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L'Unione informa
 
    9 gennaio 2009 - 13 Tevet 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Roberto Colombo Roberto
Colombo,

rabbino 
"Giacobbe visse in terra d'Egitto per 17 anni". Durante il tempo in cui Yosef non era a casa Giacobbe aveva perso la forza profetica. La tristezza allontana la visione dell’avvenire. Ritrovata l'unione dei figli egli ricominciò a vivere e grazie alla gioia riconquistò anche il dono della profezia. Rashì spiega che Giacobbe avrebbe quindi voluto rivelare ai figli il giorno della venuta messianica ma non vi riuscì. Non fu Dio che gli tolse la rivelazione ma i figli stessi. Giacobbe, scrutando il futuro, vide anche la sofferenza del popolo ebraico, il dolore della persecuzione e l'odio che gli ebrei avrebbero dovuto sopportare nella storia. Questo lo addolorò e per l'ennesima volta la profezia lo abbandonò. I figli sono fonte di gioia e di dolore. Grazie a loro si acquista la forza di guardare avanti e a causa loro si perde la capacità di vedere un futuro. (Shemuel Borenshtein di Sochatcew)
Spinto dalla misericordiosa passione per la Giustizia e la Pace, il cardinale Raffaele Martino è inciampato nella verità dei numeri. Nel "lager di Gaza" la popolazione è triplicata. In quelli tedeschi è scomparsa.   Vittorio Dan
Segre,

pensionato
Vittorio Dan Segre  
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  Il cardinale Martino, i campi di concentramento
e quello che vuole realmente Hamas

Secondo il Cardinale Renato Martino Gaza è un "campo di concentramento". In tal modo egli ha recitato la prolusione alla prossima Giornata della Memoria dove, in coerenza con un andazzo in crescendo da diversi anni, il tema principale sarà il raffronto tra la Shoah e il martirio del popolo palestinese, beninteso inflitto dai perseguitati di un tempo, che oggi sono diventati persecutori... ecc. ecc.
Tuttavia, il Cardinale non ha precisato in modo esplicito chi sono coloro che detengono le chiavi del "campo di concentramento". Se intendeva dire che si tratta di Hamas si potrebbe anche perdonare la sua sparata come un eccesso verbale, in nome del fatto che avrebbe testimoniato di voler dire la verità.
Altrimenti gli consigliamo di aprire un dialogo con il signore che parla in questo sito.
Potrà ricevere un'efficace spiegazione di che cosa intenda Hamas per "campo di concentramento" e conoscere la sorte che è stata preparata per lui e per tutti i membri del Sacro Collegio.

