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    26 gennaio 2009 - 1 Shevat 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma Riccardo
Di Segni,

rabbino capo
di Roma
Continuano a circolare notizie su eventi interpretati come miracolosi avvenuti durante la recente guerra a Gaza. A Beer Sheva, come in ogni altro luogo esposto ai missili, le sirene suonano dopo
l'avvistamento e ci sono pochi secondi prima di arrivare al rifugio. Mi è stato raccontato che un giorno, dopo l'avvistamento del missile in arrivo, le sirene hanno fatto tilt e non hanno suonato, e il missile è caduto proprio su un rifugio. Ma la storia che circola con più insistenza è quella di soldati in perlustrazione a Gaza che sono stati dissuasi dall'entrare in certi edifici, in quanto minati, da una donna misteriosa che, interrogata sul suo nome, ha detto di chiamarsi Rachel. C'è stata subito l'associazione con il nome della nostra matriarca, sepolta all'entrata di Betlemme, che rappresenta già dai tempi biblici il simbolo della madre che piange per i suoi figli in disgrazia e li protegge. I giornali hanno scritto che Rav Mordechai Eliahu, già Rishon leTzion, ha dichiarato che in questi ultimi giorni, in cui è stato molto malato, è uscito solo per andare a pregare sulla tomba di Rachel e praticamente a Gaza "ce l'ha mandata lui". Su questa ondata emotiva di notizie rav Avineri, con i piedi più in terra, ha commentato che "è giusto che un ebreo creda nei miracoli, ma non è giusto che creda a qualsiasi miracolo". Effettivamente la sopravvivenza del popolo ebraico, e quella di ogni singolo ebreo, è un fenomeno che sfugge alla spiegazione razionale; "un ebreo che non crede ai miracoli non è realista", ma non bisogna esagerare. 
Domani è il 27 gennaio. Confesso che fino due giorni fa mi ponevo molte domande sul senso di questa giornata. Mi dicevo che non ha senso continuare ad affastellare commemorazioni, che bisognava guardare all'uso, o al buon uso, della memoria. Che il vero problema è per che cosa ricordiamo. E' bastato un vescovo negazionista e antisemita riaccolto in seno alla Chiesa per farmi dimenticare questi dubbi. No, non del tutto. Certo è che non mi sento più così  ripetitiva a commemorare quella liberazione di Auschwitz. Grazie, vescovo Williamson, di avermi restituito il gusto della giornata della Memoria!  Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  premiazione Master per la Didattica della Shoà:
"La memoria sia patrimonio di tutti"

