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L'Unione informa |
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11 gennaio 2009 - 15 Tevet 5769 |
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alef/tav |
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Benedetto Carucci Viterbi, rabbino |
Svastiche
e scritte sui negozi degli ebrei a Roma. Segni che, vergognosamente,
vengono dall'esterno. La tradizione ebraica ha il suo segno sulla
porta, la mezuzà: la piccola pergamena con citazione biblica
che, nel suo astuccio,si fissa allo stipite. Meglio sceglierli da dentro, i segni. |
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Ieri a Milano si è ripetuta la scena della preghiera alla fine della manifestazione per la Palestina. Possiamo
discuterne in vario modo e osservare che preliminarmente, per
discuterne serenamente, al netto di una lettura
politica, nonché di una lettura che legge quella
scena come un atto politico in cui spesso nella testa di molti
dei suoi partecipanti il nemico politico si confonde e si sovrappone al
nemico di Dio, sia necessaria la presenza nella nostra mente di un
solido fondamento laico (di credenti e non credenti) che nel nostro
Paese costituisce una risorsa alquanto scarsa, per non dire nulla. Ma
accanto a questo problema, di per sé rilevante, ne esiste anche
un altro che finora non è emerso e che riguarda una fetta
rilevante e consistente dell’opinione pubblica del nostro Paese,
ovvero la sinistra e la dimensione della sua laicità (a questo
punto presunta, più che reale, verrebbe da dire). In una
lettera che compare su “Il Manifesto” mercoledì 7
gennaio a firma Manuela Cartosio, si legge: “da un pezzo siamo
costretti a allontanarci da manifestazioni per una giusta causa che
usano un linguaggio sbagliato: manichini e bandiere bruciate, stella di
David uguagliata alla svastica, ora le preghiere rivolte alla Mecca.
Per la destra nostrana queste ultime sono un sacrilegio, una
contaminazione dei sagrati e delle «radici cristiane».
Fatti suoi. Fatti nostri, invece, che manifestazioni organizzate anche
dalla sinistra deviino dalle sue «radici laiche». Considero
questo rassegnato codismo come l'ultima delle prove dell'impotenza di
una sinistra a pezzi, incapace persino di contrattare le
modalità di un corteo. Non si obietti, per favore, che di fronte
ai cinquecento morti a Gaza queste sono argomentazioni accademiche.
Riguardano lo statuto della sinistra” Si può dire meglio e più direttamente di così? |
David Bidussa, storico sociale delle idee |
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davar |
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"Sosteniamo Israele per sostenere la pace"
“Il
Signore renda i nostri nemici che sorgono contro di noi sconfitti
davanti ai nostri soldati. Il Santo Benedetto Egli sia protegga e salvi
i nostri soldati, in ogni luogo, da ogni disgrazia e avversità e
da ogni malattia. Conceda benedizione e successo ad ogni opera delle
loro mani”. Con la benedizione per i militari di Tsahal,
pronunciata dall’ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir,
si è conclusa la serata a sostegno dello Stato di Israele,
organizzata all’Hotel Parco dei Principi di Roma, nel quartiere
Parioli blindato da decine di camionette di forze dell’ordine,
dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dalla
Comunità Ebraica di Roma, e dalle Associazioni Keren Hayesod,
Keren Kayemet Leisrael, Benè Berith, Ugei e Martin Buber ebrei
per la pace, cui hanno partecipato quasi duemila persone oltre a
esponenti politici di tutti gli schieramenti fra cui Piero Fassino
Ferdinando Adornato e Andrea Ronchi oltre a Alessandro Ruben e Fiamma Nirenstein
e leader ebraici fra cui il presidente Ucei Renzo Gattegna, il
presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, il
rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente del Benè
Berith e consigliere Ucei Sandro Di Castro, il presidente del Keren
Kayemeth Leisrael, Raffaele Sassun e la co-presidente del Keren Hayesod
Johanna Arbib. Tra i presenti, Giancarlo Elia Valori, Furio
Colombo, Clemente Mimun, Gabriella Kostoris, Olga D’Antona,
Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri.
