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    15 gennaio 2009 - 19 Tevet 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
La situazione che viene descritta nel libro di Shemot, l'Esodo, che iniziamo a leggere questa settimana è, per quanto piena di drammaticità, almeno semplice dal punto di vista identitario. Una famiglia compatta scende in Egitto, diventa un popolo concentrato geograficamente in una regione, ne esce tutta unita, e arriva tutta insieme nella Terra Promessa. Sarà in questa terra che comincerà a dividersi tra tribù, variamente alleate tra di loro, poi in due Stati. Poi con gli esili ci saranno ebrei da una parte e dall'altra del mondo. Oggi dopo emancipazione, sionismo e tutto il resto, l'identità ebraica, soprattutto in rapporto allo Stato d'Israele, è complicata, riusciamo poco a capirlo noi, figuriamoci all'esterno. Per fare un esempio, in questi giorni di guerra a Gaza veniamo dai media ripetutamente interpellati e chiamati a spiegare e sostenere (il più delle volte) le ragioni di Israele, mentre in rari casi alcuni ebrei, che si ricordano di esserlo solo in questa occasione, intervengono come tali per condannare Israele. Ma a quale titolo interveniamo? E' una guerra di ebrei contro musulmani o di uno Stato contro un'organizzazione terroristica? E se è così perché dovremmo essere noi, che stiamo qui, e le organizzazioni comunitarie che ci rappresentano, a parlare? Le mie risposte sul perché e sul come ce le ho, ma sarebbe bene aprire un dibattito. 
Nella storia tragica e grottesca dell’antisemitismo riaffiora periodicamente la minaccia del boicottaggio socioeconomico: contro i negozi degli ebrei e contro l’acquisto di prodotti provenienti da Israele, senza dimenticare il numerus clausus degli studenti ebrei e certe mozioni contro le università israeliane. Oltre a essere mediocre moralmente, oggi questa idea è deficiente sul piano operativo risultando in una perdita da parte di chi la propone. Vediamo per esempio la Bilancia dei pagamenti di Israele nei confronti dei maggiori paesi. Se l’Unione Europea cessasse di acquistare da Israele, come qualcuno ha suggerito in questi giorni, Israele perderebbe 16 miliardi di dollari. Ma se Israele, per ritorsione o per carenza di fondi, cessasse di acquistare dall’Unione Europea, risparmierebbe 20,7 miliardi di dollari, ossia 4,7 miliardi di dollari in più. Se per ipotesi cessassero i rapporti bilaterali con Israele, la perdita secca annua sarebbe di un miliardo di dollari per l’Italia, 1,6 per la Germania, 1,1 per il Giappone, 2,4 per la Cina. Il disavanzo commerciale di Israele, dovuto alla scarsità di risorse naturali, ma compensato dalle forti capacità inventive e produttive, costituisce dunque una sovvenzione all’economia dei maggiori paesi. Per gli Stati europei e asiatici boicottare Israele sarebbe autolesionista. Negli Stati Uniti invece, nonostante il forte eccedente delle vendite di Israele rispetto agli acquisti, l’idea del boicottaggio non sembra proponibile. Sergio
Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme
Sergio Della Pergola  
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Pisa: “La sinagoga è in pericolo”

