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L'Unione informa
 
     1 febbraio 2009 -  7 Shevat 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
alef/tav    
  Benedetto Carucci Viterbi Benedetto Carucci Viterbi, 
rabbino 
Nella parashà letta ieri compare il primo precetto dato a tutta la collettività di Israele: l'obbligo di proclamare il capo mese, che coincide con il
novilunio. Mese è, in ebraico, chodesh, dalla stessa radice di chadash, nuovo. Un' indicazione preziosa per l'ebraismo: essere alla ricerca - all'interno della tradizione - della novitá interpretativa e del rinnovamento. 
In questi giorni la questione del negazionismo è tornata a occupare la scena. Vorrei sottolineare che nel negazionismo non c’è solo la negazione di un evento storico provato ma ritorna al centro la filosofia dei “Protocolli dei savi anziani di Sion”. Il negazionismo, infatti, contesta non solo le prove, ma le testimonianze di chi sostiene l’esistenza nelle forme e nei modi dello sterminio. Anzi il vero obiettivo del rifiuto delle prove è la convinzione che i sopravvissuti non abbiano diritto di parola. Quel diritto non viene riconosciuto dai negazionisti perché la natura dei testimoni – e non la loro esperienza, li renderebbe incredibili. Ovvero essi non sono credibili e non devono essere creduti perché la loro identità ebraica li qualifica come pericolosi sovvertitori dell’ordine che si intende instaurare. In breve quei testimoni non sono non credibili perché raccontano il falso, ma perché ebrei che per essenza, altri direbbero per loro natura – raccontano il falso e il loro obiettivo comunque è la conquista fraudolenta del potere.  David Bidussa, storico sociale delle idee

David Bidussa  
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  "Noar 09", i giovani a confronto sul futuro dell'ebraismo italiano

Un progetto per il futuro dell’ebraismo italiano attraverso il coinvolgimento in prima persona delle nuove generazioni. Questo l’ambizioso obiettivo di
“Noar 09”, il primo raduno delle realtà giovanili ebraiche, a Milano, in cui si affrontano tematiche centrali per lo sviluppo e la crescita dell’ebraismo che spaziano dalle necessità di socializzazione alle vie per costruire un’identità ebraica sempre più consapevole.
“Questi Stati Generali dei giovani si svolgono nell’imminenza di Tu Bishvat, il Capodanno degli alberi, in cui la natura si risveglia ed offre paesaggi meravigliosi – dice Claudia De Benedetti, vicepresidente e assessore Ucei ai giovani - Nella tradizione ebraica quando nasce un bambino si usa piantare un albero. A tempo debito, i rami di quello stesso albero serviranno per costruire la chuppà, il baldacchino nuziale”. “In queste ore – continua - lavoreremo, con lo stesso impegno di chi pianta gli alberi, su iniziative concrete che vorremo veder fiorire presto e continuare a rinascere secondo il ritmo delle stagioni, cercando di coltivare e preservare le nostre comunità così come si fa con la natura”. E a sottolineare il parallelismo, ecco il gentile dono a tutti i partecipanti, insieme al fascicolo di lavoro, di un bulbo di giacinto.
Le ipotesi di lavoro all’ordine del giorno sono molte e complesse. “L'ebraismo italiano – spiega rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Ucei - è oggi chiamato a raccogliere una grande sfida: quella di intaccare tutte le sue risorse economiche e tutte le sue energie per le nuove generazioni. Bisogna convincersi che investire sui giovani è molto più importante, di qualunque Museo o grande Festival di cultura ebraica e di qualsiasi altra attività di rappresentanza. E' su questo terreno che si può vincere la scommessa di una comunità rinnovata e rivitalizzata”.
“Pensare a un progetto per il futuro – prosegue rav Della Rocca - significa mettersi in discussione, sforzandoci di armonizzare tutte le nostre diversità e aspettative, rischiando magari di mettere in forse anche la nostra caratteristica unitaria. Ma è un rischio che va affrontato se vogliamo veramente offrire un'identità positiva che non sia solo quella di essere i pronipoti dei reduci della Shoà e di chi ha visto nascere lo Stato di Israele”. “Va dunque proposto ai giovani – conclude - un impegno serio e propositivo, di studio e di attività, che permetta una crescita autonoma della propria identità ebraica, preparandoli nello stesso tempo al confronto con la società e la cultura circostante. Solo così non diventeranno la sbiadita fotocopia dei loro genitori dei
quali fra l'altro non hanno potuto condividere l’esperienza storica”.
Per uscire da una logica di mera sopravvivenza e andare verso lo sviluppo si tratta dunque, secondo rav Roberto Della Rocca, di dare risposta ad alcune fondamentali esigenze tra cui la crescita di possibilità di socializzazione in campo ebraico per fasce d’età diverse; la costruzione di occasioni d’approfondimento e di costruzione di un'identità ebraica consapevole; la sprovincializzazione dell’ebraismo italiano attraverso frequenti occasioni d’incontro nella dimensione italiana ed internazionale e la realizzazione di eventi artistici, di approfondimento e di svago. E per misurare l’effettivo gradimento dei giovani ecco l’idea di un vero e proprio sondaggio d’opinione che ne analizzi a fondo aspettative e reazioni.  
 