Il pubblico in sala
ha applaudito lungamente gli interventi dei tre esponenti del mondo
politico. Controllato l’intervento dell’on. Piero Fassino,
che ha affermato che la responsabilità di questo conflitto
è di Hamas. “Hamas, ha sostenuto Fassino, ha trasformato
Gaza in un’enclave terroristica, [...]noi tutti abbiamo il dovere
di fare in modo che la fase del conflitto armato cessi il prima
possibile. Quando questo conflitto terminerà se Hamas vuole
essere un interlocutore per la pace deve riconoscere il diritto di
Israele ad esistere, se Hamas riconoscerà Israele è
dentro il processo di pace altrimenti è
fuori”. ” Sono stato in Israele varie volte - ha
continuato - e quello che mi ha colpito era rendermi conto che se
parlavo con un israeliano o con un palestinese entrambi sapevano dirmi
quale sarà il punto di arrivo, ma nessuno dei due sapeva dirmi
come ci si deve arrivare. Il tempo non lavora per la pace. Pensare che
il trascorrere del tempo aiuti la pace non è esatto. Noi abbiamo
il dovere di fare oggi e di fare in fretta”. “Non sono
qui per generica solidarietà, sono qui per difendere me stesso,
la democrazia italiana, la democrazia dell’Occidente”.
Così il deputato dell’Udc Ferdinando Adornato ha
aperto il suo intervento subito dopo quello dell’on. Fassino
“Molti governanti non vogliono capire - ha spiegato - che Israele
siamo noi. Se cade Israele cade anche l’Occidente”. Per
questo, secondo Adornato, “non ha senso” la parola
equidistanza. Adornato ha poi detto: “Se c’è un
campo di concentramento a Gaza, è quello che Hamas ha
determinato mettendo i civili vicino a chi lancia i razzi”. Ed ha
concluso “Non si può trattare la pace con chi non la
vuole, bisogna arrivare al concreto disarmo di Hamas,
nell’area”. ”Sono qui per testimoniare piena solidarietà con gli aggrediti, ovvero con Israele - ha affermato i Ministro delle politiche europee Andrea Ronchi
- Sono qui a nome del governo, contro il terrorismo, contro gli infami
degli striscioni e contro gli sciacalli che hanno invitato al
boicottaggio dei negozi degli ebrei. Contro - ha proseguito Ronchi -
chi non ha avuto il coraggio di dire che Israele aveva ragione”. “Il
terrorismo, ha precisato Ronchi, si combatte senza se e senza ma e
Hamas è il nemico, poi ha concluso, sono contento di essere
politicamente scorretto e di affermare che non ci sarà pace
finché ci sarà Hamas: vorrei ricordare che due anni fa
l’Ucoi pubblicò su un quotidiano una vergognosa pagina
nella quale si condannava lo Stato di Israele, negandogli il diritto ad
esistere.
Dopo il canto per la pace intonato da un coro di ragazze appartenenti all’ssociazione giovanile Benè Akiva Riccardo Pacifici,
ha affermato “Siamo una grande lezione per chi in questi giorni
nelle piazze ha gridato il nome di Hamas per la distruzione di Israele.
Voglio ricordare che nel 1982 Spadolini fu l’unico che si
rifiutò di incontrare Arafat". “Con la nostra angoscia e
la nostra dignità - ha poi detto - ci rivolgiamo agli amici che
ci hanno sostenuto e ci sono stati vicini. Oggi la situazione si
è ribaltata rispetto a quello che succedeva negli anni
scorsi”. Pacifici ha espresso la sua solidarietà al
sindaco Alemanno per le scritte contro di lui e, riferendosi alle
manifestazioni antisemite contro i negozianti romani, ha detto:
“Noi non abbiamo paura e non ci faremo mettere paura”. Il
presidente della Comunità romana ha poi ringraziato coloro che
hanno reso possibile il cambiamento dell’opinione pubblica degli
italiani verso Israele e tra questi ha citato Magdi Allam, Giuliano
Ferrara, Fiamma Nirenstein, Furio Colombo e Antonio Polito.