Cerimonia di inaugurazione e di consegna dei diplomi del Master Didattica della Shoà, giunto alla sua quarta edizione, nella sala del Consiglio della Provincia di Roma in via IV Novembre.
La sala era affollata da studenti sia nuovi iscritti che intervenuti per ritirare il diploma (nell'immagine il rettore di Roma Tre Guido Fabiani consegna il diploma a una studentessa del corso), quando il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti ha preso la parola citando la frase di Primo Levi   "La memoria umana è uno strumento meraviglioso, ma fallace. [...] I ricordi che giacciono in noi non sono incisi sulla pietra", per questo, secondo Zingaretti, il tema della Memoria è importante, perché è importante trasmettere la verità ed è di assoluta importanza che qualcuno raccolga il testimone per evitare che tali orrori si verifichino più.
"Noi dobbiamo scommettere, ha proseguito il presidente della Provincia, sulla nostra capacità di trasmettere la memoria, per questo contate sulla Provincia di Roma per tutto ciò che sarà necessario perché i percorsi della memoria siano sempre più aperti.  A questo proposito, voglio annunciare che nel nome di Primo Levi sarà organizzato il viaggio della Memoria ad Auschwitz nella prossima primavera".
E' stata poi la volta del rettore dell'Ateneo Roma Tre, Guido Fabiani, "La Shoà è un macigno inamovibile nella storia dell'umanità intera, ha detto, è inamovibile nel senso vero perché non possiamo e non dobbiamo rimuovere questo macigno" Poi ha ricordato le varie fasi che hanno portato all'organizzazione del Master Didattica della Shoà sottolineando il fatto che con esso si intende dare alla Memoria una struttura stabile "Siamo partiti a Roma Tre, alcuni anni fa, con la commemorazione della giornata, poi quattro anni fa siamo riusciti ad organizzare questo master con il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione e dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, siamo fieri di essere stati i primi a farlo".
Parole dure sono state espresse dal ministro Lironne Bar Sadeh intervenuta in rappresentanza dell'ambasciatore d'Israele a Roma, Gideon Meir, "Ritengo il Master della Shoà un importante contributo alla pagina più dolorosa della storia umana. Ancora oggi c'è chi nega e banalizza questa tragedia, solo nell'ultimo mese da quando lo Stato ebraico ha lanciato l'offensiva a Gaza, si sono riacutizzati avvenimenti di antisemitismo, ciò rende più acuto e doloroso il ricordo delle leggi razziali, di cui quest'anno si celebra il settantesimo anniversario. Sui muri dei palazzi si è tornati a leggere la scritta -morte agli ebrei- una piccola associazione sindacale ha incitato al boicottaggio di negozi di ebrei, un ordigno esplosivo è stato posto nelle vicinanze della sinagoga di Firenze, sempre in Toscana, a Pisa, è stata imbrattata con vernice rossa la porta della sinagoga, alcuni gruppi studenteschi hanno incitato al boicottaggio degli enti di ricerca israeliani. Io penso invece, ha concluso la Bar Sadeh, che il mondo accademico debba essere d'esempio, nell'allontanare e scoraggiare episodi di questo genere".
"Noi non rivendichiamo nessuna esclusiva sulla Memoria. Ma lavoriamo perché essa diventi condivisa, patrimonio di tutti" - Ha affermato invece il presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna indicando il senso del prossimo Giorno della Memoria che il 27 gennaio ricorda la Shoah degli ebrei. Dopo aver sottolineato che l'iniziativa non è solo italiana "ma europea", Gattegna ha detto che "con il lavoro fatto in questi ultimi anni la Shoah sta diventando un evento simbolico e di stimolo alla ricerca non solo per gli ebrei ma per tutti" "Il ricordo della Shoah è un contributo che gli ebrei danno al progresso dell'umanità a livello civile, politico e morale. Da un fatto così tragico devono scaturire effetti positivi per la difesa dei diritti fondamentali della persona e per far prevalere in tutte le società forme democratiche di governo contro ogni razzismo e discriminazione. Questo è il nostro compito e questo il senso del Giorno della Memoria".
Dopo la consegna dei diplomi ai frequentatori del master della scorsa edizione da parte del rettore di Roma Tre, Fabiani, David Meghnagi direttore del Master, che ha anche coordinato la cerimonia alla Provincia, ha fatto un lungo ed interessante intervento sul significato della Shoà : "La Shoà deve essere studiata, capita, interpretata non solo da parte degli ebrei" ed è poi passato a ricordare come il giorno della Shoà sia il giorno che suggella la prima rivolta contro il dominio nazista, quella del Ghetto di Varsavia, che si svolse dal 19 aprile al 16 maggio 1943 "Tutta l'Europa era sotto il dominio nazista, ha detto con tono pacato Meghnagi, ma il ghetto di Varsavia riuscì a resistere più della Francia, non avevano armi, ma avevano creato nei polacchi un mito, il mito che portò poi alla rivolta di Varsavia l'anno seguente. Il giorno della Shoà, rappresenta l'opposto della figura dell'ebreo remissivo che subisce la persecuzione".
Il Master Didattica della Shoà, organizzato dal terzo Ateneo romano Roma Tre, prevede 1500 ore di insegnamento comprensive di un periodo di tirocinio funzionale ed ha una durata di 12 mesi. Il suo scopo è di  offrire una specifica occasione di approfondimento interdisciplinare della didattica della Shoah e della trasmissione della memoria  nei suoi aspetti psicologici, filosofici, religiosi, letterari, storici e artistici.

