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    25 gennaio 2009 - 29 Tevet  5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Benedetto Carucci Viterbi
Benedetto
Carucci Viterbi,

rabbino 
Nella Parashà settimanale letta ieri, il testo ci racconta gli incontri di Mosè con il Faraone. Uno di questi, su invito di Dio, avviene la mattina presto sulle rive del Nilo perché è lì che si reca quest'ultimo. Ma cosa fa il Faraone a quell'ora sulle rive del fiume? Rashì, riprendendo il midrash, dice che "andava a fare i suoi bisogni" perché, dichiarandosi divinità, non poteva mostrare questo suo aspetto così materialmente degradante. L'uomo,quando è preda del delirio di onnipotenza, abbandona la propria umanità.  
Il passato diventa un racconto docile non perché fondato sull’oblio, ma sull’indifferenza e sull’irrilevanza. Oppure sulla retorica che dice “Mai più!”. E’ bene sapere che in quella retorica scompaiono molte cose: il contesto, l’analisi degli atti, lo scavo nella mentalità. In sostanza la società concreta. Se intorno a tutto questo prevale – come su molte altre questioni della storia – il sensazionalismo, alla fine il risultato è che il passato diventa banale. La banalizzazione si consolida soprattutto nel linguaggio collettivo. Riguarda non un argomento, ma la diffusione di un sentimento che costruisce una convinzione. E’ intorno a quel sentimento, caricato di retorica, che occorre lavorare culturalmente. Così: se diventa pratica comune definire con la parola olocausto qualsiasi atto che colpisce la vita; se l’aborto o la distruzione di embrioni vengono intesi come l’equivalente della Shoah; se “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci viene assimilato a “Se questo è un uomo” di Primo Levi, allora la banalizzazione ha vinto sotto i panni della falsa assolutizzazione. La sensazione è che già alla data di oggi essa abbia segnato grossi punti a suo favore. Per questo dire “Mai più!” rischia di essere l’aiuto più consistente ed efficace alla banalizzazione.  David Bidussa,
storico sociale delle idee
David Bidussa  
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  Sinagoga di Biella Beni da salvare 7 - Biella,
s'inaugura l'antica Sinagoga

La piccola Sinagoga di Biella, tornata agli antichi splendori dopo importanti e decisivi restauri, s'inaugura con un'importante cerimonia, nella quale sarà scoperta una lapide e recitata una preghiera per i deportati  alla presenza del Rav Alberto Somekh, rabbino capo di Torino, della vicepresidente Ucei, Claudia De Benedetti, del presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, del presidente della provincia di Biella, Sergio Scaramal e del sindaco di Biella, Vittorio Barazzotto.
Antico gioiello dell'architettura piemontese, la Sinagoga di Biella, a  pianta rettangolare, è situata all’ultimo  piano di un edificio del quartiere Piazzo, nell’area dell’antico  insediamento ebraico. La Sinagoga (nella foto in un'immagine prima dei restauri) che risale ai primi del '600, fa parte di un agglomerato di case, fra cui anche edifici del '300,  che si trova nella Biella medievale, lontana dal centro abitato ed arroccata su una collina. Oggi gli edifici che componevano quell’antico insediamento sono stati in gran parte venduti e trasformati. Solo il Beth Hakenesseth rimane a testimoniare la presenza ebraica nella città in un luogo inconsueto, cui si accede attraverso un cortile in vicolo Bellone, i cui locali erano inizialmente utilizzati per la preghiera da privati ebrei. Non si sa bene se il complesso fu donato o venduto alla Comunità di Vercelli alla fine del 1800.
Da molto tempo la piccola ma suggestiva Sinagoga si trovava in condizioni di degrado che ne mettevano in pericolo anche la stabilità strutturale. La Comunità ebraica di Vercelli, attraverso l'instancabile opera della sua presidentessa, Rossella Bottini Treves, ha dunque elaborato dei progetti per il restauro.
Gli interventi, realizzati con il patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio, della Regione Piemonte e della Compagnia San Paolo di Torino, con un impegno economico di 350 mila euro, sono stati indirizzati innanzitutto al consolidamento strutturale dell'edificio con il rifacimento dei tetti e delle volte che rischiavano di crollare. In un secondo tempo si è provveduto invece al restauro delle parti lignee.
Si sono rifatti il matroneo, con l'antico pavimento e le scale di accesso, la porta d'accesso e alcune lampade vitree con la base dorata che risalgono al 1700. E' stato restaurato poi l'Aron Hakodesh seicentesco in legno, la cui realizzazione rispecchia pienamente la mentalità pedemontana piemontese, molto semplice e lineare.
"Ma i lavori non si sono esauriti qui – spiega Rossella Bottini Treves – Vanno ora recuperate le pareti della Sinagoga, seicentesche come l'Aron, da scrostare  e restaurare e si deve mettere a norma l'impianto di elettrificazione. Rifaremo anche le tende rosse per rispettare lo stile originale  dell'allestimento dell'edificio".
La Comunità Ebraica di Vercelli organizza visite guidate su prenotazione alle sinagoghe pre-emancipazione. Per informazioni rivolgersi alla presidentessa della Comunità di Vercelli, Rossella Bottini Treves, all'indirizzo di posta elettronica comebravc.presid@libero.it.