“Gli
ebrei italiani sono vicini ad Israele non solo per motivi affettivi,
sentimentali e culturali, ma anche per un’analisi ragionata, il
più possibile obiettiva e scevra da preconcetti, dai quali
vogliamo tenerci lontani, per mantenere la nostra capacità di
comunicare, di comprendere, di essere compresi”. “Gli ebrei
italiani sono vicini ad Israele non solo per motivi affettivi,
sentimentali e culturali, ma anche per un’analisi ragionata, il
più possibile obiettiva e scevra da preconcetti, dai quali
vogliamo tenerci lontani, per mantenere la nostra capacità di
comunicare, di comprendere, di essere compresi”. Così Renzo Gattegna
nel suo intervento, quasi a conclusione della serata. Gattegna, che ha
portato il messaggio di amicizia del presidente della Camera,
Gianfranco Fini, ha proseguito riaffermando “non solo la nostra
solidarietà con le ragioni della democrazia israeliana
continuamente aggredita, ma soprattutto la nostra ferma opposizione a
forze che predicano la violenza cieca, il suicidio, il martirio”. Il
presidente dell’Ucei ha quindi sostenuto che il conflitto in
corso “è drammatico e comporta un alto prezzo di vite
umane, ma forse potrebbe aprire nuovi spazi di trattativa se i fautori
della guerra usciranno sconfitti e delegittimati”. Qualche
momento di tensione ha infine accompagnato l'intervento
di Clotilde Pontecorvo in rappresentanza del Martin Buber,
qualcuno dal pubblico ha gridato “Vai a vivere a Gaza”
quando la Pontecorvo ha affermato che “da Israele deve scaturire
una seria svolta negoziale”.
Lucilla Efrati |
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pilpul |
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Il filantropo ebreo che divide la comunità per gli aiuti a Gaza
Non
c'è un attimo da perdere. Mille bambini di Sderot e del Sud di
Israele lo aspettano fra poche ore con la merenda nello zaino. Le
scuole anche questa mattina ancora non potranno aprire i battenti. Da
Gaza continuano a piovere missili sulla popolazione civile. Nella
guerra contro il fondamentalismo islamico non ci sono solo i caduti,
gli ospedali che accolgono i feriti, ma anche le sofferenze di tutti i
giorni. Gli incubi. L'angoscia di doversi risvegliare sotto i
missili lanciati da terroristi che prendono di mira la gente comune. Le
corse disperate verso i rifugi. I quindici secondi, non uno di
più, che restano a disposizione per tentare di mettersi al
riparo. Mentre a Roma migliaia di cittadini si riuniscono per
riaffermare Sosteniamo Israele, sosteniamo la pace, nel suo quartiere
generale di Toronto lui segue gli avvenimenti a distanza, ma senza mai
distogliersi dai suoi piani. Ci sono i bambini di Sderot, ci sono
migliaia di lettori Mp3 da consegnare. Ci sono 300 mila euro di
medicinali in viaggio verso l'Italia. E tante altre iniziative, tante
richieste che provengono dalle zone di crisi del mondo. Fuori dai
vetri, a Toronto, nessuno si stupisce se il termometro segna meno 20.
Ma nella centrale operativa il clima è febbrile. Il piano
è quasi pronto. Il suo esercito non mostra i colori di un Paese,
ma quelli di SkyLink, l'azienda che gestisce con il suo socio indiano
specializzata in trasporti aerei e terrestri per le grandi operazioni
umanitarie. La sua armata schiera in campo una flottiglia di
elicotteri, un grande aereo per il trasporto di mezzi pesanti, mezzi
motorizzati e alcuni specialisti. La sua guerra
la combatte con questi mezzi. Questa mattina tutti in gita, forse allo
zoo, nelle aree di Israele che ancora non possono essere raggiunte dai
missili di Hamas. La sera poi di nuovo a casa. Perché,
nonostante i rischi, dividere le famiglie sarebbe la sconfitta peggiore. E
mentre si definiscono i dettagli di questa operazione si accavallano
altri piani. Il telefono continua a squillare. E' il Primo ministro
canadese Stephen Harper. E' il Presidente di Israele Shimon Peres. E'
qualcuno da Roma che vuole indicazioni sui 300 mila euro in medicinali
destinati al Medio Oriente. “Tranquilli – risponde Walter
Arbib, l'imprenditore di origine tripolina che grazie alla mediazione
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della
Comunità Ebraica di Roma ha donato 300 mila euro in medicinali
per alleviare le sofferenze delle popolazioni civili, soprattutto dei
bambini e in particolare di coloro che sono tenuti in ostaggio dai
terroristi di Hamas – il carico è già in viaggio,
il Governo italiano lo prende in consegna a breve”. Appena
una pausa per rispondere a qualche domanda. Troppo poco per comprendere
a fondo quest'uomo cacciato dalla sua terra, cittadino del mondo,
imprenditore di successo che dice di essere ossessionato dall'idea di
aiutare gli indifesi. Ma anche un'occasione rara per cogliere qualche
frammento
nella vita di un uomo. “Invece di parlare – commenta Arbib - cerco di
fare.