 
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  "Illegittima la strumentalizzazione degli islamisti"
 

"La strumentalizzazione degli islamisti è priva di legittimità".
“Strumentalizzare l'Islam per operare lavaggi del cervello e traviare le persone costituisce una minaccia non soltanto per l'Occidente, ma anche per l'Oriente, per la comunità internazionale e per tutti i credenti. Gli islamisti inducono il popolo a credere che essi agiscano nell'interesse della comunità islamica, ma in realtà le loro azioni sono prive di ogni legittimità, perché si fondano su argomenti che non hanno alcun fondamento spirituale. Noi vogliamo tutelare la giustizia pacifica e spirituale dell'Islam. Deformare i principi sacri della religione e legittimare la violenza non è giusto”.

Imam Yahya Pallavicini

vicepresidente del Coreis (Comunità religiosa islamica italiana)-dibattiti di Doha(Qatar)
 
 
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A farla da padrona oggi sui quotidiani è ancora la questione dei vescovi lefebvriani. “L'ora X per riportare l'intera galassia lefebvriana in seno allaChiesa doveva essere domani, festa della Purificazione di Maria – scrive Giacomo Galeazzi sulla Stampa
La controversia sui rapporti con l'ebraismo ha rallentato la corsa contro il tempo nei Sacri Palazzi, ma, nonostante «le resistenze interne e gli attacchi esterni», Oltretevere la strategia è quella di procedere a tappe forzate verso la piena comunione. Mentre si estendono dal Parlamento tedesco al Gran rabbinato di Francia le critiche per la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani (fra i quali il negazionista Richard Willlamson), in Vaticano si lavora febbrilmente alla «piena regolarizzazione della Fraternità San Pio X»”. “Devono accettare i nostri nuovi rapporti con gli ebrei - spiega Norbert Hoffmann, segretario della Pontificia commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo -. Gli incontri, le conversazioni e le trattative servono proprio a far chiarezza”.
Rimangono però fortissime perplessità sulla decisione della Santa sede e sulle successive scuse del vescovo Williamson. La decisione del Papa, scrive Paola
Bonatelli sul Manifesto “sta provocando un terremoto religioso e politico. Tanto che Yitzhak Cohen, ministro di Israele per le Questioni religiose, in un'intervista al settimanale tedesco Der Spiegel ha addirittura dichiarato che sarebbe il caso di «interrompere completamente i rapporti con un'istituzione di cui fanno parte
negazionisti dell'Olocausto e antisemiti»”. Il Rabbinato di Israele, ricorda Bonatelli, ha annullato l'incontro previsto a marzo con la Commissione della Santa Sede per i rapporti con l'ebraismo (…) Durissime anche le parole del nuovo Grande rabbino di Francia, Giffles Bernheim, che proprio oggi si insedia con una cerimonia nella grande sinagoga di Parigi: «Come poteva il Papa ignorare il negazionismo di Williamson?»”. (…) Dal canto loro le Comunità ebraiche di mezza Europa si sono scatenate. Da quella francese, che, con il Crif (Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche di Francia), ha preso posizione immediatamente, all'indomani della revoca delle scomuniche, definendo Williamson «uno spregevole bugiardo», a quella tedesca, con il vicepresidente Salomon Kom che giudica il Papa «imperdonabile» per «aver reso presentabile un negazionista dell'Olocausto»”.
Sulle ragioni della decisione della Santa Sede s’interroga Lorenzo Mondo sulla Stampa "Richard Williamson, quello che contesta l'esistenza delle camere a gas e le dimensioni del genocidio, ha chiesto scusa al Papa per le sue «imprudenti» dichiarazioni che gli hanno causato dolore e imbarazzo. Senza fare cenno, tuttavia, alla sostanza del problema, senza recedere dalle sue posizioni e fare atto di riparazione nei confronti dei milioni di persone offese, e non del solo Benedetto XVI. Come se fosse un malinteso da risolvere in famiglia. (…) Ci si chiede, con desolazione, quale latte abbiano succhiato in seminario certi preti e prelati – prosegue Mondo - specie quando ci si trova davanti a prove di inaudita rozzezza e patente imbecillità: come quella manifestata dal prete trevigiano, persuaso che il gas letale di Auschwitz si risolvesse in una pratica di disinfezione”. E conclude “valeva la pena, con i problemi che urgono nell'orizzonte del cristianesimo, preoccuparsi fuor di misura per un movimento che conta appena, secondo attendibili stime, un 150 mila adepti? Dove sono finite la saggezza e la prudenza riconosciute abitualmente ai vertici della Chiesa?
Dove la sottigliezza della sua diplomazia?”.
Di tutt’altro avviso Renato Farina che su Libero esorta il mondo ebraico e gli intellettuali a “rinunciare a tenere perennemente sotto schiaffo Papa Ratzinger”. “Non si può addossare a Benedetto XVI l'errore e persino l'orrore imputabile a uno del suo popolo, fosse pure un vescovo – scrive Farina - Non l'ha scelto lui. Gli è capitato. Se lo tiene. Non è lui il padrone della sua testa. Che cosa deve fare? Bi-scomunicarlo perché ha detto bestialità? Riaprire l'Inquisizione? Sarebbe come se gli italiani chiedessero al presidente della Romania di negare la cittadinanza romena agli stupratori”.
Passando ad altri argomenti si segnalano sul Corriere della sera un articolo di Paolo Brogi a proposito delle nuove analisi per dare un nome alla tomba 329 del sacrario delle Fosse ardeatine e sul Tempo e l’editoriale di Haaretz che oggi affronta la difficile questione del dopo Gaza.

