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L'Unione informa |
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29 gennaio 2009 - 4 Shevat 5769 |
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alef/tav |
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 |
Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma |
Ma
da noi esiste la "scomunica"? La punizione di cui si parla tanto in
questi giorni è probabilmente derivata dall'ebraismo rabbinico, che
conosce il niddùi e il cherem, come sanzioni di progressiva esclusione
dalla vita sociale e religiosa comminate dal tribunale rabbinico per
determinate trasgressioni. L'istituto rabbinico ha avuto in passato
ampie applicazioni perché era l'unico potere disciplinare interno
possibile, nel momento in cui lo Stato avocava a sé ogni potere penale.
Ma perché una sanzione abbia effetto ci deve essere una comunità che la
condivida e la faccia applicare. Questo spiega perché niddùi e cherem
benché previsti dalla legge rabbinica siano stati molto raramente
comminati nel mondo occidentale di questi ultimi due secoli. C'è poi il
problema della abrogazione della sanzione, per cui vale di solito il
principio per cui "un tribunale non può annullare le decisioni di un
altro tribunale a meno che non ne sia più grande in sapienza e nel
numero di membri". |
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Nel
bombardamento tedesco di Coventry il 14 novembre 1940 morirono almeno
568 (o forse 1.000) persone. Il bombardamento britannico di Dresda il
13-15 febbraio 1945 causò almeno 24.000 (o forse 40.000) morti.
Nessuno, allora o dopo, parlò di proporzionalità, ma molti elogiarono
Churchill per il suo contributo all’esito della Seconda guerra
mondiale. Il Partito Nazionale Fascista in Italia e il partito
Nazionalsocialista in Germania – due formazioni totalitarie e non
democratiche – giunsero al potere attraverso procedure elettive e
ottennero l’appoggio della grande maggioranza della popolazione. Nel
dopoguerra europeo, nessuno propose che la ricostruzione avrebbe dovuto
inderogabilmente avvenire con la partecipazione delle forze politiche
nazifasciste. In Palestina, Hamas – un partito che proclama l’uccisione
di tutti gli ebrei e la verità dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion
– ottenne la maggioranza relativa dei voti nelle elezioni parlamentari
del gennaio 2006. Oggi il discorso di molti analisti europei su Gaza e
Israele è fissato sulla non-proporzionalità della reazione e sul
coinvolgimento obbligato di Hamas nel futuro processo politico. Nel
Giorno della Memoria ci si può chiedere che cosa sia stato capito, che
cosa sia cambiato e che cosa sia stato dimenticato nelle percezioni e
nelle identità politiche dell’Europa. |
Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme |
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Chiudere il rubinetto ai signori del petrolio Israele apre la strada alla svolta energetica
"Barack
Obama si è recato in Ohio per passare una giornata dentro una fabbrica
che produce bulloni destinati a impianti di energia eolica. Sono
vecchie strutture industriali rigenerate per contribuire a emancipare
l'America dal greggio importato da Paesi instabili del Medio Oriente o
dal Venezuela. E' questa la strada su cui si incammina il nuovo
presidente". Maurizio Molinari in un suo recente aleftav ha lanciato
un'intuizione chiave. Nei giorni seguenti abbiamo visto con chiarezza
come le nuove politiche energetiche aprano la speranza di rovesciare lo
scenario geopolitico e in particolare quello del Medio Oriente.
Lavorare tutti per smantellare i regimi autoritari che si sostengono
con il petrolio è una priorità. L'articolo che segue racconta la
vicenda di un giovane israeliano che promette di segnare una svolta
storica. Forse un giorno lo strapotere del petrolio sarà solo un
cattivo ricordo.