Lucilla Efrati


Stella di EsterMemoria 6 - “La stella di Esther”,
la persecuzione raccontata in un fumetto


Alcuni  ragazzi delle scuole italiane che hanno partecipato al concorso organizzato dal Ministero della Pubblica istruzione e dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dedicato alla memoria della Shoah ricevono quest'anno in dono “La Stella di Esther”, una “graphic novel”, una storia a fumetti, dedicata al tema della persecuzione antisemita e principalmente indirizzata ai ragazzi, che De Agostini  editore pubblica in occasione del Giorno della memoria con il patrocinio dell’UCEI. Si tratta dell’edizione italiana dell’originale in olandese (De Zoektocht ) realizzato da Eric Heuvel, Ruud van der Rol e Lies Shippers per la Fondazione della Casa di Anne Frank  (Amsterdam).
E’ la storia di Esther, personaggio immaginario che riflette la storia di altri sopravvissuti alla Shoah, sfuggita alle persecuzioni e successivamente emigrata negli Stati Uniti, che ormai nonna, ritorna in Olanda, per ritrovare  le persone che a suo tempo l’avevano aiutata e per tentare di  ricostruire ciò che accadde ai suoi genitori persi per sempre ad Auschwitz.
E’ un  viaggio alla ricerca di una risposta alle tante domande rimaste aperte, ed Esther lo compie assieme al nipote Daniel, che nel racconto ha un ruolo determinante: riesce infatti, tramite Internet, a rintracciare Bob, amico di famiglia ,anch’egli sopravvissuto e deportato  con i genitori di Esther. Attraverso il racconto di Bob , la protagonista conoscerà tutto ciò che accadde in seguito al rastrellamento che una mattina, mentre era a scuola, le portò via i suoi familiari.
Il libro si apre con la visita di Esther a Helena , sua migliore amica degli anni trascorsi in Olanda, e alla seguente visita alla fattoria dove era stata per lungo tempo tenuta nascosta, una volta rimasta sola. Nel corso del viaggio verso la fattoria, Esther, accompagnata da Daniel e dal nipote di Helena, racconta la sua infanzia, prima in Germania, suo paese di origine e poi in Olanda, dove la famiglia si rifugia  poco dopo la terribile “Notte dei Cristalli”.
Attraverso il racconto di Esther e successivamente di Bob, si  viene a conoscere non solo la storia di una famiglia ebrea durante le persecuzioni antisemite, ma anche i principali eventi storici sotto il regime nazista e soprattutto le vicende umane che rappresentano il nesso con il valore della memoria. Cosa abbia significato la Shoah , viene molto efficacemente illustrato evidenziando i diversi ruoli di coloro che l’hanno vissuta  e quindi la parte delle vittime, dei colpevoli, di coloro che hanno offerto il proprio aiuto, degli indifferenti.
E’ questo uno dei criteri più attuali per l’approccio allo studio della Shoah su cui si basa anche la didattica della Scuola Internazionale di Yad Vashem: la storia della Shoah è la storia di una vicenda umana dove l’individuo ha una posizione centrale per la comprensione dei fatti storici. Cercare di analizzare e comprendere i dilemmi, le scelte e le sfide che ciascuno, sia esso vittima o colpevole dovette affrontare , significa osservare gli eventi storici attraverso l’animo umano di chi li ha vissuti. I valori etici  e morali presenti allora come oggi, sono il vero legame con la memoria della Shoah.
Emerge chiaramente quanto il libro sia particolarmente adatto sia a un pubblico adulto che in modo particolare ai ragazzi adolescenti, per i quali una tipologia narrativa come quella in questione rappresenta una modalità efficace e positiva per affrontare un tema così delicato e di difficile comprensione.
Numerosi sono gli spunti didattici per gli insegnanti che sceglieranno questo prezioso strumento per  il proprio lavoro: il tema dell’antisemitismo affrontato attraverso gli stadi che hanno portato al cambiamento del rapporto fra la società tedesca e gli ebrei (per esempio la diversità, l’isolamento, la disumanizzazione); lo studio dei fatti storici e della vita nei campi di concentramento, i valori etici (il tema della scelta, coloro che stettero a guardare senza intervenire, i Giusti fra le Nazioni, la responsabilità collettiva), la ricerca della propria storia e altro ancora.
Un’ultima considerazione sullo stile del fumetto di Eric Heuvel, che con molta chiarezza e precisione indica tutti i particolari necessari alla comprensione della storia di Esther nella sua complessità, senza però scendere nella brutalità dell’immagine quando si tratta di descrivere alcune delle pagine più buie della storia dell’uomo. Anche in questo caso si tratta di una scelta didattica precisa: l’impatto con una immagine impossibile da comprendere per la sua brutalità, otterrebbe come risultato quello di staccarne gli occhi, di rimuoverla e di non intraprendere piuttosto quel percorso di conoscenza della storia della Shoah che è poi la conoscenza dei valori umani universali.