Lucilla Efrati

"Gli ebrei di Biella, testimoni delle generazioni"

“Oggi numericamente quasi inesistenti, gli ebrei di Biella si trovano a ricoprire un ruolo di grande importanza: quello d’essere testimoni per le Toledoth, le generazioni presenti e future. Rabbi Simon nei Pirkè Avot, le massime dei padri che vengono lette nel periodo dell’Omer che intercorre tra Pesach e Shavuot, diceva: “Ci sono tre corone:
la corona della Torah, la corona del sacerdozio,  la corona del regno; ma su tutte eccelle la corona del buon nome”. Ecco: citando una frase di sapore antico ho voluto farvi capire che il lavoro di fede e d’amore compiuto da Rossella Bottini Treves Presidente della Comunità Ebraica di Vercelli Biella e Verbano Cusio Ossola può essere ascritto all’ultima importante corona che sovrasta i Rotoli della Torah. (…) Nella loro esistenza giunta all’anno 5769 anni gli ebrei giunti a Biella  sono stati decimati e impoveriti ma anche e soprattutto sono sopravvissuti alla Babele della pazzia collettiva della Shoah per tornare ad esistere, coscienza storica e monito alle genti: per guardare avanti e riprendere il cammino dell’umanità avendo a disposizione il futuro ma rimanendo sempre uguali nella propria incrollabile sicurezza fideistica”.
“Nel mese di Nissan, dicono i nostri Maestri, il popolo ebraico ha conquistato la libertà, nel mese di Nissan, aggiungono, giungerà anche per il popolo ebraico anche la libertà ultima e più grande: l’avvento cioè dell’era messianica. Vi è in questa massima che collega il passato con il futuro del nostro popolo quasi un implicito invito a perseverare nella nostra lotta per conservare questo bene prezioso e per affrettare l’avvento di quell’era tanto attesa in cui finalmente ci sarà libertà per tutti i popoli: è questo senso uno dei segni di attualità che costituisce il leitmotiv di tutta la storia di Pesach”.

(dall'intervento della vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti in occasione dell’inaugurazione della Sinagoga di Biella)


 
 
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  Giorgio IsraelLefebvriani, la revoca della scomunica
e la morale di Ponzio Pilato