Herzliya
è un elegante sobborgo a Nord di Tel Aviv, con le sue spiagge sul
Mediterraneo, la sua marina piena di barche, i centri commerciali e i
cinema. Nel parcheggio di uno di questi, Cinema City, il futuro è già
arrivato. Ha la forma di una serie di colonnine grigio-azzurre base
triangolare e design minimalista attrezzate con due prese sicure per
ricaricare le auto elettriche che tra poco saranno in circolazione nel
Paese. Shai Agassi, il profeta delle reti di distribuzione per
l’auto elettrica nel mondo, ha scelto Israele, dov’è nato, come Paese
pilota per il suo progetto Better Piace. Non per motivi affettivi, ma
logistici: si tratta di un territorio più piccolo della Lombardia, ma
occupato per metà dal deserto del Negev e circondato da vicini ostili,
quasi come un’isola. La popolazione è molto concentrata nel corpo
centrale del Paese, largo appena 15 chilometri nella fascia più
stretta, perciò è raro percorrere in macchina pi di 70 chilometri alla
volta, il raggio d’azione ideale per una batteria con autonomia
ridotta, che per ora non supera i 150 chilometri. Poi sarà la volta
della Danimarca, un territorio grande il doppio d’Israele, ma pur
sempre delimitato tutto intorno dal mare. Sia in Israele che in
Danimarca, per motivi diversi, i governi puntano a emanciparsi in tempi
brevi dalla schiavitù del petrolio e hanno risposto molto bene al
progetto, defiscalizzando completamente le auto elettriche. «Entro
la fine dell’anno, avremo installato un migliaio di punti di ricarica
come questo», spiega Tal Agassi, fratello minore di Shai e responsabile
dell’infrastruttura di rete per Better Place. Nell’area della grande
Tel Aviv ce ne saranno centinaia: i primi nel parcheggio dell’albergo
Basel (sul lungomare del centro), sotto l’Europa House (in pieno
quartiere degli affari) e nel piazzale davanti al campus Ibm, snodo
chiave del Silicon Wadi. «Abbiamo cercato di distribuirli su diverse
tipologie di insediamento, dalle case private ai parcheggi degli
uffici, dagli spazi pubblici agli autosilo, per gettare le basi di un
approccio schematizzato per ciascuna tipologia, sia sul piano tecnico
che delle normative di sicurezza o dei contratti di allacciamento alla
rete elettrica. In questo modo abbiamo stabilito una procedura standard
che ora stiamo replicando rapidamente in tutto il Paese», da Haifa a
Gerusalemme, da Kfar Saba a Holon. «L’esperienza sul campo è importante
per allineare tutti i passaggi in uno schema generale che ci faciliterà
l’approccio con gli altri Paesi». In Israele il progetto procede
speditamente: gli accordi con le municipalità sono firmati,
l’infrastruttura di base in via di realizzazione, le colonnine in
deposito. Renault Nissan ha già fornito alcuni prototipi di auto
elettriche, con batterie agli ioni di litio: Renault Mégane e Nissan
Rogue. Il primo obiettivo è di avere una cinquantina di macchine
in circolazione in Israele e una cinquantina in Danimarca entro la fine
di quest’anno. Nel 2010 centomila punti di ricarica in funzione, le
stazioni di ricambio delle batterie, la versione definitiva del
software gestionale del sistema e il primo gruppo di clienti paganti.
Nel 2011 il debutto sul mass market. Il bello dell’impresa è che la
tecnologia esiste già. Non c’è niente di nuovo da inventare, ma solo
due problemi fondamentali da risolvere: l’autonomia limitata e l’alto
costo delle batterie attuali. L’intuizione di Agassi sta tutta nel
modello di business, che elimina le batterie dai costi attribuiti al
cliente, lasciandone la proprietà nelle mani del gestore del sistema,
come nella telefonia cellulare, dove il cliente non compra pi l’oggetto
ma l’esperienza di comunicazione mobile, sotto forma di minuti di
conversazione. Better Place farà pagare ai suoi clienti i
chilometri invece dei minuti, offrendo diversi piani tariffari in base
alle esigenze dei singoli automobilisti. Chi avrà uno schema di
spostamenti regolari potrà lasciare l’auto sotto carica nel parcheggio
dell’ufficio o sotto casa. Per chi avrà bisogno invece di viaggiare
oltre il limite fatidico delle 150 miglia, ci saranno le stazioni di
ricambio, dove un sistema robotizzato estrarrà la batteria scarica e la
sostituirà con un’altra carica. I problemi pratici da superare,
evidentemente, sono infiniti. Primo fra tutti, l’approccio psicologico
al nuovo sistema, che comporta una certa programmazione e incrina il
mito dell’auto come strumento di libertà assoluta. Ma Better Piace
sembra inarrestabile. In pochi mesi ha raccolto 200 milioni di
finanziamento e miete consensi in tutto il mondo. Dopo Israele e
Danimarca, le tappe saranno San Francisco e la Bay Area (dove ha sede
l’azienda), le Hawaii, l’Australia e la provincia canadese dell’Ontario. In
Giappone è appena partita l’alleanza con Subaru e il governo ha
chiamato Agassi a realizzare un primo network. L’entusiasmo del
quarantenne imprenditore è contagioso: tipico geek israeliano, entrato
giovanissimo al Technion di Haifa, è approdato 34 anni ai vertici di
Sap, colosso tedesco del software gestionale, per poi licenziarsi nel
2007 e dedicarsi alla sua seconda vita, il business verde. Il suo
mantra è: «Non abbiamo aspettato di avere i migliori chip per mettere
sul mercato i pc, nè di avere una tecnologia perfetta per lanciare la
rivoluzione dei telefonini, dunque perché attendere le batterie
ottimali per diffondere l’auto elettrica su vasta scala?».