Daniela Gross

 
 
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Israele: "Nessuna rottura con il Vaticano"                                       Gerusalemme, 1 feb
"L'ipotetica questione di una rottura delle relazioni con il Vaticano non è affatto all'ordine del giorno". Ad affermarlo, in riferimento alle dichiarazioni del ministro per gli Affari religiosi Yitzhak Cohen, è il portavoce del ministero israeliano degli Esteri Igal Palmor. In relazione alla vicenda dei vescovi lefebvriani Cohen aveva sostenuto che Israele dovrebbe “rompere completamente con una Corporazione (il Vaticano, ndr) nella quale sono presenti membri negazionisti dell’Olocausto e antisemiti".
"Il ministro – precisa Palmor - ha diritto di esprimersi su qualsiasi argomento. Ma nello Stato di Israele le relazioni diplomatiche sono prerogativa del ministero degli Esteri, e non del ministero degli Affari religiosi". E, stando al portavoce, il ministro degli Esteri israeliano non intende pronunciarsi poiché la questione esula dal campo delle relazioni fra Stati. Palmor ha infine confermato che "i preparativi della visita in Israele di Papa Benedetto XVI proseguono in buon ordine". "Il Papa - ha assicurato - sarà accolto qua con gioia".

Venezuela: Israele accusa le autorità per l'attacco alla Sinagoga di Caracas
Tel Aviv, 1 feb
Sono “le autorità venezuelane al più alto livello" ad aver fomentato il clima che venerdì è sfociato in un raid antisemita contro l’antica sinagoga di Caracas, vandalizzata da un gruppo di persone al grido di "non vi vogliamo, assassini" e "fuori gli ebrei". La denuncia proviene da Israele, attraverso un portavoce governativo citato dai media on line. “Noi protestiamo contro questa manifestazione di antisemitismo e sottolineiamo che è responsabilità delle
autorità del Venezuela garantire l'ordine e la sicurezza”. Israele sa, prosegue, che l'insieme del "popolo venezuelano non è razzista", ma ritiene che l'azione sia stata una provocazione organizzata che non poteva verificarsi "senza lo sguardo benevolo delle autorità al più alto livello".
L’accusa chiama in causa il presidente Hugo Chavez che nei giorni scorsi aveva decretato l’espulsione dell'incaricato d'affari israeliano a Caracas per protesta contro la guerra condotta da Israele nella Striscia di Gaza.
Secondo i rappresentanti della comunità ebraica del Venezuela in passato mai si erano verificati episodi come quello di venerdì e non si tratterebbe di fenomeni spontanei. “I toni di Chavez - afferma Abraham Levy, presidente della Confederazione delle associazioni israelite del Venezuela - minacciano di permeare la società di forme d'isteria anti-ebraica”.

Olmert: "Reagiremo ai lanci di razzi da Gaza"
Tel Aviv, 1 feb
Israele intende "reagire" agli ultimi lanci di razzi subiti dalle milizie palestinesi della Striscia di Gaza, in violazione del cessate il fuoco seguito alla guerra delle scorse settimane, e farlo eventualmente anche in modo "non proporzionale". Lo ha dichiarato oggi il primo ministro Ehud Olmert. Nessuna precisazione su tempi e modi. Ma la reazione, ha detto, avverrà "nel luogo e nel momento che Israele riterrà più opportuni".
Avvertimenti di questo tenore si sono ripetuti spesso negli ultimi giorni, alla ripresa delle tensioni sul confine con la Striscia di Gaza, da parte dello stesso premier e di altri esponenti del governo. Un’ulteriore conferma al fatto che Israele non intende “lasciare senza risposta alcun attacco di Hamas" è arrivata la settimana scorsa da una riunione del gabinetto di sicurezza di Gerusalemme.

 
 
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