Nel mio lavoro ho visitato i posti più tristi del mondo, in cui
genitori non possono neanche sfamare i propri figli e forse questo ha
cambiato il mio modo di vedere la vita e i miei principi”. Ma questa donazione dei medicinali non tutti hanno mostrato di capirla. “I
medicinali era giusto che fossero offerti. Sono destinati ai bambini. I
bambini non hanno colpa di quella che è la politica del loro
governo o degli adulti irresponsabili che li lasciano usare come scudo
umano”. Ma
come fa lei ad agire sullo scenario internazionale per conto proprio,
non si rende conto di quante implicazioni delicate ci sono dietro
un'operazione del genere? “Prima di avviare
un'operazione mi accerto che sia ben compresa dal Canada, il Paese che
mi ha accolto a braccia aperte e da dove opero, condivisa da Israele e
in questo caso dall'Italia”. E' stato lei a sollecitare i leader ebraici italiani a favorire questa operazione? “I leader ebraici italiani hanno le migliori credenziali per qualsiasi cosa decidano di fare per Israele”. Come è stata concepita questa donazione? “Credo
che l'offerta fosse quanto mai opportuna. Il Governo italiano e il
ministro Frattini hanno appoggiato le ragioni di Israele e volevamo far
sentire il nostro aiuto a bimbi usati come scudi e vittime di chi li
tiene in ostaggio”. E
allora perché queste incomprensioni comparse sul forum degli
ebrei tripolini “Mafrum per tutti” (dal nome di un cibo
caratteristico) e riprese da alcuni irresponsabili? “Mi
auguravo di non dover intervenire. Non cerco notorietà. Non ho
mai parlato con i giornali. Sono stato costretto dalla stupidità
di chi non ha capito e ha voluto intervenire a sproposito. Parlano,
fanno danni, ma quando c'è da agire non si fanno più
vedere. Aiutiamo insieme Israele con i fatti e non con le parole”. Scusi
Arbib, molti le hanno chiesto perché questi aiuti vanno a Gaza,
pochi invece le hanno domandato perché mai dovrebbero andare in
Israele. Israele è un Paese straordinariamente avanzato e il suo
sistema sanitario offre costantemente aiuto a tutte le popolazioni
circostanti. E' sicuro che abbia bisogno delle sue medicine? Certo
che non ne ha bisogno per le sue strutture. Per quello che ne so
Israele a sua volta è un grande benefattore, in questo momento
sta provvedendo senza ostentarlo enormi aiuti alla popolazione civile
palestinese. E non solo. Israele è intervenuta per le vittime
dello Tsunami, in Pakistan e persino in Corea del Nord. Abbiamo mosso
in tempi recenti aiuti in medicinali per 3,5 milioni di dollari. E
stiamo valutando altri progetti in totale sintonia con
Gerusalemme”. Lei
agisce sempre in tandem con il suo socio, il sikh Surjit Babra. Cosa
lega persone provenienti da culture così diverse? Prima
di tutto le nostre esistenze hanno molto in comune. Abbiamo cominciato
da zero tutti e due e quello che abbiamo ce lo siamo costruito con le
nostre mani. Il mio socio partecipa a tutte le mie scelte ed è
un grande amico di Israele. Quando il Bené Berith ha deciso di
concedermi un'onoreficenza ho fatto loro presente che avrei potuto accettarla solo se la avessero consegnata a noi due assieme e non a me da solo. E com’è finita? A ritirarla ci siamo andati in due. Curare con le medicine è la sua unica preoccupazione? No,
quando le emergenze me lo consentono cerco di dedicarmi anche alla
cultura e alla conoscenza della nostra cultura di ebrei di origine
libica. Vorrei invitare tutti a visitare il museo libico di Or Yehuda
in Israele e quello che si sta costruendo a Roma. E' importante per
conoscere la nostra storia e per comprendere quello che abbiamo
sofferto quando ci hanno cacciato dalle nostre case quaranta anni fa.