Giorgio Israel, storico della scienza 
 
 
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Raccogliamo i tasselli del mosaico e ricomponiamoli in una trama unitaria, ovvero possibilmente dotata di un qualche senso. Primo passaggio: la denigrazione basata sulla finzione di un equivoco che non c’è. Un sindacatino autonomo, il Flaica-Uniti- Cub, evidentemente molto militante, ha invitato a «boicottare tutti i negozi romani gestiti da ebrei». Così ce lo raccontano le cronache di Maria Rosaria Spadaccino su il Corriere della sera, Giacomo Sette su Libero, Raffaela Troili su il Messaggero e il Messagero Roma, Paolo Brera su la Repubblica, Guido Ruotolo su La Stampa, Fabio Perugia su il Tempo, Giovanni Grasso su l’Avvenire, Marta Rossi e Delfina Santoro su Epolis Roma, Stefania Scarpa su il Giornale e Paolo Guzzanti sempre su il Giornale,  Carlo Bucci su la Repubblica, Valeria Forgnone su la Repubblica Roma, Alessandro Ferrucci su L’Unità Roma  ma anche il Mattino.
La défaillance commessa non sta nella menzogna evocata dai suoi “dirigenti” che, chiamati in causa, hanno frettolosamente rettificato dicendo che il loro era un invito a non acquistare prodotti israeliani, punto e basta. Piuttosto è l’indice di una sprovvedutezza, quella di avere voluto fare il passo più lungo della gamba, dicendo a viva voce quello che tanti altri pensano ma che sanno di non potere (ancora) pronunciare apertamente. Se vi fate un giretto tra la miriade di blog e di pagine web in internet vedrete come la “proposta” del Flaica sia semplicemente la forma, neanche troppo esacerbata, di un odio che sta montando, alimentato com’è dalla ferocia di un antico e nefasto pregiudizio. L’equivoco che non c’è è invece il fingere, colti con le mani nel sacco, di avere “confuso” gli ebrei con gli israeliani. “Scusateci -  fanno finta di affermare questi signori - ci siamo un po’ sbagliati: mica ce l’abbiamo con gli ebrei. Piuttosto sono gli israeliani che ci stanno antipatici”. Dimitri Buffa, su L’opinione, ci racconta di una di queste derive culturali e morali, quello dell’antropologa Ida Magli (la cui portata che va ben al di là dell’episodio appena menzionato) e di come possa sfondare una fragile porta, quello del senso comune.  Fa da pendant al delirio politico-ideologico di certuni quello pseudoteologico espresso dal calciatore Nicola Legrottaglie e riportato dalla Gazzetta dello Sport, per  il quale «il conflitto a Gaza è una profezia della Bibbia. Il popolo d’Israele era quello prediletto da Dio. Ma non l’ha riconosciuto e ora ne sta pagando le conseguenze». Bagatella, ad onore del vero, già tante volte sentita in giro ma rafforzata nella sua strafottenza dal fatto che a pronunciarla è un calciatore, archetipo del vero e proprio maître à penser nella società dei consumi e delle veline. Che le acque e i pensieri siano molto confusi, poi, ce lo ricorda con la sua solita autorevolezza padre Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose su la Repubblica, che spende più di una assennata parola sul significato spirituale della preghiera. Di contro, aggiungiamo noi, al suo uso politico, come è avvenuto nei giorni scorsi sul sagrato del Duomo milanese, fatto sul quale ritorna Gad Lerner con una intervista per la Repubblica. Una nota della Conferenza episcopale italiana, richiamata da il Riformista, enuncia un passo importante: «l’antisemitismo facilmente si sposa con l’antisionismo». È un importante richiamo poiché, come ricorda Sergio Minerbi nell’intervista resa a Fabio Scuto per la Repubblica, l’atteggiamento della gerarchia vaticana fino ad oggi è stato assai poco equidistante. Peraltro, come pare indicare Andrea Bevilacqua su Italia Oggi, nelle stanze del Vaticano rispetto alla crisi che si sta consumando a Gaza è in corso senz’altro un confronto “dialettico” tra opinioni contrastanti. Chi invece è della stessa opinione, e da sempre, è il granitico Francesco Bifo  Berardi su Liberazione che ripropone, a modo suo, la sostenibilità della tragica equazione tra religione e politica.
Secondo passaggio: se tra le strade di Gaza e delle cittadine limitrofe si combatte una battaglia con pallottole e bombe sulla stampa nazionale e internazionale (e ancora di più tra le televisioni) si sta svolgendo uno scontro non meno pesante, giocato sul destino delle immagini che vengono prodotte ed utilizzate per definire i protagonisti del conflitto in corso. Ci ragiona sopra il rabbino Marvin Hier, su The Wall Street Journal Europe. Due sono i riscontri da cui partire per quel che riguarda casa nostra. Il primo demanda ai linguaggi e all'immaginario che essi evocano: a scorrere le pagine di alcuni dei nostri giornali pare di essere ripiombati nella cupa atmosfera che contrassegnò la campagna militare libanese del 1982, quando Israele, ma anche e soprattutto gli "ebrei", furono indicati come i responsabili diretti di un crimine, da alcuni definito senza mezzi termini come "genocidio" dei palestinesi. Le azioni dell'esercito di Gerusalemme (ma la quasi totalità dei commentatori fa riferimento, non a caso e non per sbadataggine, a Tel Aviv come capitale di Israele), infatti, vengono giudicate senza nessun tipo di contestualizzazione. L'esercito israeliano bombarda i civili, uccide i bambini, massacra le famiglie, affama la popolazione della Striscia e così via. Non c'è un prima e neanche un durante: il focus mediatico è ossessivamente concentrato sugli effetti dell'azione militare, amplificati oltre misura. Si tratta di un infelice ritornello che viene offerto quotidianamente ai lettori, condito con la salsa dell'ovvietà. Che vi siano eccezioni al riguardo è non meno vero ma a passare, come messaggio principale, è il più delle volte il richiamo alla "colpa a prescindere" di Israele. Il secondo riscontro, e si intreccia al primo, è nel merito della modalità in cui viene ricostruita tutta la vicenda in corso a Gaza: si tratterebbe di un problema squisitamente "umanitario" che, tradotto, in parole povere, vorrebbe dire che Israele è, nelle sue condotte, disumana per definizione. Così, tra i tanti possibili esempi, Stefano Sarfati su il Manifesto (o i capitomboli della ragione fatti Tommaso di Francesco, sempre su il Manifesto, riguardo al sindacatino autonomo di cui dicevano in apertura).
Terzo passaggio: le notizie dal fronte e dagli annessi e connessi. Ce le ricordano, tra gli altri, Reuel Marc su il Foglio e la quotidiana corrispondenza di Toni Capuozzo sempre per la medesima testata. C’è il rischio di un secondo fronte, si interroga Fiamma Nirenstein su il Giornale cosi come fanno Liberal e Andrea Morigi su Libero pronunciandosi sugli orizzonti libanesi? Improbabile, ma su questo aspetto avremo modo senz’altro di tornare sopra. Per la serie dell’analisi, più o meno condivisibili ma sempre informate e interessanti, si legga oggi il pezzo di Antonio Ferrari su il Corriere della Sera riguardo a «la svolta di Fatah». Forse un po’ più perplessi può lasciare invece l’intervista a Todd Gitlin di Marlisa Palumbo su Europa, dove si contesta la strategia mediatica di Israele rispetto a Gaza, ma certe affermazioni hanno pure un qualche fondamento. Ancora, tra le cose da leggere c’è Giuseppe Mammarella su il Messaggero. Da segnalare, infine, l’articolo di Barbara Schiavulli su l’Espresso, un viaggio inquietante dentro Hamas, insieme all’intervista di Gigi Riva a Ely Karmon, sempre su l’Espresso.