Nel panorama del patrimonio artistico ebraico italiano c’è una situazione particolarmente  allarmante: la sinagoga di Pisa. Inagibile a causa di gravi danni al tetto e alle strutture, è chiusa da oltre un anno. “Noi qui svolgevamo le funzioni religiose  il sabato e le feste, ora siamo costretti a pregare nel sottoscala”, è il grido di dolore che arriva da  Guido Cava, presidente della comunità. La situazione danneggia prima di tutto  la vita religiosa della comunità, ma non solo: ”la sinagoga era aperta alle scolaresche di tutta la regione che facevano qui delle visite guidate e imparavano qualcosa sulla nostra storia, sull’ebraismo“ aggiunge il presidente. Il fatto che sia chiusa “è un danno per tutta la collettività”.
Al piano terra, alla base di un ampio scalone, sono sistemati alcuni banchi e un Aron,  un oratorio improvvisato dove gli ebrei di Pisa, nell'ultimo anno, si sono adattati a fare tefillah. 
pisa-tettoE  quando si entra nella sala di preghiera, al primo piano, si notano subito i segni dei danneggiamenti: crepe che si aprono come ferite lungo i muri e la volta, macchie di umidità che mangiano a poco a poco i colori delle decorazioni, macchie bianche di intonaco che tradiscono interventi fatti con urgenza, per bloccare danni maggiori.
Salendo fino al matroneo, più vicino alla volta,  sono ancora più visibili i danni provocati dal lento e inesorabile stillicidio dell'acqua penetrata attraverso il tetto,  che si era infiltrata anche nell'Aron, l’armadio che custodisce i rotoli della Legge.
La sinagoga di Pisa, in via Palestro, nei pressi del Teatro Verdi e non lontano dall’Arno, fu ristrutturata nelle sue forme attuali a metà dell’800, modificando un tempio che risaliva al 1500, nato a sua volta dalla trasformazione di antichi edifici medievali. 
Il progetto fu affidato all’architetto Marco Treves, nato a Vercelli,  protagonista dell’architettura sinagogale dell’epoca dell’emancipazione in Italia: nell’archivio della comunità sono conservati alcuni suoi disegni autografi che illustrano il progetto col sapore del tempo. La facciata è semplice, ma ben riconoscibile dall’esterno. La sala  di preghiera, sobria ed elegante, in stile neoclassico, è illuminata da ampie finestre sui due lati; il matroneo è sorretto da colonne e la sala  è sormontata da una volta ricca di decorazioni. 
“La volta è una carena di nave rovesciata: sotto al tetto  ci sono delle doghe di legno, dei travicelli che sorreggono un incannucciato. Questa base di cannette è stata  intonacata a calce e poi sono state fatte le decorazioni, che sono tempere, non affreschi”, spiega l’ingegner Piero Cesare Rini.
La volta ha subito gravi danneggiamenti: crepe, macchie di muffa e di umidità sono i segni visibili di un danno ancora più grave. Un anno fa forti infiltrazioni d’acqua hanno provocato un crollo del tetto. Approfittando del varco i piccioni vi hanno nidificato, producendo  quintali di guano e peggiorando la situazione. Il danno è stato tamponato provvisoriamente, con un primo intervento d’urgenza di 35.000 euro  finanziato con i fondi della legge  175. Ma le strutture e la volta corrono seri rischi. “La copertura a volta e il tetto sono interconnessi tra di loro, non possono essere smontati e rimontati, vanno restaurati” sottolinea l’ingegner Rini. Si prospetta  dunque un intervento molto delicato e complesso che viene ad aggiungersi al complessivo  progetto di restauro  architettonico e archivistico per il quale sono stati richiesti i finanziamenti della legge 175 per oltre 600 mila euro.
“Il meccanismo dei finanziamenti è complicato” spiega Federico Prosperi, un giovane medico che, da volontario, si occupa degli aspetti  burocratici “prima si fa il lavoro poi, a consuntivo,  arrivano i rimborsi. Per una comunità piccola come quella di Pisa è molto difficile trovare i fondi da anticipare, e si tratta di centinaia di migliaia di euro”.
La chiusura della sinagoga sottrae agli ebrei di Pisa  il loro centro vitale, ma piano piano si affrontano le varie fasi del restauro: alcuni lavori sono già stati effettuati, iniziando da un importante lavoro sull'impianto elettrico. La speranza è che attraverso  i finanziamenti richiesti questa bella sinagoga torni ad essere il centro della vita della comunità e venga e restituita alla città, come parte importante della  storia e della cultura ebraica,  ma  anche  pregevole testimonianza del patrimonio artistico italiano.