Odelia Liberanome, coordinatore del Centro pedagogico
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
 
 
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  Donatella di CesareAuschwitz, "Un indicibile incomprensibile"
La risposta di Paul Celan e di Theodor Adorno

Come si può mai comprendere Auschwitz? Come si può presumere di comprendere il male radicale? Questa domanda, in forma più o meno esplicita circola nella politica, nell’arte, nella psicologia, nella storia, nella filosofia.
Già nell’immediato dopoguerra il filosofo ebreo tedesco Theodor W. Adorno prescrisse ai poeti il silenzio: nessuna poesia avrebbe mai potuto né dovuto osare dire l’indicibile. Da allora questa posizione si è andata – malgrado tutto – affermando. Ad esempio nell’arte: la difficoltà di rappresentare l’irrappresentabile emerge in quei monumenti non-monumenti costruiti negli ultimi anni nelle città europee e americane. Basterà ricordare il Memoriale di Berlino. Analoghe precauzioni attraversano altri ambiti, tra cui in particolare quello della filosofia dove vengono sottolineati i pericoli che deriverebbero da ogni tentativo di comprendere o anche solo di frequentare il male radicale nel suo infinito potere inglobante.
Ma trincerarsi dietro la difficoltà di dire e di comprendere comporta pericoli non minori. Dal non dire al negare il passo è breve – e nella storia si è giunti perfino a negare i fatti. Il male sarebbe un nulla, fuori da ciò che si può dire e che si può comprendere. Questo negare è un modo di prendere parte all’impresa dello sterminio: il male ha voluto non solo la cancellazione delle coscienze e la morte dei corpi, ma la negazione totale della comprensione.
Perché allora concedere ad Auschwitz il privilegio della mistica e adorarlo in silenzio? Perché confinarlo nel dominio del mistero, di ciò che è inesplicabile? Sono queste domande che hanno spinto Paul Celan a raccogliere il rantolo che minacciava di spegnersi, a lanciare la “anti-parola” della sua poesia contro ogni tentativo di fare di Auschwitz un indicibile incomprensibile, di dissolverlo nel nulla, di annientarlo ancora.