Ma è anche importante per comprendere che dobbiamo dimostrarci
capaci di superare le nostre sofferenze, di guardare avanti e di
costruire un mondo migliore”. Altro da aggiungere? “Adesso basta, lasciatemi lavorare”. Di
parole, date le sue abitudini, ne ha dette anche troppe. Ora si torna
ai fatti. Se qualcuno non ha capito, pazienza. Questa volta, in ogni
caso, le mafrume le serve lui.
Guido Vitale |
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rassegna stampa |
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Rassegna
stampa debordante, quella di oggi, in cui le dolorose cronache dal
Medio Oriente spesso finiscono in secondo piano a favore di fronti
molto più interni. La notizia di maggiore spicco riguarda la
grande manifestazione “Sosteniamo Israele, sosteniamo la
pace” promossa ieri sera dall’Ucei e dalla Comunità
ebraica di Roma a cui danno ampio spazio sia il Corriere della sera nella cronaca di Fabrizio Caccia sia Repubblica articolo di Carmelo Lo Papa. Un secondo filone di notizie si concentra invece sulle manifestazioni anti-Israele che, come riferisce tra gli altri Repubblica hanno
nuovamente visto roghi di bandiere israeliane nei cortei e una
preghiera islamica a Milano. Si segnalano, per suggestione, i titoli di
Libero, "Un esercito di musulmani marcia su Milano”, e del Giornale, “Milano la capitale di Gaza”, mentre il Tempo parla senz'altro di “intifadah italiana”. Un ultimo triste fronte, di cui danno notizia tra gli altri Repubblica e il Manifesto si
riferisce infine alle svastiche e agli insulti nazisti con cui sono
stati imbrattati a Roma tanti negozi di ebrei e alle loro reazioni, tra
sdegno e preoccupazione, a questi gravi gesti che con forza richiamano
alla memoria la discriminazione delle leggi razziali. Daniela Gross |
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notizieflash |
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Olmert:
“Israele si avvicina agli obiettivi prefissati”
Gerusalemme, 11 genn "Israele
si avvicina agli obiettivi che si è prefissato". Lo ha affermato
oggi il premier israeliano Ehud Olmert, aprendo la consueta riunione
del consiglio dei ministri. "Non possiamo lasciarci sfuggire all'ultimo
momento quanto è stato finora conseguito con grandi sforzi", ha
chiarito il primo ministro. “Nessun Paese al mondo, anche quelli
che ci fanno la predica, avrebbero mostrato un autocontrollo maggiore -
ha continuato Olmert - Siamo stati costretti ad intraprendere
un’operazione con una decisione che era inevitabile in aiuto dei
figli e dei nostri cittadini che si trovavano in una situazione
insopportabile" per i continui lanci di razzi palestinesi da
Gaza”. "Sapevamo fin dall'inizio che non sarebbe stato semplice e
che quanto viene considerato normale altrove è a malapena
accettabile per Israele”. Olmert ha inoltre ribadito, con
evidente riferimento alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite per l’immediato cessate il fuoco a Gaza, che
Israele non accetterà alcuna limitazione per ciò che
riguarda la sicurezza dei suoi cittadini. Roma, al via la catena umana per la pace Roma, 11 genn Ha
preso il via da piazza San Marco a Roma, diretta a piazza di Porta
Capena, la catena umana per chiedere la pace in Medio Oriente. Oltre un
migliaio di persone che si sono date appuntamento davanti alla sede
dell'Onu a piazza San Marco, accanto a piazza Venezia, per sfilare in
un corteo che costeggerà due luoghi simbolo del Medio Oriente a
Roma: il ghetto ebraico e la sede della delegazione palestinese.
La manifestazione pacifista ha tra i suoi promotori il gruppo federato
della Sinistra al Consiglio regionale del Lazio e associazioni quali il
Tavolo per la pace, l'Arci, Antigone, Un Ponte Per, Libera, Rete Lilliput, Fondazioni diritti genetici. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli
utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione
offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
in redazione Daniela Gross. Avete
ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei
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