Claudio Vercelli 

 
 
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Roma, Negozi di ebrei;                                                                            
Gattegna “Un tentativo folle di discriminazione”                               Roma, 9 gen -
"Un tentativo folle di discriminazione portato avanti da una associazione di cui non ricordo neanche il nome" così il presidente Ucei Renzo Gattegna ha definito la proposta di boicottaggio fatta l'altro ieri dal sindacato autonomo Flaica-Uniti-Cub a conclusione dell'incontro del presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, con la comunità ebraica di Roma al quale hanno partecipato oltre a Gattegna, il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici e il capo rabbino Riccardo Di Segni.
Pacifici ha annunciato che la Comunità ebraica di Roma denuncerà il sindacato che ha proposto il boicottaggio dei negozi degli ebrei."Così come hanno fatto Cgil, Cisl e Uil denunceremo il sindacato ricorrendo alla legge Mancino per l'istigazione all'odio razziale - ha spiegato Pacifici- anche la comunità ebraica di Roma non si risparmierà e farà la stessa azione". Pacifici ha poi ribadito che "siamo pronti a lavorare su valori comuni di identità nazionale in nome della memoria di Umberto Terracini, uno dei padri della Costituente, collante che ha unito l'Italia nella Costituzione".


Roma, Negozi di ebrei; Marrazzo, Hamas aggredisce Israele
Roma, 9 gen -
Il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, a conclusione dell'incontro con la comunità ebraica di Roma alla quale ha portato la sua solidarietà ha affermato:"Dobbiamo dire con grande fermezza che c'è la questione della sicurezza di Israele. Hamas è un'organizzazione terrorista oltre che un gruppo politico e aggredisce Israele" ed  ha aggiunto che "nello stesso modo si pone la questione della nascita dello Stato della Palestina, tenendo insieme un sogno che è quello che il popolo israeliano e il popolo palestinese possano finalmente convivere con due stati. A ciò però non si arriva boicottando i negozi di ebrei".

Gaza: Israele conferma tregua di tre ore 
Tel Aviv, 9 gen -
Radio Gerusalemme ha riferito che anche oggi, come nei due giorni passati, Israele sospenderà le attività militari a Gaza per tre ore per consentire alla popolazione palestinese di rifornirsi di viveri. La 'tregua umanitaria' avrà inizio alle ore 13 locali, le 12 in Italia, e terminerà alle 16. Fonti israeliane aggiungono che decine di camion carichi di aiuti umanitari sono stati autorizzati anche oggi ad entrare a Gaza dal valico di Kerem Shalom. Israele ha inoltre autorizzato la fornitura a Gaza di quantità di combustibile. 
 
 
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