Con la stessa franchezza con cui ho espresso le mie riserve su certe critiche alla Chiesa Cattolica sul tema del
dialogo ebraico-cristiano, intendo dire che la conseguenza principale della revoca della scomunica ai cattolici lefebvriani, e cioè la riammissione nella comunità cattolica del vescovo canadese Richard Williamson è un fatto straordinariamente grave e una ferita difficile da rimarginare. Intendiamoci: ognuno è libero di intendere l'unità della propria comunità religiosa come crede. Ma qui la domanda è: la scomunica esiste oppure no, per la Chiesa cattolica? Personalmente sono fermamente contrario a ogni scomunica e quindi ritengo che il problema non sarebbe dovuto neppure esistere. Ma se i lefebvriani sono stati scomunicati ed ora vengono riammessi - senza che l'istituto sia abolito - occorre chiedersi se sia più grave dal punto di vista morale il loro dissenso nei confronti del Concilio Vaticano II o quanto ha dichiarato il vescovo Williamson. Il quale non soltanto ha contestato che le camere a gas siano mai esistite ma ha detto che «l'antisemitismo può essere cattivo solo quando è contro la verità. Ma se c'è qualcosa di vero non può essere cattivo». Di fronte a queste affermazioni inaudite, rilasciate pochi giorni fa, affermare che la revoca della scomunica non significa sposare le idee e le dichiarazioni di Williamson, che vanno giudicate in sé, si ispira alla morale di Ponzio Pilato. La morale non è divisibile in compartimenti. Il rappresentante italiano dei lefebvriani, intervistato al TG2 ha detto di non potersi pronunciare sull'esistenza delle camere a gas perchè non è uno storico... C'è bisogno di altro per capire chi è questa gente? E se riunirsi con costoro è un dono di pace, allora c'è da fuggire a gambe levate di fronte alla pace.

Giorgio Israel, storico della scienza 
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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La notizia del giorno è senz’altro la conferma, da parte della Santa Sede, della revoca alla scomunica per i vescovi lefebvriani tra cui figura il negazionista Richard Williamson a cui fa riscontro un coro d’indignazione da parte della comunità ebraica internazionale. I quotidiani danno grande risalto alla questione. Sul Corriere Bruno Bartoloni offre una panoramica delle posizioni in campo: dalla condanna di David Rosen, presidente del
Comitato ebraico per i rapporti interreligiosi (“La scelta del papa contamina la Chiesa e il Vaticano minaccia così il futuro della storica riconciliazione”) al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni (“Nubi minacciose sembrano addensarsi sul dialogo ebraico cristiano”). Il Corriere ospita anche il commento del presidente dell’Ucei, Renzo Gattegna. “E’ terribile – sottolinea Gattegna - che un vescovo che nega la Shoah venga legittimato e riabilitato dal Papa”. “Negare l'Olocausto – continua - è una cosa che riguarda non solo noi, ma la storia e l'intero genere umano. E poi, veramente non capisco, come possa essere riammesso alla piena comunione con Roma una persona che contraddice documenti fondamentali del Concilio".
L’opinione del presidente Gattegna trova rilievo anche sulla Stampa, in un’intervista di Giacomo Galeazzi. “Non basta dire che sono opinioni personali sull'Olocausto di un singolo esponente della gerarchia cattolica – sottolinea il presidente dell’Ucei - In seguito a questa riabilitazione è importante vedere se la Chiesa reagisce in modo convincente. Se una cosa del genere dovesse passare o sotto silenzio o senza una reazione adeguata sarebbe un messaggio sconcertante”.
Da leggere, ancora sul Corriere una sintesi del pensiero di Richard Williamson a firma di Lorenzo Salvia. Secondo il vescovo “le camere a gas non sono mai esistite. Penso che dai 200 ai 300 mila ebrei sono morti nei campi di concentramento”, “la Germania ha speso milioni di marchi per il senso di colpa di aver ucciso sei milioni di ebrei. Ma questa cosa non è vera”. Su Repubblica Marco Politi analizza la questione dal punto di vista della Chiesa. Quella decisa dal Vaticano, scrive, “non è una grazia, è una resa (…) E’ la rinuncia del Vaticano ratzingeriano a chiedere che tutti i fedeli cattolici si
riconoscano nelle decisioni di un Concilio”. E all’interno della stessa Chiesa si levano voci molto critiche nei confronti del vescovo Williamson tra cui quella autorevole di Gian Maria Vian, direttore dell’Osservatore romano intervistato sul Giornale da Andrea Tornelli. Quelle di Williamson, dice, “sono opinioni senza alcun fondamento, che vanno respinte nel modo più assoluto. Così come non è accettabile un atteggiamento ostile nei confronti dell'ebraismo, soprattutto dopo la Shoah”.
Passando ad altri temi, si segnalano sul Corriere un intervento di Raffaele Arcella presidente dell’Associazione nazionale internati nei lager sulla questioni del riconoscimento dei diritti per i cittadini ebrei colpiti dalle leggi razziali; su Liberazione
un’intervista di Boris Sollazzo alla storica Nechama Tec sullo stereotipo dell’ebreo vittima e sul Domenicale una riflessione di Augusto Zuliani sulla truffa Madoff e le sue possibili ripercussioni antisemite.
Infine, sul Sole 24 ore il consueto intervento di Giulio Busi dedicato oggi ad “Azarel” romanzo dello scrittore ungherese Kiroly Pap in uscita da Fazi che nel 1937, anno della prima pubblicazione, suscitò un’aspra polemica all’interno del mondo ebraico.