Piera Di Segni  
 
 
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  TizioLa Rassegna stampa, il Tizio della Sera
e quello che mi aspetto da lui
 

Da qualche giorno, quando non ho troppo da fare, mi intrattengo con un tizio.  Parliamo, scherziamo, annusiamo l'aria che tira. A volte ce la ridiamo, che di questi tempi non è cosa da poco. Abbiamo preso confidenza quasi per caso, ma di lui ormai so quasi tutto. E' uno scrittore, in passato si è occupato di tante cose, anche molto divertenti e sullo scaffale della sua produzione ci sono romanzi per ridere, che poi fanno anche molto pensare e non sempre solo ridere. Tanti libri belli, su Israele, la Shoah e altre questioni di cui spesso si parla, giornali interessanti e corrosivi portano la sua firma. Insomma, scrive per alcuni grandi quotidiani e i suoi libri stanno nelle vetrine delle librerie. A volte ti tira fuori certe intuizioni che lasciano a bocca aperta. Dipende un po' da come gli gira. Il tizio è un po' un artista, anche sua moglie è un'artista e anche suo figlio, quando sarà grande, dice lui, sarà un artista. Per cui non è ricco e chissà se mai lo diventerà, ma comunque può permettersi di vivere appartato e circondato da una delle più belle campagne d'Italia.
Il problema è che questo tizio, proprio per via del fatto che sta in paesetto pittoresco, non ha un'edicola di quelle belle edicole grandi di città lì sotto casa. Per cui non sa dove andarsi a pescare la mattina presto tutti i giornali che lo solleticano e io non posso stare lì tutto il tempo a leggerglieli a distanza. Così mi è venuta un'idea e ho detto al tizio che potevamo fare a scambio: gli avrei procurato un accesso alla Rassegna stampa che realizziamo ogni giorno se in cambio lui mi avesse fatto avere qualche suo pensiero da pubblicare. Gli ho detto pure che nonostante artista deve sforzarsi di essere puntuale e che il giorno se lo può anche scegliere lui da solo, ma almeno una volta alla settimana mi deve mandare una cartolina con un pensiero. Lui ha risposto che va bene, che se martedì o se venerdì non era poi un problema, ma che la cartolina mi sarebbe arrivata immancabilmente a tarda ora, perché il tizio scrive volentieri solo di sera. Beato lui, gli ho detto, anche a me una volta piaceva scrivere tutta la sera, solo che adesso fra una cosa e l'altra ci si deve alzare tanto presto la mattina e fino a tardi non si riesce mai a mettersi tranquilli. Che abbia accettato mi ha fatto però tanto piacere. Perché un nuovo collaboratore è anche un nuovo amico. Così sto qua che aspetto, e vediamo come se la cava. Se dopo cena mi manda qualcosa, questo Tizio della Sera, domani lo si mette in pagina.