Donatella Di Cesare, filosofa 
 
 
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Sui giornali di oggi troviamo ancora una grande e giusta attenzione su una notizia dell’altro ieri, la scelta del papa di togliere la scomunica ai quattro vescovi che guidano il movimento tradizionalista fondato dallo scismatico vescovo Lefebvre. Uno di essi, Williamson, ha reso esplicita la propria fede negazionista e il proprio sostanziale antisemitismo in un’intervista trasmessa di recente dalla televisione svedese. Si parla solo di lui, ma è probabile che gli altri tre vescovi e in generale l’ambiente cattolico tradizionalista condivida questi atteggiamenti, che con la riammissione nella comunione ecclesiale appaiono implicitamente legittimati dal papa. Certamente Benedetto XVI non è affatto negazionista, come si è affrettata a precisare la sala stampa vaticana, ma è lui ad aver deciso che si può essere vescovi cattolici in comunione col papa e antisemiti.
Si erano registrate ieri le reazioni del presidente dell’Ucei, Gattegna, dei rabbini Di Segni, Laras e Rosen. Il nostro sito “Moked” aveva pubblicato un intervento molto amareggiato di Giorgio Israel, che accusava il vaticano dello “spirito di Pilato”. Oggi esso è  ripreso dal Corriere della sera  (fra l’altro bisogna notare che per la prima volta che un grande giornale nazionale cita “Moked”).  Fra le reazioni di oggi, da registrare anche quella di Yad Vashem, riportata dal vaticanista di Repubblica Orazio La Rocca e da quello della Stampa, Galeazzi. Molto duro su Repubblica è Efraim Zuroff, l’erede di Simon Wiesenthal, che chiede l’annullamento della prevista visita del papa in Israele.
Per coloro che hanno a cuore l’amicizia col mondo cattolico, può essere davvero consolante leggere invece l’intervento molto bello e addolorato del teologo cattolico (popolare ma piuttosto antoiconvenzionale) Vito Mancuso su Repubblica: egli sostiene che Williamson non ha fatto altro che esprimere “un certo cattolicesimo” antigiudaico, profondamente radicato da secoli nella Chiesa, che è stato uno degli ingredienti che hanno preparato la Shoà. Secondo Mancuso, il papa ne era perfettamente consapevole e non si può dire che non abbia considerato questo aspetto prima di decidere la riammissione dei lefevriani. Semplicemente ha fatto prevalere la ragion di stato, cioè gli interessi politici della Chiesa sulla storia e la giustizia. Un gesto molto preoccupante, che anche Gianni Gennari, ex prete che fa il corsivista dell’Avvenire con lo pseudonimo di “Rosso malpelo” giudica “uno schiaffo al concilio” che “lascia arrabbiati e addolorati” (Corriere della sera)
Lascia invece assai perplessi l’umile supplica al papa a rimediare con una dichiarazione per evitare “equivoci, incomprensione e perfino dolore” che appare sul Foglio firmata dall’elefantino che indica il direttore Ferrara: il fatto è che il Vaticano non è affatto gestito da persone prive di capacità di valutare il significato e le conseguenze dei proprio atti. E questo in fondo è il quarto tema di scontro fra Vaticano e mondo ebraico in pochi mesi, dopo la preghiera del venerdì santo, la beatificazione di Pio XII e l’atteggiamento anti-israeliano riguardo a Gaza. Ma la Chiesa ostenta che si tratta di un episodio senza importanza. E infatti la reazione del cardinale Kasper registrata su Repubblica è assai minimizzante. Andrea Riccardi della comunità di Sant’Egidio in un’intervista al Corriere parla addirittura di “polverone” (ma ammette di aver già incontrato un vescovo arabo negazionista). La fa facile anche Aldo Torchiaro su E-Polis: i lefevriani si rivolgano agli ebrei chiamandoli “fratelli maggiori”, in modo da tranquillizzarci. Fosse tutto qui… o ci soddisfacesse davvero questo titolo ambiguo.
Il fatto è che il papa ha implicitamente chiarito il suo gesto, nella maniera ambigua che si conviene alla regalità, ricordando ieri nella preghiera pubblica dell’”Angelus” la figura di Paolo di Tarso e sostenendo che egli fu ebreo fervente prima ma anche dopo l’apparizione di Gesù che lo convertì. Paolo si sarebbe limitato a prendere atto che la crocefissione e la resurrezione adempivano le promesse della Bibbia. Forse quello del papa, non riportato oggi da alcun giornale (ma presente ieri su vari siti) voleva forse essere un segno di riconoscimento della “fratellanza maggiore” nei nostri confronti, ma è teologia della sostituzione belle e buona. Gli ebrei buoni, a parte le vittime che vanno sempre bene, sono i convertiti.
 Ma se è vero come sostiene Mancuso, che il gesto di Benedetto XVI significa una “dimenticanza della Shoà” (come conferma un’intervista sul Giornale dello storico cattolico Roberto Vivarelli che giustifica e approva l’azione del Papa e invita a abbandonare l’emotività del giorno della memoria), questo è un altro buon motivo per celebrare domani la giornata della memoria, anche se qualcuno del mondo ebraico se ne dice un po’ snobisticamente stanco.
Prima di dire che la giornata della memoria è inutile, bisogna per esempio guardare con grande attenzione alla ricerca del Cdec  sull’antisemitismo riportato da Renato Mannheimer sul Corriere. Coloro che dicono di essere davvero privi di pregiudizi nei nostri confronti sonno solo il 12 per cento. Il 43 per cento dicono di non sapere o non pensare nulla sul tema (è una percentuale sospetta, secondo me: almeno in parte potrebbe essere frutto di dissimulazione). Quelli che hanno pregiudizi sono il 45%, divisi in “antisemiti veri” (12%), portatori di pregiudizi “classici” (10%), “moderni” (11%) o “contingenti (12%). Per la spiegazione di questa categorie rimandiamo all’articolo. Questi dati crescono clamorosamente alle ali estreme dello schieramento politico: all’estrema sinistra gli “antisemiti veri” sono il 23,6%, all’estrema destra il 18,6 %, e abbondanti sono anche gli altri pregiudizi. E’ urgente una riflessione sul tema, ma è chiaro che la giornata della memoria può almeno servire a sottoporre a queste persone le possibili conseguenze dei loro pregiudizi. Che l’estrema sinistra si confermi dominata da un sistema di pregiudizi contingenti che sfocia nell’antisemitismo, si vede dalla proposta di boicottaggio dei prodotti israeliani (dopo la tregua), lanciata da Lucia Lombardi su Rinascita.
Le iniziative della giornata sono già cominciate: ieri e l’altro ieri sono partiti i treni degli studenti in visita ad Auschwitz (Nazione Firenze) e puntualmente sono apparse a Milano scritte antisemite molto simili a quelle portate in corteo nelle manifestazioni pro-Hamas delle settimane scorse (Alberto Giannoni su Il Giornale). Maria Serena Palieri su L’Unità riferisce del volume di Alberto Pezzetto che riunisce cento testimonianze di deportati, Giovanna Bianconi sul Corriere racconta il caso di Alberto Sed, deportato bambino ad Auschwitz. Domani in tutte le città si terranno numerosi eventi, a partire dal ricordo al Quirinale alla presenza del presidente Napolitano.
Vi sono sulla stampa di oggi anche alcuni articoli che affrontano la memoria della Shoà dal punto di vista culturale. Interessante l’intervista su Repubblica di Susanna Nirenstein a Georges Bensussan, autore di “Genocidio – una passione europea” pubblicato da Marsilio, che ricostruisce le radici della Shoà nella storia europea fino al ‘600, prolungandole fino alla storia attuale dell’antisemitismo nel mondo islamico. Utile la rassegna dei libri recenti sul tema pubblicata da Fabio Isman sul Messaggero.
A proposito di antisemitismo, è stato bipartisan e con la presenza del sindaco il presidio alla sinagoga di Firenze minacciata da un ordigno (La Nazione)