Daniela Gross

 
 
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Vescovo negazionista, sdegno e condanna                                    
Roma, 24 gen
“Un segnale negativo, angosciante e incomprensibile”: il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha commentato così la revoca da parte di Benedetto XVI della scomunica dei vescovi lefebvriani, tra cui monsignor Richard Williamson che in sue recenti dichiarazioni ha negato la Shoah. “E’ terribile - ha spiegato - che un vescovo negazionista della Shoah, fatto storico incontestabile, sia riabilitato e legittimato. Le frasi da lui pronunciate sono a suo discredito e totalmente inaccettabili non solo dagli ebrei ma da tutti quanti”. “Senza voler entrare nelle procedure interne della Chiesa
- ha proseguito - seguiamo naturalmente con attenzione le reazioni che ci auguriamo vengano dal mondo cattolico e dalle sue istituzioni. Ci attendiamo  che ci sia una presa di distanza. Continuiamo a credere nel dialogo tra le religioni, purché sia fondato sul presupposto della paridignità”.
“Nubi minacciose sembrano addensarsi sul dialogo ebraico cristiano”. Questo il commento del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni alla decisione di revocare la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, tra cui Richard Williamson che in recenti dichiarazioni ha negato la Shoah. Di Segni si è anche domandato “se la decisione non è un semplice perdono, ma comporta anche la riammissione ai poteri episcopali diventa tutto ancora più problematico. La possibilità di nominare sacerdoti da parte di un vescovo negazionista sarebbe gravissimo”. “Voglio ricordare inoltre che i lefebvriani all’epoca della visita di Giovanni Paolo II nella sinagoga di Roma distribuirono un manifestino in cui - ha aggiunto - si diceva ‘Papa non andare da Caifa’, paragonando il rabbino Toaff al sacerdote che aveva condannato Gesù. Per loro - ha concluso - eravamo e siamo ancora il popolo deicida. Questi sono i lefebvriani”.

“Nessun problema per il voto a giugno”
Roma, 25 gen
“La fissazione delle giornate elettorali per il 6 e 7 giugno prossimi prevedendo due interi giorni, il sabato e la domenica, non crea alcun problema per gli ebrei”. Lo ha precisato il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna riferendosi a quanto scritto da alcuni giornali. “La data indicata - ha aggiunto - non costituisce né una violazione dei diritti dei cittadini di religione ebraica né una mancanza di rispetto e di attenzione”.

Lefebvriani: Fiano, la Shoah resti per la Chiesa un discrimine

Roma, 25 gen
"La decisione di annullare la scomunica di alcuni esponenti lefebvriani rappresenta per noi ebrei un problema di non poco conto". Così il deputato del Pd Emanuele Fiano commenta la recente decisione della Santa Sede. “La vicenda – dice - riguarda decisioni autonome ed interne della chiesa cattolica, tuttavia non potremo rimanere insensibili al fatto che un vescovo conosciuto per le sue tesi negazioniste sia riabilitato". "Mi auguro - conclude - che la difesa della memoria della Shoah rimanga per sempre anche nella chiesa un elemento di discrimine e di giudizio su ciascuna persona".

 
 
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