo gli otto lumi della Chanukkjah. Seguiremo come sempre la posizione espressa nel Talmud dalla scuola di Hillel, che  ritiene si debba seguire un criterio progressivo: un lume la prima sera, due la seconda, fino ad otto l'ottava sera. Nel Talmud viene riportata anche l'opinione della scuola di Shammai - tradizionalmente in contrasto con quella di Hillel - secondo cui l'accensione deve seguire invece un criterio regressivo: otto lumi la prima sera, sette la seconda, fino ad uno l'ottava sera. Diverse e svariate sono le interpretazioni date a questa discussione: ricorderei oggi quella di rav  Pinkus, che vede nella modalità di accensione un simbolo di crescita interiore. Si può crescere per accumulazione (di sapere, di esperienza, di status), in una  aperta aspirazione alla completezza; e si può crescere per  sottrazione, tendendo all'essenza delle cose. Hillel, Shammai ed il miracolo di Chanukkà.
Dal Medio Oriente alla nostra crisi, ieri La Palisse ha segnato un punto a suo favore. Tra "Io speriamo che me la cavo", e le molte omelie sul dialogo
da riprendere, l’effetto è quello di una retorica che fa di tutto per non misurarsi con i dati strutturali e profondi delle realtà. Ci gira intorno credendo così, quatto quatto e senza rumore, di oltrepassare il punto critico e poi riprendere una tranquilla navigazione. Il principio su cui si regge questa articolata girandola di parole è sempre identico. Ovvero che il dialogo sarebbe lo strumento più appropriato per risolvere i contenziosi. Un’opinione su cui è facile riscuotere il consenso.
Ma poi bisognerebbe anche individuare oltre chi dialoga, anche su che cosa e quale obiettivo definito si intende conseguire. Su questo invece il nulla la fa da padrone. Nella lunga discussione qualcosa si è perso. Prima ancora che il senso della misura, il senso del ridicolo.
David Bidussa,
storico sociale delle idee
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Ora pesa l'incognita Hezbollah
 "C'è un tempo per la pace e un tempo per la guerra», ha dichiarato ieri il ministro (...) (...) israeliano della difesa Ehud Barak citando il Kohelet (Ecclesiaste ndr), aggiungendo "e questo è il tempo della guerra". Una guerra che l'intero Paese vuole per liberarsi dall'incubo (ma anche dalla vergogna per la sovranità dello Stato ebraico) dei missili di Hamas, Che pronostici si possono fare? Nell'immediato e sul piano militare molto dipende da due fatti che al momento sfuggono agli osservatori. 
1) La profondità dell'attacco israeliano. Difficilmente potrà limitarsi ad una risposta missilistica perché questa non piegherebbe ma rinvigorirebbe l'immagine di Hamas che pur di apparire irriducibile - e dunque vittorioso su Israele - non avrebbe scrupoli a sacrificare i suoi civili. Se verranno impiegate truppe, queste non rioccuperanno Gaza ma probabilmente (forse col tacito assenso dell'Egitto) riprenderanno il controllo di quella striscia di terreno larga due chilometri e lunga una ventina a ridosso della frontiera egiziana, sotto la quale sono stati scavati oltre 600 tunnel per alimentare Hamas con armi e contrabbando.
2) Gli Hezbollah interverranno nel conflitto? Se lo faranno, sparando missili sulla testa del corpo internazionale di separazione fra Israele e il Libano, lo scontro non solo finirà per allargarsi pericolosamente ma la risposta israeliana coinvolgerà anche il Libano, considerato oggi da Gerusalemme partner, non vittima degli Hezhollah. E questo senza fermarsi nemmeno alla distruzione dei centri abitati, dentro i quali gli Hezbollah hanno nascosto migliaia di missili, diventando un paravento per la strategia di Teheran contro Israele. Se Hezbollah non si inserirà nel conflitto questo si trasformerà per lui, per la Siria e per l'Iran in un duro colpo di prestigio e di credibilità.
3) Se sotto pressione internazionale o delle bombe si arriverà rapidamente ad un cessate il fuoco, difficilmente Israele potrà accettarlo senza due condizioni: un controllo reale da parte di Hamas o di una qualche autorità internazionale sul ancio dei missili contro Israele; la liberazione del caporale Shalit, con o senza scambio di prigionieri, ormai diventata un simbolo politico per le parti in conflitto. 
4) Da come questa operazione andrà a finire dipenderà l'esito delle elezioni israeliane del 10 febbraio prossimo e di quelle per il presidente palestinese il 9 gennaio. Il successo potrebbe rappresentare «l'esame di riparazione» politico del premier Ehud Olmert, dopo le colpe che gli sono state addossate per la condotta, tre anni fa, della seconda guerra del Libano. Per il suo partito Kadima, di cui il ministro degli Esteri Tzipi Livni è il nuovo capo (ma con capacità di leadership molto discusse perché mai messe alla prova) questa guerra può significare il trionfo o la sconfitta elettorale nei confronti del principale avversario, il Likud. In gioco c'è dunque anche l'avvenire dei negoziati di pace coi palestinesi a cui Bibi Netanyahu e la destra israeliana non credono. 

R.A. Segre, Il Giornale -  28 dicembre 2008

 
 
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Gaza; secondo Barak possibile ampliamento operazioni            
Gerusalemme, 28 dic -
Il ministro della difesa israeliano Ehud Barak dopo aver espresso soddisfazione per i risultati dei raid aerei di ieri contro obiettivi di Hamas, ha detto oggi che le operazioni militari nella striscia di Gaza "potrebbero essere ampliate e approfondite, secondo le necessità".  Barak ha avvertito che le operazioni militari non saranno di breve durata e nemmeno facili e Israele dovrà dare prova di fermezza. Fonti informate riferiscono intanto di un limitato richiamo alle armi di unità di riservisti e di movimenti di blindati in direzione del confine con la striscia di Gaza.


Gaza; esercito israeliano colpisce una moschea usata per terrorismo
Gaza, 28 dic -
Un portavoce militare israeliano ha diffuso la notizia di aver bombardato ieri una moschea a Gaza City perché era usata per "attività terroristiche". Il portavoce israeliano ha anche riferito che Israele ha cercato di evitare di attaccare istituzioni religiose, ma che "nessun responsabile degli attacchi (su Israele, n.d.r.) troverà rifugio in qualsiasi struttura".  Secondo fonti mediche palestinesi, l'attacco ha fatto due vittime palestinesi. 
 
 
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