Elena Comelli – 29 gennaio 2009 , Sole 24 Ore - Nova
(Nell'immagine
in alto, Moshe Kaplinski, amministratore delegato di Better Place
Israele ed ex vice capo di stato maggiore delle Forze di difesa di
Israele (Tsahal), prova il pieno di elettricità a una stazione di
servizio. Nei video, Shai Agassi racconta la sua rivoluzione
energetica).
Memoria 10 – “Il libro della Shoah italiana” Lo sguardo dei perseguitati e il loro sentire
L’avventura
umana che sta alla base del “Libro della Shoah italiana” di Marcello
Pezzetti (Einaudi editore), è iniziata nel 1995 al Centro di
Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano dove Marcello Pezzetti
ha lavorato fino a pochi mesi fa prima di diventare a tutti gli effetti
direttore del Museo della Shoah di Roma, e del quale in futuro a Milano
avremo grande nostalgia. Lui e io ci mettemmo a riflettere sul
fatto che, dopo la conclusione della mia ricerca sfociata ne Il libro
della Memoria, che conteneva la ricostruzione dell’elenco di tutte le
vittime ebree arrestate in Italia e la ricostruzione storica degli
avvenimenti, un grande passo di conoscenza era stato fatto, ma che
mancava ancora qualcosa. Mancava di prendere in conto lo sguardo dei
perseguitati e il loro sentire. Così, con un apposito
finanziamento della Presidenza del Consiglio, avviammo un progetto di
interviste per sentire, vedere, toccare se necessario, i testimoni
diretti di questa storia e farci tramite della loro narrazione per la
nostra generazione e per le generazioni future. Partimmo con la
prima intervista il 15 giugno del 1995 e andammo avanti forsennatamente
per i due anni seguenti andando su e giù per l’Italia e approdando
anche varie volte in Israele. Nel 1997, al CDEC avevamo ormai
raccolto centinaia di ore di “girato” e potemmo fare una prima sintesi
di questo lavoro, costruendo, con l’aiuto del bravo regista Ruggero
Gabbai, il film “Memoria”, film di eccezionale forza spirituale, che
vinse numerosi premi internazionali. Ma sapevamo, Marcello e io, che in
un film non potevamo riportare tutte le parole dette dai perseguitati,
né tutte le parole dette tra noi. In un film devi concentrare i
concetti, far parlare uno per tutti, accennare, suggerire. Devi
scolpire, togliere e tagliare per arrivare al nocciolo del discorso,
per arrivare ai fatidici 90 minuti; altrimenti, è troppo lungo, la
gente si annoia, non ti segue più. E ogni minuto di girato
tagliato era per noi una pena, era come se ci togliessero un
pezzo di mano. Il montaggio di un film ha per gli autori un che di
crudele che un libro non ha. Dopo l’uscita del film, Marcello non si è
dato per vinto si è messo a trascrivere tutti i testi delle interviste
con l’intento di far diventare parole scritte le parole dette. Un procedimento strano. Di solito si trae un film da un libro, qui è successo il contrario. Marcello,
dal 1997 ha avuto il grande merito ma anche la fortuna di stare in
compagnia delle parole dei sopravvissuti. Ha potuto, con calma,
tagliare e cucire i loro concetti, ha potuto interrogare a fondo i loro
sentimenti, ricomporli in una polifonia di grande armonia. E ne è
uscito questo eccezionale libro. Questo libro è come un affresco,
tipico del romanzo di formazione: accompagniamo i nostri 105
protagonisti nelle varie fasi della loro vita; dall’inizio della
minorazione dei loro diritti da parte dello stato fascista fino al loro
arresto e deportazione. Assistiamo alla loro sofferenza, alle loro
grida di dolore, al loro sopravvivere alle peggiori umiliazioni e
torture, infine, alla loro resurrezione e al loro sguardo
sull’avvenire. E noi, leggendo il libro, abbiamo il batticuore con
loro, vogliamo assolutamente che si salvino, che guariscano, che
ritornino alla vita. Questo libro ce li rende amici, fratelli, padri e
madri. Apri il libro e ti trovi davanti a una moltitudine di
uomini e di donne: ognuno con il suo carattere, con la sua educazione,
con il suo status sociale. Li accompagni nell’arresto, nella discesa
agli inferi, nella sofferenza; fai un vero viaggio nell’umanità “allo
stato puro”. Leggendo questo lavoro ti si acutizzano certi sensi, ti si
incancreniscono altri. Ognuno dei protagonisti è ridotto a pura
“sopravvivenza”, capisci il senso della vita, dei valori fondamentali.