Le prospettive in medio Oriente. Il Wall Street Journal pubblica un’ampia, ma non certo simpatetica intervista a Benjamin Nethanyahu, il leader del Likud, che sarà probabilmente il prossimo primo ministro israeliano, se i sondaggi attuali troveranno conferma nelle elezioni di febbraio. Da leggere dunque con molta attenzione, perché vi si delinea quello che potrebbe essere il programma e il sistema di relazioni del prossimo governo.
Dall’altro lato dello spettro di opinioni del mondo politico israeliano, è utile considerare criticamente l’editoriale di Akiva Eldar su Haaretz, che sollecita l’accettazione della proposta di pace saudita chiedendo ai candidati delle elezioni israeliane se preferiscono “formare un fronte unito coi 22 stati arabi contro l’Iran o coi coloni contro tutto il mondo”. Con modestia, mi sembra un’alternativa troppo semplicista.
Thomas Friedman sullo Herald Tribune (ma in origine sul New York Times) ritiene che estrema destra israeliana e estremisti palestinesi siano sostanzialmente alleati nel far fallire l’opzione dei due stati. Da leggere con attenzione, e anche con spirito molto critico la nota di Lucia Annunziata sulla Stampa, dove riconosce che Hamas è tutt’altra cosa da un “normale” movimento di resistenza nazionale e però sostiene che la politica israeliana di contenimento a quest’organizzazione è una “follia”. Ci piacerebbe sapere che cosa dovrebbe fare Israele secondo lei. Più interessanti le osservazioni sulla volatilità dell’opinione pubblica italiana su temi come l’immigrazione, l’antisemitismo e la Shoà.
I fatti: Giorgio sul Mattino parla delle trattative fra Egitto e Hamas. La Stampa riferisce dell’azione americana nel golfo di Aden per fermare il contrabbando di armi per Hamas, mentre Tzipi Livni minaccia nuove azioni se il contrabbando continuerà (Repubblica). Marco Zatterin sulla Stampa espone un piano italiano, che sarebbe stato proposto da Frattini alla Clinton.