gv 
 
 
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Ieri pomeriggio a Roma  è scesa in piazza l’amicizia israeliana bipartisan. Numerosi esponenti del mondo politico e del giornalismo, riuniti a Piazza Montecitorio, hanno aderito all’iniziativa promossa dall’Associazione parlamentare Italia-Israele (Il Giornale, Liberal, L’Unità, Avvenire, Il Corriere della Sera, Europa, La Stampa, Libero).  Alla maratona oratoria ha aderito un cospicuo numero di parlamentari, tra cui una dozzina appartenenti al Partito Democratico. Fortemente criticata l’iniziativa da Massimo D’Alema, durante un’intervista al Tg3. L’ex ministro degli Esteri  considera un errore il sostegno acritico allo Stato di Israele posto in essere dal Governo italiano. Una condotta, quella del Governo in carica che, oltre a provocare un gap di credibilità presso il mondo arabo, porrebbe l’Italia in una posizione di imbarazzante disaccordo con le Nazioni Unite. 
L’impegno politico profuso negli ultimi 19 giorni da Massimo D’Alema, ha ricevuto la gratificazione del Consiglio degli ambasciatori arabi in Italia, che ha inviato all’ex ministro del Governo Prodi un messaggio di apprezzamento per le posizioni espresse e mantenute sin dall’inizio dello scoppio della crisi a Gaza (Il Corriere della Sera, La Repubblica).
La Stampa questa mattina si interroga sull’imparzialità o meno dell’informazione italiana circa la situazione in Medio Oriente in questi giorni critici. Se D’Alema accusa i media italiani di “rozzezza propagandistica” filoisraeliana, di tutt’altro avviso Paolo Mieli. Il direttore del Corriere della Sera giudica la qualità dell’informazione sull’intervento israeliano a Gaza “fra le migliori coperture mai date sul Medio Oriente”. Forse a sconcertare è il sostegno diffuso alle ragioni di Gerusalemme e l’abbandono dei toni militanti. In netta contrapposizione il rappresentante in Italia dell’Autorità Palestinese Sabry Ateyeh, che punta il dito contro un’informazione incapace di cogliere il dramma dei palestinesi.
I quotidiani dedicano gran parte delle pagine di politica estera allo spiraglio di tregua che sembra aprirsi sulla striscia di Gaza (La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Foglio, Il Giornale, Libero
, La Stampa ..). La proposta di pace egiziana sembra grosso modo incontrare il favore di Hamas: accantonamento della richiesta di apertura dei valichi da parte del movimento islamico, il cessate il fuoco e il ritiro delle truppe israeliane, supervisione della Turchia come garante. Parallelamente al forsennato lavoro diplomatico in corso nelle zone del conflitto mediorientale, riappare sul web lo “sceicco del terrore” Bin Laden. Dopo un anno di assenza dalla piattaforma mediatica internazionale, Osama Bin Laden,  non proprio con un tempismo formidabile, in un messaggio audio incita alla guerra santa per recuperare Gerusalemme e la Palestina (Avvenire, Il Corriere della Sera, E Polis, Il Giornale, Il Messaggero).
Tra i numerosi articoli di opinione e le testimonianze raccolte sulla questione mediorientale, vale la pena leggere l’intervista ad Edwrd Luttwack proposta dal Giornale Tempi. Il celebre politologo con schiettezza valuta l’intervento israeliano e i possibili scenari che a breve potrebbero verificarsi nella zona mediorientale.

Melissa Sonnino

 
 
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Gaza: Tzipi Livni a Jacob Kellenberger, fate pressioni su Hamas perchè vi lasci visitare Shalit
Tel Aviv, 15 gen -
Il ministro degli esteri israeliano, 
Tzipi Livni, ha chiesto stamani al presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr), Jakob Kellenberger, di far pressioni su Hamas perché sia concesso alla Croce Rossa di visitare il soldato israeliano Ghilad Shalit, rapito due anni e mezzo fa da Hamas e prigioniero a Gaza. La Livni, secondo un comunicato del ministero degli esteri, si è rivolta a Kellenberger dicendogli: "Hamas impedisce qualunque accesso a Ghilad Shalit per verificare le sue condizioni. In questi giorni, soprattutto con la sua visita, Hamas deve avvertire la vostra pressione perché vi sia permesso di accedere a Shalit". Il ministro Livni ha detto anche che Israele "é conscio della situazione umanitaria nella striscia di Gaza e coopera con la Croce Rossa Internazionale per migliorarla; al tempo stesso però si aspetta da questa organizzazione un concreto riconoscimento anche delle sofferenze dei cittadini israeliani esposti ai tiri di razzi (da Gaza)". Kellenberger ha detto che il Cric riconosce le difficoltà dei cittadini israeliani e non le sottovaluta.


Tel Aviv: Ban Ki Moon esprime le proprie valutazioni su un imminente cessate il fuoco a Gaza
Tel Aviv, 15 gen -
Ban Ki Moon a Tel Aviv dopo la visita Al Cairo di ieri, ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa "Io penso che siano stati messi in campo gli elementi affinché le violenze possano cessare ora". Il Segretario generale dell'Onu reduce dal Cairo, dove ieri aveva approfondito gli aspetti del tentativo di mediazione avviato dall'Egitto,  ha in programma oggi una fitta serie di incontri con i vertici di Israele fra Tel Aviv e Gerusalemme. Mentre domani sarà a Ramallah per vedere il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen (Mahmud Abbas). 
 
 
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