Che cosa è una madre (i passi dedicati alle madri sono bellissimi e
strazianti). Capisci che cosa è un fratello, un amico. Capisci che cosa
è crudeltà, indifferenza, solidarietà, generosità. Tutto ti sta
davanti, e non in modo ideale, ma in modo estremamente concreto e
materiale. Ed è sconvolgente. Questo libro è anche, nell’abisso delle
situazioni estreme che ci descrive, a suo modo, un libro consolatorio
perché da esso emerge la bellezza interiore degli intervistati. Alla
fine della vicenda non esce quasi mai una parola di odio. C’è rabbia,
si, ma la rabbia è diversa dall’odio. L’odio significa morte, la
rabbia, alla fine è energia e può diventare energia vitale, cioè una
forza capace di guardare al futuro e alla speranza. I passi
delle interviste, solo apparentemente sono parte di un concerto
polifonico spontaneo, in realtà, sono rigidamente ordinate in modo che
la storia della shoah italiana emerga chiaramente. Solo appoggiandosi a una ferrea ricerca storica e scientifica è possibile fare un lavoro del genere. Marcello
è il più profondo conoscitore al mondo dei meccanismi di Auschwitz,
senza la sua conoscenza, senza la sua ricerca, senza la scienza
storica, non sarebbe potuta uscire un’opera del genere e noi ne saremmo
stati privi. Come sempre, dovunque io vada, voglio spezzare una
lancia in favore dello studio e della ricerca scientifica. Noi non
abbiamo il diritto di pensare al nostro passato attrezzati solo di
memoria, dobbiamo sempre coniugare la narrazione della memoria allo
studio e alla scrittura della
storia. Solo cosi
saremo capaci di conoscenza e di coscienza e sapremo costruire una
politica della speranza in Italia, in Europa e al di là del
Mediterraneo.
Liliana Picciotto Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - Milano |
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pilpul |
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Pellegrinaggio
Le
celle della risiera di San Sabba sono tombe della misura di esseri
minuscoli, che non esistono. Le pietre gravano sulla testa, di modo che
i vivi si sentano già morti. Lì, stavano i nostri padri.
Il Tizio della Sera |
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rassegna stampa |
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La
diplomazia si muove: alla vigilia dell’annunciato discorso del Papa,
ieri, il rabbinato d’Israele (secondo il Jerusalem Post) ha minacciato
di rompere indefinitamente le relazione con il Vaticano. Poi proprio le
parole di Benedetto XVI hanno disteso un po’ la tensione. «Un grande
passo avanti» sottolinea il direttore generale del Gran rabbinato di
Gerusalemme Oded Wiener. Ampio spazio alla vicenda su Repubblica, Corriere, Sole, Stampa e Foglio.
«Auspico
che la memoria della Shoah - ha detto il Papa - induca l’umanità a
riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il
cuore dell’uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro
la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo
essere umano è violenza contro tutti». Tutto risolto? Quasi. Più di un
giornale in questi giorni ha parlato del «pasticcio» combinato dal
Vaticano (ieri Italia Oggi, oggi Europa). Anche il tempismo, la concomitanza con il Giorno della Memoria, nota il Foglio, non ha aiutato. Rileva una «sottovalutazione del contesto» anche Massimo Franco, che dedica alla vicenda la sua Nota sul Corriere della Sera.
Il rabbino David Rosen dice a Elena Polidori, su Repubblica,
che «la solidarietà agli ebrei è un fatto importante, buono e utile, ma
lascia delle ambiguità». «Vanno bene le parole del Papa, ma dovevano
arrivare prima», dice rav Giuseppe Laras a Paolo Rodari, sul Riformista.
«Mi auguro che proseguendo su questa strada si possa riprendere uno
scambio positivo e costruttivo», commenta invece il presidente Ucei
Renzo Gattegna (Corriere della Sera).