Ugo Volli 

 
 
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Giorno della Memoria: delegazione lombarda a Birkenau            
Birkenau, 25 gen -
Una delegazione di studenti, lavoratori e pensionati, organizzata dai sindacati Cgil e Cisl della Lombardia, ha deposto una corona al campo di sterminio di Birkenau, davanti al monumento che ricorda l'Olocausto e che sorge al termine dei binari dove arrivavano i treni carichi di ebrei destinati alle camere a gas.
Nino Baseotto, segretario regionale della Cgil, ha sottolineato in questa occasione l'importanza della memoria:”un popolo che perde la memoria perde la sua identità. Questa è la testimonianza di una scelta e di un impegno per la libertà e la democrazia". "In questi luoghi dell'orrore - ha aggiunto - ci piace ricordare che sono anche i luoghi di una grande dignità che si è affermata contro la barbarie del fascismo e del nazismo". E' necessario, secondo Baseotto, un impegno politico nel tener vivo il ricordo del martirio del popolo ebraico e non si deve dimenticare che qui sono stati eliminati anche zingari, militari, i diversi, i disabili e chi si opponeva al
regime.

Casale e la mostra ducumentaria “Oltre quel muro”
Casale Monferrato 26 gen -
La Comunità ebraica di Casale Monferrato ricorda la Shoah con una mostra dal titolo “Oltre quel muro - La Resistenza nel campo di Bolzano 1944-45”. Mostra documentaria realizzata da Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi.
L'esposizione adibita nella sala mostre della Sinagoga tenta di ricostruire non solo la vita all'interno del lager di Bolzano ma anche una resistenza dal volto umano: fatta di lettere e pacchi contrabbandati dall’esterno all’interno del lager (un carteggio continuo tra gli internati e il  CLN che faceva recapitare le missive con una straordinaria efficienza), tentativi di evasione e mille sistemi per aggirare una sorveglianza strettissima.
Hanno contribuito alla realizzazione dell'evento l’Assessore alla Cultura di Casale Monferrato Riccardo Calvo, che ha ricordato lo stretto legame tra la città e la sua Comunità ebraica e la professoressa Massera del Elisabetta Massera presidente dell’Associazione Canavesana per i Valori Della Resistenza che ha contribuito a portare la mostra a Casale.  
 
 
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L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche.
Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili.
Gli utenti che fossero interessati a partecipare alla sperimentazione offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
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