Soddisfatto anche l’ambasciatore di Israele oltre Tevere: «Le questioni
teologiche - dice Mordechai Lewy ad Anna Momigliano ancora sul Riformista - non sono affare nostro, anzi, le relazioni con il Vaticano stanno migliorando». «Il Papa - si legge in un’editoriale sul Foglio
- sa che Israele deve vivere (...). L’ebraismo con Israele ha vinto. Ma
la Shoah ha dimostrato l’impossibilità di vivere senza forza (...). La
chiesa non può che accettare questa grande eredità trasmessa da
Auschwitz». «Fa male riconoscere - scrive Gad Lerner su Repubblica - che il vescovo Williamson non è un marziano, ma il prodotto degenere di una corrente di pensiero più vasta». «Resta sul tappeto - sintetizza Carlo Marroni sul Sole
- una richiesta molto chiara da parte degli ebrei: serve che il vescovo
lefevbriano ritratti le sue dichiarazioni o altrimenti che la chiesa lo
metta di nuovo alla porta».
A Gaza, ieri, altre bombe dal
cielo sui tunnel dopo l’attacco dei miliziani palestinesi a una jeep
israeliana. Ehud Olmert ha ricevuto l’inviato americano Mitchell, che
si pone il primo obiettivo di rafforzare la tregua.
Beniamino Pagliaro |
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notizieflash |
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Fassino
e il dialogo con Hamas : “Cosa dirgli?”
Roma, 29 gen - Piero
Fassino, ministro ombra degli Esteri, in un'intervista rilasciata a
Youdem tv: “Occorre parlare con Hamas per far diventare questo
movimento un soggetto negoziale – e ha spiegato - “Una cosa è parlare
con Hamas e un'altra è negoziare". "E' chiaro - ha detto l'esponente
del Pd - che parlo con Hamas e gli dico che se vuole essere un soggetto
negoziale deve rimuovere l'ostacolo del non riconoscimento del diritto
di Israele a esistere. Non parlo del riconoscimento diplomatico,
ovviamente, che avverrà alla fine del percorso". "In quella regione -
ha proseguito Fassino - ci sono due popoli che non esprimono un torto e
una ragione, bensì due ragioni, e quindi due diritti ad esistere. Il
presupposto del dialogo è il reciproco riconoscimento a questa
esistenza. Il problema quindi non è parlare o non parlare con Hamas, ma
cosa dirgli". Fassino ha quindi criticato il dibattito che avviene in
Italia sulla necessità o meno di dialogare con Hamas definendolo
“dibattito strumentale ai fini della politica interna”
MO: Olmert disposto a sgombero di 60 mila coloni Tel Aviv, 29 gen - Il
quotidiano Yediot Ahronot ha riferito che il premier israeliano,
Ehud Olmert, ha prefigurato lo sgombero di 60 mila coloni, circa un
quinto di quelli che oggi vivono in Cisgiordania. Secondo il giornale,
Olmert ieri ha illustrato in dettaglio a George Mitchell, l'inviato del
presidente Usa, Barack Obama, le proposte di pace da lui avanzate al
presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas). Fra queste proposte
figura un ritiro quasi totale dalla Cisgiordania. Olmert ha proposto
l'annessione a Israele di alcune zone di insediamento ebraico in cambio
di terreni di eguale estensione da consegnare all'Anp, e del
collegamento fra Gaza e Cisgiordania mediante superstrade o tunnel.
Sempre secondo Yediot Ahronot Olmert ha suggerito che i Luoghi Santi
siano posti sotto supervisione internazionale e che i rioni arabi di
Gerusalemme est siano sotto sovranità palestinese. La notizia, riferita
oggi con grande evidenza dal quotidiano 'Yediot Ahronot', non ha per
ora conferma.
Israele, ultimo sondaggio delle elezioni politiche Tel Aviv, 29 gen - Netta
vittoria dei nazionalisti del Likud. Questo il risultato del sondaggio
di opinione pubblicato oggi dalla radio statale israeliana per le
elezioni politiche del 10 febbraio. Di seguito i risultati
completi del sondaggio: Likud in testa con 29 su 120 seggi disponibili,
Kadima appena 20 seggi e al terzo posto figurano alla pari i laburisti
di Ehud Barak e il partito radicale di destra Israel Beitenu di Avigdor
Lieberman, con 16 seggi ciascuno. Gli ortodossi sefarditi di Shas
ricevono invece 11 seggi. Complessivamente il “blocco” dei partiti di destra e confessionali riceverebbe 69 seggi su 120. |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
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offrendo un proprio contributo, possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it per concordare le modalità di intervento.
Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste,
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